Cinque.
Le volte in cui ho riscritto il primo paragrafo della newsletter di oggi.
Indovina?
Non ho portato avanti nessuna delle cinque versioni.
Non perché non fossi contenta del risultato, ma perché ognuna di loro mi stava portando dentro a un tunnel del Bianconiglio in cui, in questo momento, non ho le energie per infilarmi.
Uno di questi testi accantonati, per esempio, era collegato alla parola del mini-glossario di oggi. So che, se avessi proseguito a scrivere, mi sarei affezionata troppo al testo, alle ricerche che ne sarebbero venute fuori e alle conclusioni che ne avrei tratto. Tante, tantissime energie che questa settimana non posso permettermi di usare.
Per lavoro devo spesso cesellare la mia scrittura per farla rientrare in una stringa di codice o in un pulsante di chiamata all'azione. Grazie a queste restrizioni, ho accettato il fatto che non sempre posso concedermi il lusso di dilungarmi quanto vorrei.
Il fatto è che affrontare certi temi può portarci più in là di dove avevamo pensato di arrivare; e non sempre abbiamo le energie per continuare a tenere alto il livello del discorso.
È un po' la ragione per cui, da un paio di mesi a questa parte, non riesco più a infilarmi in tunnel che, seppur mi divertissero molto, mi lasciavano allo stesso tempo esausta.
Penso alle storie parlate su Instagram, che mi hanno sempre dato tanta soddisfazione e aperto incredibili momenti di confronto con le persone.
Non so se sono anche io in preda a quel languire stagnante di cui si sente parlare tanto in questi giorni dopo l'articolo del New York Times su uno dei sentimenti imperanti in quest'epoca pandemica.
Di sicuro, il criceto nella mia testa gira a velocità vorticosa e vorrebbe arrivare lontano, ma poi lascia i paragrafi a metà.
Così ho deciso che questo numero di Ojalá verrà fuori così, più sintetico del solito, almeno in questa prima parte.
Per compensare, ti lascio alcuni link:
L'ultimo articolo che ho scritto sul mio blog: Come usare un linguaggio inclusivo e accessibile sui social. Sono cinque consigli più un bonus; fammi sapere cosa ne pensi, se ti va.
Un evento a cui partecipo dopodomani, mercoledì 28 aprile: La tavola rotonda sul linguaggio inclusivo organizzata da Women Techmakers Italia. Sono felicissima di condividere lo schermo con quattro professioniste che stimo tanto: Donata Columbro, Flavia Brevi, Giulia Tosato e Vera Gheno.
Un bell'articolo di Sara Wilcox che spiega la scelta di alcune parole "scomode" nel sito del Servizio Sanitario Nazionale Inglese (NHS): Pee and Poo and the language of health, ovvero come parlare di cacca e pipì in un sito web incentrato sulla salute delle persone.
A dimostrazione del fatto che, in certi contesti, un servizio pubblico può dirsi davvero inclusivo nel momento in cui riesce a farsi trovare, e capire, dalle persone che cercano risposte.
L'ultima raccolta fondi a cui ho partecipato, in memoria di una persona luminosa.
Mini glossario della comunicazione inclusiva:
Questa settimana il contributo del mini glossario della comunicazione inclusiva viene dalle creatrici di Flair.
Flair è un progetto che nasce a novembre 2020 dalla voglia di parlare di femminismo in maniera approfondita, ma allo stesso tempo accessibile, e di portare in Italia notizie che spesso non trovano spazio sulle testate tradizionali.
Dietro le quinte del progetto ci sono:
Roberta, 23 anni, giornalista, traduttrice e copywriter. Per Flair, si occupa della selezione dei temi, della stesura degli articoli e dell'organizzazione delle dirette settimanali;
Alice, 23 anni, studentessa, iscritta al Master in Studi e Politiche di Genere. Per Flair si occupa di editing e correzione bozze;
Michela, 25 anni, illustratrice, ceramista, small business owner. Per Flair si occupa della comunicazione visiva trasformando in illustrazioni articoli, contenuti e statistiche.
Microaggressioni
Roberta è molto intelligente "per essere una donna". Gliel'hanno detto tante volte: certe volte erano seri, altre no. A lei non ha mai fatto ridere più di tanto.
Michela gioca bene a Fifa "per essere una ragazza". Ci ha giocato una volta sola, probabilmente l'ultima. (Ha vinto, comunque).
Alice è "davvero troppo sensibile". Prende "tutto sul personale", è troppo "di parte". Discutere con lei non ha senso, meglio chiudere la conversazione in fretta, pensano.
Le parola tra le virgolette non sono semplici dialoghi: sono esempi di microaggressioni che ci è capitato di vivere e sentire con le nostre orecchie.
Il termine microaggressione è stato coniato dallo psichiatra statunitense Chester M. Pierce negli anni Settanta che ha osservato come parte della società agiva nei confronti delle persone afroamericane.
