Il mese scorso, per la prima volta, io e il mio compagno abbiamo organizzato le festività a casa nostra e gestito colazioni, pranzi e cene per un folto gruppo di familiari.
È stato bello, affollato, canterino, divertente. Ma anche incredibilmente stancante.
C’è stato un momento in cui mi sono vista da fuori e mi sono detta “ma chi sei diventata? E perché ti comporti come se le sorti del mondo dipendessero da te?”.
Spossata tra la grande spesa da organizzare, il menu della Vigilia da confermare, l’ennesima lavastoviglie da svuotare; pronta ad alzarmi per preparare il quinto caffè, trovare l’ingrediente scomparso nei meandri della dispensa, istruire il nipote sull’uso della lavatrice: a un certo punto avrei voluto sparire e risvegliarmi il 9 gennaio 🤯 (hello, 9 gennaio!).
Devo fare tutto io?
Non sono mai stata una persona interessata alle “cose di casa”.
Mi piace ospitare le persone care, aprire il divano letto per le amiche, mettere a disposizione la tavola per cene e bevute in compagnia — quelle dove ogni ospite porta qualcosa e si finisce a fare il karaoke con Spotify.
Ho sempre vissuto la casa come luogo di relax, da tenere in ordine con metodo ma senza fretta né eccessiva preoccupazione.
Eppure durante le feste, mentre la casa era un continuo vociare di persone e lingue diverse (spagnolo, inglese, italiano, cinese, tedesco), mi sono ritrovata ad annegare nel pensiero del dover fare tutto io. Nonostante il mio compagno fosse ugualmente indaffarato e parte della famiglia ospite stesse a suo modo collaborando.
Senza che nessuno mi avesse chiesto di impugnare lo scettro di “padrona di casa”, quello che ha iniziato lentamente ad affondarmi è stato il caro e vecchio carico mentale potenziato dalle richieste di più persone:
– Zia, dov’è il sale?
– Dove trovo una padella grande?
– Mi ripeti qual è il programma giusto per la lavatrice?
– Ho fame, cosa mangiamo a cena?
– Posso andare io a fare la spesa, ma cosa devo comprare?
Non tanto un carico fisico, quindi, ma la consapevolezza — comunicata implicitamente e senza malafede — di essere il centro di gravità attorno al quale gira il funzionamento della casa.
Perché, pur condividendo in modo equilibrato le faccende domestiche, io sono quella che sa sempre cosa c’è in frigo, quand’è l’ultima volta che abbiamo cambiato le lenzuola e quale tipo di rifiuti portare giù secondo il calendario della raccolta differenziata porta a porta.
Sono informazioni che non mi servono nell’immediato, ma per qualche motivo stanno già lì, in un angolo del mio cervello, pronte all’uso. Non mi servono eppure generano una continua attivazione mentale consuma-energie.
E funziona allo stesso modo per tantissime altre donne. Si tratta di un fenomeno antico ma nominato per la prima volta trentanove anni fa: era il 1984 quando la sociologa francese Monique Haicault parlò di carico mentale domestico nel suo saggio La gestione ordinaria della vita a due.
Bastava chiedere!
Nel 2017 scoprii il blog dell’illustratrice femminista Emma Clit e la sua raccolta di vignette Fallait demander. Immagini semplici e parole che raccontavano esperienze comuni a donne di ogni latitudine: il carico mentale domestico, la manipolazione emotiva, il lavoro emozionale, i tabù su come vivere la sessualità.
Quando, qualche tempo dopo, le vignette sono diventate un libro (edito in italiano da Laterza nel 2020 con il titolo Bastava chiedere), ho iniziato a regalarlo e a parlarne più esplicitamente con le amiche.
Le nostre storie si assomigliavano, ma le amiche coinvolte in relazioni eterosessuali che erano anche madri avevano più aneddoti da aggiungere al catalogo.
Scrive Michela Murgia nell’introduzione all’edizione italiana di Bastava chiedere:
Intorno a me, ma anche in ogni nucleo familiare che frequentavamo, l’intera organizzazione della vita familiare era in carico alle donne e questa pesante forma di managerialità imposta l’ho sentita definire molte volte con orgoglio “matriarcato”, spacciato per di più come prodotto tipico con la scusa che eravamo in Sardegna, un luogo considerato “altro dal mondo” anche nella testa di molti sardi e sarde.
«Il maschilismo qui è un’apparenza. Sono le donne a comandare davvero in Sardegna», ripetevano le donne che conoscevo, mentre i maschi annuivano sornioni come se fosse vero. «Se la donna si ferma non funziona più niente. La vera padrona è lei.»
