#53 Nessun minuto di silenzio
"La parola, le urla, il rumore ci permettono di esistere come soggetti politici", dice Irene Montero.
C’è un momento, in questo video del 9 luglio 1990, in cui las Madres de Plaza de Mayo iniziano a gridare all’unisono una frase, tenendo alte le foto delle loro figlie e figli desaparecidos durante la dittatura militare argentina: “non dimenticheremo, non perdoneremo”.
Poi la telecamera si concentra sul grido di Hebe de Bonafini, cofondatrice dell’associazione Madres de Plaza de Mayo, che urla queste parole:
«Por más que nos tapen, estamos. Por más que se pongan mil milicos adelante, estamos. Por más que no les guste, estamos. Y si nos matan, seguiremos estando».
Non importa quanto cerchino di insabbiarci, noi ci siamo.
Non importa se ci mettono davanti mille militari, noi ci siamo.
Non importa quanto non gli piaccia tutto questo, noi ci siamo.
E anche se ci uccideranno, continueremo a esserci.
Ho ritrovato questo video perché il 20 novembre è stato il primo anniversario della morte di Hebe e ho pensato che queste sue parole sono un grido di rabbia che riverbera attualissimo nell’orrore a cui assistiamo in questo periodo.
Il genocidio di Gaza, gli ultimi due femminicidi in Italia — Giulia Cecchettin e Rita Talamelli —, l’estrema destra che arriva anche in Argentina con Javier Milei, sono alcuni dei temi che al momento mi riempiono di rabbia e voglia di bruciare tutto.
Non dimenticheremo, non perdoneremo, mi ripeto anche io, animata da Hebe e dalla sua rabbia intatta per decenni: l’associazione delle Madres nasce nel 1977 e lei è morta, ugualmente incazzata e senza intenzione di smettere di lottare, nel 2022.
Rimanere all’erta e fare rumore, non minuti di silenzio
In Italia si sta parlando tanto del solido e potente discorso di Elena Cecchettin, sorella di Giulia; se non l’hai ancora fatto ti consiglio di ascoltarlo e assorbirlo con attenzione e con il cuore aperto. Perché Elena, dal fondo del suo dolore, riesce a riassumere con parole precise il problema sistemico che sta alla base della violenza machista.
"Non fate un minuto di silenzio per Giulia, ma bruciate tutto. E dico questo in senso ideale per far sì che il caso di Giulia sia finalmente l'ultimo, ora serve una sorta di rivoluzione culturale".
E mentre dall’Italia mi arriva lo stridore dell’incapacità politica di sostenere discorsi fondamentali in difesa delle donne, qui in Spagna ascolto con speranza e gratitudine il discorso di commiato di Irene Montero, ex Ministra de Igualdad. Non è stata riconfermata nel nuovo governo spagnolo PSOE-Sumar e ieri ha passato il testimone ad Ana Redondo.
Ho tradotto il discorso di Montero e te lo propongo perché dimostra che il femminismo è un movimento che va oltre il riduzionismo in cui certa classe politica vorrebbe relegarlo. È una forza che desborda las conversaciones, come si dice in spagnolo, trabocca e fluisce da un’istanza sociale all’altra e dà risposte vere, concrete, utili:
Il femminismo sta cambiando questo Paese con un potente movimento popolare, ma anche con leggi, politiche pubbliche e domande nuove che finora erano rimaste invisibili e che poniamo alla società per poi rispondere in modo diverso da come si era sempre fatto.
Quello che era sempre stato considerato normale non lo è più:
un bacio senza consenso;
che ti tocchino senza il tuo permesso in metro o in ufficio ora è una violenza sessuale;
poter dire todes [ndt. la forma non binaria per evitare il maschile todos o il femminile todas] era motivo di scherno o disprezzo e ora è una responsabilità istituzionale per riconoscere le identità non binarie, la lotta LGBTQ+ e in particolare la lotta delle persone trans.
Non è più solo una questione delle persone che ami o con cui vai a letto: è soprattutto una lotta per il diritto a essere chi sei davvero, il più importante di tutti i diritti.
Ora non si può più cancellare la conversazione sul diritto a decidere del nostro corpo o sul diritto a un’educazione sessuale integrale.
Ora il dibattito sul lavoro di cura non serve solo ad ampliare i permessi di maternità e paternità, ma anche a ribaltare una forma neoliberale profondamente ingiusta di organizzare l’economia e la vita. Questa deve essere cambiata da cima a fondo a favore di un’altra che ci renda felici e nella quale tutte le donne, tutte, comprese le donne razzializzate e quelle che sono sempre state ai margini, abbiano tempo per vivere.
Il femminismo è una forza inarrestabile ed è la cosa migliore che ha questo Paese: la Spagna è già diversa grazie al femminismo. E non lo dico con ingenuità ma perché l’offensiva reazionaria è qui e bisogna prenderla seriamente, viene da settori profondi e potenti dello Stato.
Prendiamo sul serio questa offensiva reazionaria, non lasciamoci sole, uniamoci contro la sua violenza politica, contro il machismo giudiziario del quale ci mette in guardia la Raccomandazione Generale n° 33 delle Nazioni Unite, contro l’offensiva machista che viene dai poteri più reazionari dello Stato.