È un termine-ombrello che indica tutte le occasioni in cui un individuo si esprime (volutamente o inconsciamente) in maniera offensiva nei confronti di un altro che appartiene a una minoranza (incluse le donne).
Esistono vari tipi di microaggressioni:
~ i microassalti, attacchi che mirano a ferire una persona o un gruppo;
~ i microinsulti, frasi o epiteti che contengono dei messaggi denigratori o svalutanti, spesso ricchi di stereotipi o pregiudizi;
~ le microsvalutazioni, frasi o discorsi che appiattiscono, distorcono o negano completamente l'esperienza di chi appartiene a una minoranza.
Purtroppo, non esistono ancora grandi dataset sulla diffusione delle microaggressioni, dato che si tratta di un fenomeno che è stato "riconosciuto" di recente.
Una delle poche ricerche sul tema riguarda le microaggressioni in ambito lavorativo. Ecco qualche dato:
Fonte: LeanIn.Org and McKinsey & Company, Women in the Workplace 2018
Come reagire alle microaggressioni?
Ci sono diversi modi di reagire alle microaggressioni: c'è chi evita la discussione, chi risponde sul momento e chi preferisce far passare del tempo, magari confrontandosi in privato. In generale, il consiglio è di non svalutare le nostre emozioni ma risalire alle ragioni per cui ci sentiamo in un certo modo e farlo notare al nostro interlocutore, spiegando perché il suo atteggiamento sia stato inopportuno.
Per approfondire:
Cosa sono le microaggressioni, Il Post.
Unmasking racial microaggressions, American Psychological Association.
When and how to respond to microaggessions, Harvard Business Review.
A proposito di microaggressioni, ti segnalo anche questa diretta Instagram andata in onda la settimana scorsa nel profilo di una collega molto brava, Alessandra Arpi: lei e Sambu Buffa, consulente di marketing inclusivo, hanno parlato di linguaggio e rappresentazione.
Le microaggressioni c'entrano, eccome.
Un buon esempio di comunicazione inclusiva:
Se mi conosci almeno un po', questa rivelazione non ti suonerà nuova: sono molto felice di essermi trasferita a Barcellona (e dintorni, va beh, da qualche mese sono una provinciale).
Emigrare da questo lato del Mediterraneo è stata una delle scelte più azzeccate della mia vita.
Una delle ragioni è che, quando apro il sito web del Comune di Barcellona, mi sento proprio rappresentata.
In che modo, ti starai chiedendo?
Prima di tutto perché la politica cittadina rispecchia i miei valori. Barcellona è una città femminista per definizione. E che definizione!
Ho tradotto l'incipit della pagina che ti ho appena linkato:
“Siamo una città femminista che applica una prospettiva di genere a tutte le politiche comunali e che affronta collettivamente la violenza di genere.
Siamo una città che prende in considerazione e combatte le difficoltà quotidiane delle donne per quanto riguarda l'assistenza, la precarietà del lavoro e le discriminazioni, l'insicurezza in casa e in strada.
Siamo una città femminista che protegge e rivendica la diversità sessuale e di genere, che ha creato uno spazio pionieristico per il collettivo LGBTI e che si batte contro la LGBTIfobia*.
Siamo una città che si fonda sul femminismo, che si reinventa ogni giorno per diventare uno spazio libero e sicuro per chiunque.”
[* NdT: qui ho lasciato la parola spagnola LGBTIfobia, la trovo molto potente; in Italiano potremmo usare la parola omobilesbotransfobia.]
In realtà, sono innumerevoli le perle del sito del Comune di Barcellona.
Per me è un ottimo caso studio di comunicazione umana, che evita il più possibile il burocratese per avvicinarsi alla gente.
Guarda per esempio questa sezione del sito dedicata alle politiche sui diritti sociali, giustizia globale, femminismo e diritti LGBTI:
O quest'altra sezione che ospita un glossario dei termini inerenti alle politiche di tutela della diversità sessuale e di genere:
Altre due sezioni in cui mi piace molto curiosare sono queste:
l'area dedicata allo spazio pubblico e all'implementazione delle Superillas;
la sezione della cultura popolare, grazie alla quale ho imparato tantissime curiosità sulla città che mi hanno permesso di sentirmi quasi da subito una del posto.
Prova a farti un giro nelle varie pagine del sito, esplora le sezioni che più ti interessano e, se ti va, fammi sapere quali ti sono piaciute di più.
Per questo lunedì ho finito. Se tutto va bene ci risentiamo tra due settimane.
Intanto, rispondi pure a questa email se vuoi lasciarmi un'opinione, una richiesta di contenuti futuri (magari una parola per il mini glossario di comunicazione inclusiva?), o un saluto.
Ciao!
Alice