[…]
Ci sono voluti anni di femminismo letto, condiviso e agito per capire che quello che avevo sempre sentito chiamare benevolmente matriarcato era in realtà semplice matricentrismo e non descriveva per nulla il comando occulto delle donne, ma la responsabilità palese che esse erano costrette ad assumere per reggere un sistema di potere che era e rimaneva profondamente patriarcale.[…]
La questione dello squilibrio di carico mentale è ancora un fronte poco battuto del dibattito mainstream sul dislivello di genere ed è anche uno dei più rischiosi, perché tocca direttamente la struttura dei rapporti personali. Tutti sono d’accordo sul fatto che la differenza salariale tra i sessi sia inaccettabile in un paese civile dove uomini e donne dovrebbero avere gli stessi diritti, ma pochissimi sono disposti ad ammettere che, anche a parità di salario, quello tra i sessi rimarrebbe un dislivello, perché allo stato attuale della consapevolezza sociale tutte le migliori energie degli uomini sono dedicate al loro lavoro e alle loro passioni, mentre quelle delle donne devono continuamente defluire verso l’organizzazione dell’accudimento degli affetti.Se gli uomini nella vita vengono sospinti verso un “perché”, alle donne si insegna ancora ad agire motivate da un “per chi”, senza il quale viene loro detto che le loro vite saranno incomplete, che i loro cuori si inaridiranno, che vivranno egoiste e moriranno sole senza mai sperimentare la pienezza della femminilità.
Proprio questo Natale, anche il Ministero de Igualdad spagnolo ha parlato di carico mentale domestico. Il video della campagna, intitolata Navidades Corresponsables, racconta la storia di Charo, figura simbolo di tutte le donne sulle cui spalle grava la buona riuscita delle feste natalizie in famiglia:
Altri suggerimenti di lettura
Parliamo tanto di gender gap, ma avevi mai pensato che tra le sue ramificazioni c’è anche l’orgasm gap? Gli uomini eterosessuali hanno molti più orgasmi durante il sesso in coppia rispetto alle donne eterosessuali: una disparità che si potrebbe colmare con più conoscenza da entrambe le parti dell’anatomia femminile.
Se hai un sito WordPress, scrivi in inglese e usi il plugin Yoast SEO, dai un’occhiata alla nuova funzionalità (ancora in fase beta) sui linguaggi inclusivi. Sarebbe bellissimo provarla anche in italiano!
Sesso è potere, il dossier 2022 a cura delle associazioni onData e info.nodes sulle disparità di genere nell’esercizio del potere in Italia. Lo spoiler che non stupisce? Le donne sono quasi del tutto assenti dal governo dell’economia, dell’informazione e dell’amministrazione locale.
Per approfondire il linguaggio di genere nella User Experience, un corso online
LinkedIn, Rover e Bumble sono tre delle app che ho usato di più l'anno scorso.
Bumble, in particolare, mi ha divertita molto e potrei parlarne in un prossimo numero di Ojalá. (A proposito, se hai esperienza con l’usabilità delle app di dating, scrivimi!).
Queste app mi sono servite per conoscere nuove persone e trovare supporto nella quotidianità con la nostra cagnona, ma anche per scrivere i casi studio di "Tecniche di UX Writing inclusivo", il corso online sullo UX Writing con prospettiva di genere che ho creato per Caipiroska Lab.
Per scrivere questo corso ho navigato su decine di app e siti web e preso tantissimi appunti sulle loro strategie di scrittura inclusiva relative al genere: le parole più frequenti, l'uso dei femminili professionali, le parafrasi creative, i neologismi.
Il corso contiene 15 lezioni con slide, tanti esempi pratici ed esercizi per imparare a scrivere copy e microcopy rispettosi delle identità di genere delle persone.
Ti consiglio di seguirlo se…
• ti occupi di scrittura e comunicazione, sul web ma non solo;
• lavori con le traduzioni o con la localizzazione software;
• lavori a contatto con le persone e senti di voler fare un altro passo verso una comunicazione più consapevole.
⏳ Fino a domani, 10 gennaio, il corso è in lancio a 42€ invece che a 59€.
Per questo lunedì ho finito, ci sentiamo tra due settimane!
Se vuoi lasciarmi un'opinione, una richiesta di contenuti futuri o di collaborazione, scrivimi senza problemi.
Ti basta rispondere a questa email.
Alice
Lessi il libro di Emma qualche anno fa e anch'io lo straconsigliai in giro (come pure quello uscito l'anno scorso, "Cambiamo il sistema, non il clima!").
Puntata molto interessante Alice: il dossier "Sesso è potere" è una fonte incredibile sulla disparità di genere nell'esercizio del potere.
Ho avuto paura a leggerti, non sapevo se fosse "rilàssati" o "rilsassàti".
A parte lo scherzo, interessante, grazie