#1 Occhi nuovi 💫
Ciao!
Sono Alice e ti do il benvenuto al primo numero di Ojalá, la newsletter che parla di scrittura e rappresentazione inclusive, begli esempi di accessibilità sul web e storie variopinte.
Io sono una copywriter e traduttrice tecnica con il pallino per il linguaggio inclusivo. Vivo a Barcellona dal 2012 e per questo la mia newsletter conterrà giocoforza anche qualche incursione di vita catalana e tanta, tanta salsa brava.
Pensavo da tempo di lanciare una newsletter in cui parlare delle tante sfaccettature di scrittura e linguaggio inclusivi.
In teoria doveva essere un progetto da lanciare l'estate scorsa, insieme al mio sito web; ma poi ecco, non sto qui a spiegarti il potere delle procrastinazione, delle avversità e delle pandemie, soprattutto quando si prendono a braccetto.
Comunque ci siamo: Ojalá parte oggi e io non vedo l'ora di premere invio!
Prima però, ti lascio una piccola lista per darti un'idea di cosa troverai nelle mie newsletter:
Un linguaggio senza declinazioni di genere, a parte il femminile che uso per parlare di me; quando la costruzione della frase proprio non me lo permetterà , allora vedrai spuntare uno schwa (desinenza -ə per il singolare, -3 per il plurale).
Spunti, risorse, domande aperte sul linguaggio e sulla comunicazione inclusiva a tutto tondo.
Tanti contenuti da leggere. E qui metto già le mani avanti: molti saranno in inglese, perché...il materiale in italiano è sempre più numeroso, ma abbiamo ancora tanto da scrivere.
Casi studio di brand inclusivi, sia italiani che stranieri (senza alcuna affiliazione).
Un mini glossario della comunicazione inclusiva: una o due parole per volta, spiegate e contestualizzate con link o interviste.
Un po' di fatti miei e di sfide linguistiche da emigrata in Catalogna.
Tutto questo arriverà nella tua casella email ogni due lunedì. 😊
Ok, ¡vamos!
Rompiamo subito il ghiaccio.
Ho iniziato a parlare pubblicamente di linguaggio inclusivo quando un collega tedesco mi coinvolse in una tavola rotonda internazionale per parlare di inclusività nelle traduzioni dei prodotti WordPress.
Era il 2016.
A quel tempo, avevo iniziato da un anno a lavorare per una start-up tecnologica e a partecipare come volontaria alle traduzioni in italiano di WordPress, il CMS (il sistema di gestione di contenuti) su cui gira il 40% dei siti web di tutto il mondo.
Se oggi mi sono decisa a partire con Ojalá è anche grazie a quello che la community WordPress, e le squadre internazionali in cui ho lavorato, mi hanno insegnato in tutti questi anni.
Ma non è stato mica facile, eh.
All'inizio sono dovuta passare per mesi e mesi di studio disperatissimo; mi nutrivo di gergo tecnico, editor di codice e analisi del back-end di siti web che mi facevano tremare le mani.
La domanda che mi assillava era "ma davvero io, donna votata allo studio delle lingue straniere e alla scrittura, mi sono imbarcata in un percorso lavorativo nei meandri di siti web e linguaggio PHP?".
La risposta era sì, Alice, e ora ci provi fino in fondo!
Nonostante la tentazione di fuggire e di non farmi trovare mai più, con il tempo ho capito che la mia presenza in quella squadra di persone esperte di IT e sviluppo WordPress aveva un senso.
Perché io ero quella con gli occhi nuovi.
Quella che doveva imparare tutto da zero, quella che sapeva solo tradurre la documentazione e rispondere alle domande di clienti in quattro lingue diverse.
Ma ero anche quella che, proprio per questa condizione di tech-principiante, si accorgeva prima dei nodi, dei discorsi che non tornavano o delle difficoltà nell'uso del prodotto che vendevamo.
(Lo raccontavo a voce, emozionatissima, qui.)
Ecco, mi piace pensare che Ojalá possa diventare una newsletter per esplorare i temi dell'inclusività con occhi nuovi.
La immagino come uno strumento di condivisione da parte mia, che lavoro ogni giorno con le parole e il linguaggio inclusivo, ma anche da parte tua.
Vorrei che questo fosse un dialogo che facciamo crescere insieme, uno spazio libero dal giudizio in cui c'è terreno per il dubbio e per la complessità .
L'inclusività è un percorso spesso impervio, perché non abbiamo ricevuto un'educazione sufficiente per interiorizzarne ogni sua sfumatura (e i risultati purtroppo si vedono, non credi?).
Ojalá per me rappresenta un tassello in più in questo mio percorso.
Spero lo sarà un po' anche per te.
Mini glossario della comunicazione inclusiva: Â
Questa rubrica nasce grazie ad alcune conversazioni avute nei miei canali social, dove sempre più persone parlano di inclusività , antirazzismo, sessismo, e in generale di convivenza delle differenze.
