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La Semana Santa è la prima occasione di esodo vacanziero per molte persone in Spagna: è iniziata ieri, Domenica delle Palme, e si conclude a Pasqua. Io ho deciso che inizierò a chiamarla Semana Sfranta, perché anno dopo anno noto un certo comune denominatore: questa settimana di passione è solita trovarmi spampanata e con pezzetti da raccogliere qua e là.
L’anno scorso, alla fine della Semana Santa consegnavo a Flacowski — dopo settimane di studio matto e disperatissimo (cit.) — la prima bozza dei miei capitoli per Scrivi e lascia vivere, il manuale di scrittura inclusiva e accessibile che ho scritto con Valentina di Michele e Andrea Fiacchi.
(A proposito, l’hai letto? L’hai trovato utile? Faccelo sapere con una recensione o cinque stelline su Amazon.)
Quest’anno immaginavo che avrei scritto il numero 45 di Ojalá con un animo più on the road e spensierato, e invece no: sfranta, dicevamo. Per cui facciamo così: la newsletter di oggi è più svelta del solito e si concentra soprattutto sui consigli di lettura e visione.
Me la immagino come una missiva per recuperare il fiato e offrirti qualche ispirazione per la settimana che inizia.
Il 23 marzo la scrittrice e filologa Clara Sánchez è stata nominata accademica della RAE, la Real Academia Española, secolare istituzione che elabora le regole linguistiche della lingua spagnola per garantire uno standard linguistico comune (attività che svolge in modo più prescrittivo della nostra Accademia della Crusca). Clara Sánchez è la nona donna a occupare uno dei quarantasei seggi della RAE e la tredicesima dal 1713, anno di fondazione dell’Accademia.
Il giornale El Diario ha intervistato la scrittrice e tra le altre cose le ha chiesto:
La RAE difende il plurale maschile come inclusivo, come stabilito dalla grammatica spagnola. Ci sono però voci favorevoli a cambiare questa regola e, di fatto, stiamo assistendo all'uso del plurale femminile. Come filologa, qual è la sua opinione su questo dibattito?
Come filologa credo che la lingua sia flessibile, non è un totem inamovibile. È un riflesso della società, delle sue preoccupazioni, del suo progresso, e può essere adattata e modificata. Non a tavolino, non per imposizione, come ho detto prima. È la società stessa che la modella attraverso la parola, la comunicazione. L'Accademia registra questi usi, ma non credo che possa imporre nulla se non è già presente nella società. Stiamo vedendo cambiamenti importanti nel modo in cui trattiamo i temi del genere e della presenza delle donne in ogni ambito. Secondo la grammatica spagnola, il maschile è l'elemento che include il femminile quando usato al plurale. Ma anche questa regola può essere studiata e modificata.
Per rimanere in tema letteratura, ricondivido un progetto di tre anni fa di The Pudding – testata digitale che spero tu conosca già perché pubblica meravigliosi saggi visivi e data viz spaziali: The physical traits that define men and women in literature, ovvero le parole con cui la letteratura ci ha abituato a parlare di corpi maschili e femminili con fiorir di stereotipi.
Yolanda Díaz, attuale vicepresidente del Governo spagnolo, ha lanciato ieri la sua candidatura alle prossime elezioni presidenziali. Ho ascoltato il suo discorso e ti riporto due passaggi che mi sono piaciuti:
Il verbo “ascoltare” trasforma tutto. Ascoltare un’altra persona, sapere come sta, chiederle cosa succede nella sua vita. Ascoltare sembra semplice, ma credo che quella attenzione e quel desiderio di capire debbano essere le basi ambiziose per definire l’orizzonte del Paese.
[…]
A casa mi hanno insegnato che non deve esserci bisogno di scegliere tra uguaglianza e libertà. Ho detto che mi sarei presa il mio tempo, che l'importante era costruire un progetto per il Paese, che avrei viaggiato per tutta la Spagna, e lo abbiamo fatto. Ho fatto esperienze di ogni tipo. […] Mi sono presa il mio tempo e so che a volte non mi avete capito, sono una donna che dubita molto, ma credo che dubitare sia importante per prendere decisioni importanti. Rivendico il dubbio.
