Hai mai provato a farti leggere lo schermo? 🖥
#10
Ciao!
Sono Alice Orrù e questa è Ojalá, la newsletter che parla di scrittura e rappresentazione inclusive, begli esempi di accessibilità sul web e storie variopinte.
Io sono una copywriter e traduttrice tecnica con il pallino per il linguaggio inclusivo. Vivo a Barcellona dal 2012 e per questo la mia newsletter contiene giocoforza anche qualche incursione di vita catalana e tanta, tanta salsa brava.
 Leggi i numeri precedenti ⎢ Iscriviti
La settimana scorsa ho tenuto il mio ultimo webinar della stagione.
Non lo avevo preventivato, ma in questo primo semestre del 2021 la formazione sulla scrittura inclusiva si è fatta molto spazio tra i miei impegni professionali.
C'è tanto interesse: sempre più persone e aziende sono curiose di iniziare a usare il linguaggio inclusivo, segno che l'argomento stuzzica non solo dibattiti accesi ma anche – e soprattutto – desiderio di comunicare in modo più rispettoso.
È un bel segnale di speranza, non credi?
Quando tengo una formazione sul linguaggio inclusivo per il web non parlo mai solo di parole e scrittura. Non avrebbe senso, perché mancherebbe una buona parte di contesto: l'accessibilità dei contenuti.
La scrittura inclusiva per il web, infatti, non può essere scissa dalle considerazioni sull'accessibilità e sull'usabilità dei contenuti.
Posso scrivere il testo più inclusivo dal punto di vista linguistico, ma se poi non lo pubblico in una pagina web accessibile, parte del mio obiettivo di inclusione andrà perduto.
Vale lo stesso anche per i social.
Anzi, se spesso l'accessibilità di una pagina web non dipende da noi che scriviamo (sarebbe in primo luogo compito di chi disegna e sviluppa i siti web), coi social abbiamo molto più controllo.
Quasi tutti i social, infatti, integrano già diverse possibilità per rendere i contenuti accessibili, basta conoscerle (e in questo articolo del mio blog ne descrivo diverse).
Ecco perché nelle mie presentazioni dedico sempre qualche capitolo a quello che comunichiamo con le immagini, con le emoji o con altri strumenti tecnologici, come le (famigerate) app per inserire i caratteri speciali.
Mi sono accorta che questo argomento genera sempre molte domande e sorprese da parte del pubblico.
So che è difficile tenere conto di tutto, soprattutto quando non ci si è mai posti il problema di come le persone con determinate difficoltà fruiscono dei contenuti sul web. È una cosa naturale: è complicato essere coscienti dei problemi di accessibilità se non ne abbiamo mai fatto esperienza in prima persona.
Fuori dal web magari ti è già capitata un'esperienza simile.
Io, per esempio, solo quattro anni fa mi sono resa conto di quante cose diventano complicatissime con una mano fuori uso. Una consapevolezza che è arrivata in modo drastico, dopo un incidente domestico che mi ha rotto tutti i tendini del dito mignolo sinistro e mi ha costretta a un'operazione da cui la mia mano non si è mai ripresa al 100%.
Per avere un'esperienza diretta delle difficoltà di fronte a un contenuto non accessibile, non è necessario rompersi nulla, per fortuna.
È molto più semplice, e tra un po' te lo dimostro.
Prima, però: sapevi che su qualsiasi browser web, e pure sul tuo cellulare, puoi attivare un lettore di schermo, cioè la tecnologia che usano le persone cieche e ipovedenti?
Io su Firefox uso un'estensione che si chiama Read Aloud, lettore vocale da testo a voce. La puoi usare anche su Chrome.
Se usi un Mac, invece, non devi installare nulla: basta andare su Preferenze di Sistema > Accessibilità > Voce > Riproduzione vocale del testo selezionato quando viene premuto il tasto.
Scegli una combinazione di tasti che trovi comoda (io ho scelto Cmd + H). Quando selezioni un testo nel browser o in un documento, e poi fai clic sulla combinazione scelta, il Mac ti legge tutto ad alta voce.