E meno male!Â
Ma c'è un piccolo problema (e qui faccio una chiamata a chi come me si occupa anche di divulgare su questi temi): come possiamo parlare di linguaggio inclusivo e inclusività , se poi infarciamo le nostre frasi di parole inglesi o talmente di nicchia da non essere comprensibili a chiunque?
In questa rubrica di Ojalá cercherò di spiegare, settimana dopo settimana, alcune delle parole che leggiamo più spesso quando si parla di genere, diritti LGBTQIA+, discriminazioni razziste, verso le persone disabili, o legate all'età e ad altri fattori sociali. Aggiungerò anche link o esempi concreti che ci aiuteranno a capirne l'uso o il contesto in cui appaiono più spesso. A seconda del tema, passerò il microfono la tastiera a persone che ne sanno più di me.
Con questa presentazione, praticamente ho già introdotto la parola di questa settimana:
Gatekeeping
(Come si pronuncia?)
In inglese, gatekeeper significa custode, portierÉ™, mentre gatekeeping suonerebbe come "controllare i cancelli".
È un termine usato soprattutto nel mondo dei media per descrivere il modo in cui le notizie giornalistiche vengono filtrate da coloro che hanno il potere di farlo.
L'idea del gatekeeping risale al 1943 e al pensiero dello psicologo sociale Kurt Lewin. La sua teoria si diffonde presto dall'ambito della psicologia a quello della comunicazione, e diventa uno dei pilastri degli studi sulla comunicazione di massa.
Oggi si parla di gatekeeping anche quando una persona (o un gruppo di persone) si arroga il potere di dare o negare l'accesso a una comunità o a un'identità .
Chi fa gatekeeping occupa una posizione di rilievo o di potere in un determinato ambito e ne filtra le informazioni.
Questo fenomeno si può ritrovare anche in gruppi più piccoli e non necessariamente "potenti" in senso lato; penso per esempio a community social, a forum o associazioni, dove le persone si radunano per discutere di interessi comuni.
In questi contesti, si usa spesso un gergo specifico o una terminologia con molti prestiti dall'inglese: questo comporta che le persone che si avvicinano al tema per la prima volta, possano sentirsi confuse, escluse o addirittura rifiutate.
Insomma, un po' come mi sono sentita io quando ho iniziato a lavorare nel tech. 😅
Come si evita il gatekeeping quando si parla di temi che riguardano i diritti delle persone?
Spiegando. Condividendo le proprie fonti. Portando pazienza.
Un buon esempio di comunicazione inclusiva:
Platanomelón è un'azienda spagnola (di Barcellona!) che vende articoli erotici pop, moderni e inclusivi. In realtà fa anche molto di più: un incredibile lavoro di educazione sessuale accessibile a chiunque.
Perché mi piace:
Visto l'argomento, sarebbe molto facile cadere nella classica comunicazione binaria in cui i sex toys sono rivolti a lui/lei/la coppia. Platanomelón scavalca questa visione tradizionale della sessualità e parla a chiunque.
Il menu del sito web e la classificazione dei prodotti, per esempio, non fanno nessun riferimento a un target di genere:
Platanomelón non vuole sapere chi sei, chi ti piace o qual è la tua situazione sentimentale.
I prodotti sono a tua disposizione, colorati e ben spiegati: sta a te scegliere quello che va bene per i tuoi gusti (o per quelli della persona a cui li vuoi regalare).
Il linguaggio:
La comunicazione di Platanomelón è quasi neutra rispetto al genere. I loro testi, sia nella web che sui social, sono chiari, divertenti e non hanno quasi mai bisogno di una declinazione di genere.
Quando questo non è possibile, la loro scelta ricade sulla X, una delle soluzioni usate dalle persone ispanoparlanti per scrivere in spagnolo inclusivo.
Un esempio dal loro profilo Instagram:
"Esa sonrisa tonta...Es de listxs" significa "Quel sorriso sciocco...è di chi la sa lunga" (si parla del sorrisino di soddisfazione dopo un piacevole incontro sessuale).
L'aggettivo "listo/a" significa intelligente, furba, sveglio.
Qui la X evita di declinare la parola al femminile (listas) o al maschile (listos).
Oh, potevo scegliere un brand migliore per il primo appuntamento di una newsletter che si augura di condividere il linguaggio inclusivo con occhi nuovi?! 😅
Il primo numero di Ojalá si chiude qui; se tutto va bene, ci risentiamo tra due lunedì.
(Ah, cercherò di essere più breve, questa settimana volevo introdurre tutto per benino!)
Intanto, rispondi pure a questa email se vuoi lasciarmi un'opinione, una richiesta di contenuti futuri (magari una parola per il mini glossario di comunicazione inclusiva?), o un saluto.
Ciao!
Alice