Lo dobbiamo a coloro che hanno combattuto prima, lo dobbiamo alle nostre figlie, ai nostri figli e ay nostry figly. Lo dobbiamo anche a noi stesse, che non è poco.
Non dimenticate mai che quando parlano di rumore è perché ci vogliono in silenzio e sole.
Ieri è stato il primo anniversario della morte di Hebe de Bonafini che gridava “Non importa quanto cerchino di insabbiarci, noi ci siamo.”
Il silenzio è complice della violenza e delle ingiustizie.
Il silenzio è l’antipolitica.
Il silenzio è una ferita mortale alla democrazia.
Il silenzio normalizza le diseguaglianze.
La parola, le urla, il rumore, sono quelli che ci permettono di esistere come soggetti politici.
Che nessuno si affidi più al nostro silenzio complice.
Dove si rompe il silenzio si esprime il dolore di fronte alle ingiustizie e iniziano la politica e la speranza.
Alana Portero dice che l’infanzia trans immagina piuttosto che vivere; e invece abbiamo diritto a vivere più che a immaginare.
Non permettiamo che le politiche di uguaglianza vengano di nuovo ridotte al motto “è una roba femminista, sono solo le donne che fanno cose”.
Il femminismo deve continuare a riversarsi nella conversazione sociale e nelle politiche pubbliche:
la lotta contro le violenze machiste;
la protezione delle madres protectoras (ndt. le donne madri che hanno denunciato i loro ex partner per violenza) nonostante la persecuzione e la criminalizzazione;
l’apertura di tutti i centri antiviolenza;
la difesa del diritto all’aborto e all’educazione sessuale;
la lotta contro la povertà mestruale;
la garanzia dei diritti sessuali e riproduttivi;
la fine della giustizia patriarcale;
inserire nella gazzetta ufficiale (BOE) una legge antirazzista;
conquistare la regolarizzazione del diritto alla cura e al tempo libero delle donne;
proteggere il diritto di essere chi si vuole essere, lottare contro la LGBT-fobia e l’odio.
Ministra [ndt. rivolta alla nuova Ministra de Igualdad, Ana Redondo], potrei augurarti buona fortuna ma credo che non sia la cosa più importante di cui ha bisogno una Ministra de Igualdad.
Ti auguro invece che tu possa circondarti della migliore squadra, che non ti lascino mai sola e che tu abbia il coraggio per far sentire scomodi gli uomini di 40/50 anni amici del Presidente del Governo.
Perché il femminismo è un movimento molto potente che conquista diritti con le domande che prima nessuno si faceva, e propone nuove risposte che rendono tutte più felici.
Altre cose che ho letto e che mi sono piaciute
Regali per il 25 novembre: l’ultimo numero della newsletter di
aiuta a smontare le supposizioni più comuni quando si scrivono le comunicazioni della Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne.Ho scoperto che, due anni fa, il Comune di Barcellona ha creato un centro di supporto per la mascolinità. Si chiama Plural e questo è il video di presentazione. Si tratta di una struttura comunale rivolta agli uomini che vogliono abbracciare modelli relazionali più aperti, rispettosi e sani. “Uno spazio di prossimità pensato per accompagnarvi nei dubbi che sorgono nei diversi momenti della vita.”
Non l’avevo ancora provata, ma finalmente ho installato l’app MeToca, lanciata dal Ministerio de Igualdad un paio di mesi fa. L’app serve a tenere il conto delle attività domestiche e di cura e stabilisce una serie di misure per valutare la distribuzione degli oneri tra le persone che compongono un determinato nucleo familiare. Dove per “nucleo familiare” non si intende solo la conformazione tradizionale della famiglia.
Leggo nel comunicato stampa:
La distribuzione degli oneri domestici avviene per unità familiare o di convivenza e ogni utente registrato fa parte di un team. Oltre al ruolo tradizionale della coppia, si possono includere le altre persone con cui si condivide il lavoro cura, come figli e figlie, coinquiline o coinquilini, che di solito sono invisibili in questa distribuzione. Abbiamo prestato particolare attenzione a facilitare l'uso dell'app da parte di un pubblico ampio, che quindi non deve per forza avere particolari competenze digitali.
Per quanto riguarda i compiti, l'applicazione ha registrato una serie di attività domestiche standardizzate ma volendo si possono creare categorie personalizzate. È possibile includere sia le faccende domestiche che implicano uno sforzo fisico sia quelle che comportano un carico mentale, che di solito sono invisibili e sono svolte per lo più dalle donne.
L'obiettivo è quello di dare visibilità agli oneri nascosti associati alla cura della casa. L'applicazione permette, quindi, di modificare ed equilibrare il tempo investito nello svolgimento delle faccende domestiche.
Ti piacerebbe provarla o ti sembra too much?
Io sono curiosa, vediamo come va.
Per questa settimana chiudo qui.
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Ok, è davvero tutto.
Grazie per aver letto fino a qui. 💙
Restiamo incazzate,
Alice
Grazie Alice per la condivisione e la traduzione del discorso di Irene Montero.