Le impostazioni di Accessibilità del Mac dove puoi scegliere la riproduzione vocale di un testo selezionato.
Ecco: con questi pochi passi puoi già iniziare a fare esperienza di come funziona un lettore di schermo. Così è molto più facile capire se le scelte che stiamo facendo quando pubblichiamo un contenuto sono accessibili alle persone con difficoltà visive.
Un esempio pratico da Instagram.
Sul Play Store di Google o su App Store esistono decine di app per cambiare i font standard di Instagram, e magari anche a te è capitato di scaricarne una.
Sono andata a cercare un account qualsiasi di una persona che usa un'app per inserire i font speciali nella sua bio di Instagram:
Poi ho selezionato il testo della bio, fatto clic su Cmd + H e lasciato al riproduttore vocale del Mac l'onere di leggere questa bio.
Ascolta il risultato qui.
Cosa è successo?
Te lo riassumo nel caso in cui non possa ascoltare l'audio.
Il lettore vocale legge la bio in questo modo:
"Ibisco, ibisco, libro, gruppo sanguigno b, gruppo sanguigno 0, gruppo sanguigno 0, gruppo sanguigno A, gruppo sanguigno A, libro, cuore con stelle, R R, cuore con stelle, enlaces, freccia rivolta verso il basso, freccia rivolta verso il basso, a mis redes sociales."
Uh là là , del significato originale della bio non è rimasto praticamente nulla. 😱
Perché?
Perché i font speciali sono caratteri Unicode e non caratteri di testo.
I lettori di schermo non li interpretano come testo, quindi o li saltano (come nel caso della parola Flor dell'esempio), o li codificano in altro modo.
A seconda dell'app di font e della tecnologia di riproduzione vocale che usi, quei caratteri potrebbero essere interpretati anche come simboli matematici: trovi un esempio molto chiaro in questo tweet del 2019 di Kent C. Dodds.
Come avrai notato, il lettore di schermo nel mio esempio enuncia anche il nome di molte delle emoji (i fiori, i libri, i cuori e le frecce): questa è la ragione per cui, quando scriviamo contenuti sul web, dovremmo andarci piano anche con le emoji.
Una delle persone che ha assistito a uno dei miei webinar mi ha chiesto: ma quindi dobbiamo eliminare tutto ciò che non sia testo standard?
Io le ho risposto nì.
Le emoji sono ormai un elemento popolarissimo del nostro modo di comunicare sul web, ed eliminarle completamente sarebbe complicato. Non sempre sono il male, se le maneggiamo con cautela: per esempio, sarebbe meglio non usarle per sostituire una parola né farne un uso spropositato nei nostri testi.
Molte raccomandazioni utili sull'uso accessibile delle emoji si trovano nel sito di Content Design London (e presto ne scriverò anche sul mio blog: è uno di quei titoli che ho nelle bozze da mesi...ehm).
Insieme ai sottotitoli per video e storie su Instagram, l'abolizione dei font speciali sui social è una di quelle cose di cui continuerò a parlare a lungo.
(Ah, e lo schwa? Perché lo so che poi la domanda seguente spesso è quella. 😬
Nel mio blog trovi un intero paragrafo dedicato all'accessibilità dello schwa: dal punto di vista tecnico si stanno studiando soluzioni per facilitarne la lettura assistita. In sintesi: come visto per le emoji, meno se ne abusa meglio è).
Letture, visioni, miraggi:
Come interagiscono sui social le persone neuroatipiche?
Qualche giorno fa ho ascoltato su Instagram le storie di Sara Silvera Darnich, educatrice di sostegno, disprassica e appassionata di videogiochi e mostri. Partendo da un approfondimento sui sottotitoli nelle storie parlate, Sara dà dei consigli utilissimi su come rendere i contenuti audio e video più rispettosi e accessibili per chiunque.
ÂLuglio è il mese dell'orgoglio disabile.
Lo sapevi? Il Disability Pride Month nasce nel 1990 a New York: in quell'anno si celebrò la prima parata del Pride delle persone con disabilità .