Oxfam ha pubblicato una guida ai linguaggi inclusivi per chi lavora nel settore delle ONG:
In passato, sia Oxfam che molte altre persone del settore si sono rese colpevoli di narrazioni da "salvatori bianchi", usando parole che rafforzavano gli stereotipi sulle persone che sosteniamo con il nostro lavoro. Era sbagliato e stiamo imparando dalle persone che fanno attivismo decoloniale a cambiare le cose. Scegliere consapevolmente il linguaggio può riformulare le questioni, riscrivere le storie ormai affievolite, sfidare le idee problematiche e costruire un futuro migliore, basato su un'uguaglianza incentrata sulle persone sopravvissute e su una visione intersezionale, antirazzista e femminista.
Con l'ultimo numero della sua newsletter
, Elena Refraschini, esperta insegnante di inglese americano, mi ha ricordato tutte le volte in cui ho messo in pratica il verbo pay it forward. Leggi il suo racconto e dimmi se non ti ispira a fare altrettanto:
“Pay it forward” è l’opposto di “pay it back”: quando qualcuno fa una buona azione nei tuoi confronti, non devi restituire il favore. Devi invece a tua volta fare qualcosa di buono per qualcun altro, in una ideale catena di “buone azioni sospese” che non viene mai interrotta.
Il 21 marzo, Giornata Internazionale contro la Discriminazione Razziale, la scrittrice spagnola Desirée Bela-Lobedde ha fatto alcune domande al pubblico della sua newsletter. Te le rigiro, perché credo faccia bene farsele ogni tanto:
Cosa hai fatto o cosa farai per sensibilizzare sull'importanza della lotta al razzismo?
Al di là del 21 marzo, cosa stai facendo nella tua vita quotidiana a favore dell'antirazzismo? Se pensi di non star facendo nulla, puoi scriverlo su un foglio e pensare al motivo per cui non lo stai facendo e a come potresti iniziare ad agire.
Pensa agli spazi che frequentate: sono spazi diversificati dal punto di vista razziale ed etnico? Sono spazi segregati? (Se frequenti solo persone bianche, sì, vivi in uno spazio segregato, amicə).
Se vivi in spazi segregati, cosa puoi fare per cambiare la situazione? Se non vuoi cambiarla, è bene riconoscerlo e ragionare sul perché non vuoi farlo.
Chiudo i consigli con la campagna Ahora que ya nos veis, hablemos (“Ora che ci vedete, parliamone”) lanciata dal Ministerio de Igualdad spagnolo lo scorso 8 marzo. È una campagna sull’importanza dell'educazione sessuale completa (definita anche con l’acronimo inglese CSE, da Comprehensive Sexual Education) e approfondisce non solo gli aspetti fisici e riproduttivi della sessualità, ma anche quelli cognitivi, emotivi e sociali:
Tre cartelli della campagna che invitano a parlare di sesso durante le mestruazioni, di piacere dopo i 60 anni e di femminismo. Lo spot è opera dell'agenzia Ogilvy Madrid e ha come protagoniste persone di diversi generi ed età, con disabilità, con corpi non conformi, che parlano e vivono la sessualità nella loro quotidiana normalità. Il video della campagna è etichettato come non adatto alle persone minori d’età, per cui fai clic sul link all’inizio di questo consiglio per vederlo.
Spiega il comunicato stampa del Ministero:
[Questa è una campagna che] non si limita a parlare di sesso, ma tratta altri aspetti come l'accettazione del corpo, il rispetto dell'altrə, la cura e la corresponsabilità, il consenso, la diversità o l'evoluzione del rapporto con la propria sessualità nel corso della vita. È anche un'educazione sessuale che guarda alla parità, fondamentale per prevenire, identificare e agire contro la violenza machista.
[…]
Rappresenta sia l'evoluzione dell'educazione sessuale che la costruzione di un Paese in cui si possa parlare di tutto, senza paura.
Per questa settimana ho finito, ci sentiamo dopo il lunedì di Pasquetta, che è festivo anche qui in Catalogna.
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