In Italia, il Disability Pride muove i primi passi nel 2015 in provincia di Ragusa grazie a Carmelo Comisi. Tutti gli eventi italiani organizzati in questi anni sono descritti nel sito di Disability Pride Italia.Â
Sofia Righetti, attivista e filosofa, spiega in questo post cosa significa per lei il Disability Pride Month.
Ann Magill, invece, è la persona che ha disegnato la bandiera ufficiale del Disability Pride:
Le università sono accessibili?
Qualche giorno fa ho letto questo post di Elena Paolini che parla della sua esperienza di persona disabile all'università . Merita una lettura, è un bel bagno di realtà .
ÂIl mio computer o il tuo computer?
Le piattaforme digitali che usiamo ogni giorno puntano al nostro coinvolgimento, alla creazione di uno spazio tutto nostro. Usano i pronomi mio o tuo per ricreare un'intimità in cui esistiamo, almeno per qualche micro-momento, solo noi e i nostri dispositivi digitali. Hai mai pensato a chi deve scegliere quelle piccole paroline di vicinanza e agli sforzi di prospettiva che deve fare?
ÂTra le newsletter che leggo con piacere, c'è quella di Mis(S)conosciute, un progetto nato come podcast per "liberare dalle parentesi le storie di scrittrici lette – ma non troppo – degli ultimi 60 anni".
Le autrici sono Giulia Morelli, Maria Lucia Schito e Silvia Scognamiglio. L'episodio della newsletter Mis(S)conosciute di luglio mi ha fatto scoprire la storia e il pensiero di Jamaica Kincaid, scrittrice statunitense e originaria di Antigua; ma ci trovi anche un pezzo della scrittrice nostrana Giulia Lombezzi che raccomanda "L'educazione" di Tara Westover.
Una meraviglia, iscrizione consigliata se anche tu ami la letteratura.
Un'azienda che punta da sempre sull'accessibilità :
Qualche mese fa ho intervistato una persona cieca per una collaborazione che dovrebbe venire pubblicata prossimamente. Nella nostra conversazione, il nome del marchio Apple è venuto fuori quasi subito, e non per scopi di marketing ma per una validissima ragione.
"L'iPhone è uno dei dispositivi di assistenza più potenti di sempre", mi ha detto.
La Apple è un'azienda tech che ha da sempre fatto dell'accessibilità uno dei suoi punti di forza: il team accessibilità di Apple è nato nel 1985 e in più di trent'anni ha lavorato per integrare nei suoi prodotti tantissime funzionalità accessibili.
Dal Voice Over per la lettura dei comandi sullo schermo dei dispositivi Apple a tutte le funzioni che si trovano nella sezione Accessibilità delle Preferenze di Sistema di qualsiasi Mac.
Tra i rovesci della medaglia c'è che i prodotti Apple non sono accessibili proprio a chiunque, in termini economici.
A prescindere da quello che possiamo pensare di Apple come azienda, ti consiglio di guardare questo video: in meno di due minuti comunica l'incredibile impatto di una tecnologia accessibile per facilitare la vita delle persone, renderle autonome e libere di raggiungere determinati obiettivi.
Un video di Apple sulle tecnologie accessibili integrate nei loro prodotti
Se invece ti incuriosisce sapere in che modo una persona cieca usa lo smartphone, ecco un altro video molto interessante pubblicato da Kirsty Viers l'estate scorsa.
Per questo lunedì ho finito. Nelle prossime settimane andrò molto più lenta, ne ho bisogno. Non sono sicura che riuscirò a mandare una nuova newsletter tra quindici giorni, ma ehi, male che vada ci sentiamo a settembre!
(Ok, questa gif di Mr. Kim che chiude il suo negozio di alimentari è l'occasione perfetta per consigliarti in extremis una serie tv leggera che mi sta piacendo molto: Kim's Convenience, protagonista una famiglia coreana che vive a Toronto.)
Ok, ho finito sul serio!
Rispondi pure a questa email se vuoi lasciarmi un'opinione, una richiesta di contenuti futuri (magari una parola per il mini glossario di comunicazione inclusiva?), o un saluto.
Ciao!
Alice