Per un 2022 senza miti né idoli ✨
#19
Ciao!
Sono Alice Orrù e questa è Ojalá, la newsletter che parla di scrittura e rappresentazione inclusive, begli esempi di accessibilità sul web e storie variopinte.
Io sono una copywriter e traduttrice tecnica con il pallino per il linguaggio inclusivo. Vivo a Barcellona dal 2012 e per questo la mia newsletter contiene giocoforza anche qualche incursione di vita catalana e tanta, tanta salsa brava.
Leggi i numeri precedenti ⎢ Iscriviti
Ojalá oggi parte un po' in ritardo e da uno scenario diverso dal solito, a 12 ore di auto dalla Catalogna. Non sono ancora in ferie, ma è bello potersi finalmente riunire con una parte di famiglia dopo 4 anni dall'ultimo Natale insieme.
Il numero di oggi è un po' più breve del solito e si concentra soprattutto su letture e visioni che ho trovato interessanti.
Pensa a questa newsletter come a un piccolo archivio di cose da leggere con calma, quando avrai tempo. Un archivio anti-FOMO (Fear of Missing Out) cioè senza quell'ansietta tanto diffusa di non essere abbastanza sul pezzo.
Perché ti svelo un segreto (di Pulcinella, ok): quando si parla di linguaggio inclusivo e accessibile sul web, le cose si muovono così veloci che bisogna semplicemente accettare il fatto che essere sempre sul pezzo al 100% non è proprio possibile.
Forse, a questo punto del nostro cammino con Ojalá (siamo quasi a 20 episodi!), lo avrai capito: non esiste la bibbia del linguaggio inclusivo ma nemmeno LA voce da ascoltare per imparare tutto quello che c'è da sapere.
I personalismi, lo ammetto, mi hanno sempre generato un po' di timore.
È forse anche questo il motivo per cui, quando qualche mese fa Silvia Fanzecco mi ha intervistata per il podcast di SheTech e mi ha chiesto chi sono stati i miei role model, le ho risposto più o meno così:
“Non ho unə verə role model e preferisco non averne. Nel mio cammino ho incontrato molte persone che mi hanno aiutata, facendomi da mentor, e altre che mi hanno insegnato tantissimo condividendo con generosità quello che sanno, sia di persona che grazie alla divulgazione sul web.”
Ammetto che il concetto di role model mi sta un po' stretto perché non amo riporre tutte le mie aspettative su una sola persona, tantomeno in ambito formativo.
Affidarsi a una storia unica è sempre rischioso; preferisco accogliere più voci nella mia vita, anche quelle che mi fanno sentire scomoda, soprattutto quelle che innescano dubbi e domande e smuovono le carte quando necessario.
Ecco, se volessi pensare a un augurio per il 2022 ti direi: che sia un anno senza role model ma ricco di voci nuove, variegate, un anno di vero ascolto.
Quanto fa bene sapere di non sapere (semi-cit.)!
Letture (e visioni) da apprezzare con calma, senza FOMO
Gira la colpa è la nuova, tagliente, campagna di Hella Network, con concept di Flavia Brevi e direzione creativa di Ella Marciello.
Parlavamo di victim blaming giusto nell'ultimo episodio di Ojalá, ricordi?
“Gira la colpa” è «il primo gioco per insegnare alle bambine che qualunque cosa capiterà loro da donne, se la saranno andata a cercare. [...] Ti sembra assurdo? Eppure il victim blaming, ovvero la colpevolizzazione della vittima, entra spesso nelle nostre case, grazie alle dichiarazioni di alcuni personaggi televisivi, a certi articoli di giornale e a tanti, troppi comportamenti quotidiani che giustificano i carnefici.»
Le bellissime e complete linee guida per creare contenuti accessibili su Twitter. E sai cosa? Contengono suggerimenti preziosi anche se non usi Twitter ma vuoi iniziare a comunicare in modo più accessibile e inclusivo sul web. A prescindere dalla piattaforma.
Hearts and Minds: How Europeans think and feel about immigration.
Un fantastico lavoro di data visualization sulla percezione dei fenomeni migratori in Europa curato da ODI, Federica Fragapane e Alex Piacentini.
Traduco una parte dell'introduzione al progetto:
«In Europa, le percezioni individuali e sociali sull'immigrazione non riflettono le realtà vissute dalle persone che emigrano, ma sono piuttosto influenzate dalle narrazioni politiche e mediatiche dominanti. Gli atteggiamenti verso l'immigrazione sono cambiati nel tempo e in risposta a particolari eventi: nella maggior parte dei Paesi europei, le persone non sono fortemente a favore o contro l'immigrazione, ma hanno opinioni e preoccupazioni che cambiano a seconda di come si manifesta il fenomeno e delle sue conseguenze.»
The Handy List of Human Words, di Deanna Horton, Content Strategist a SurveyMonkey.
SurveyMonkey è un software per creare indagini di mercato, raccolte dati e sondaggi da incorporare in email e siti web. L'azienda si concentra molto sul linguaggio semplice e accessibile, quello che troverai spesso descritto come plain language.
In questo articolo Horton condivide le linee guide del suo team per eliminare dall'interfaccia e dal linguaggio di SurveyMonkey le espressioni robotiche, troppo tech e poco umane.
Un piccolo vademecum con consigli preziosi se anche tu scrivi spesso in inglese.
Hai mai pensato a quanto possano essere discriminanti gli annunci di lavoro in cui non compare la fascia di stipendio prevista per il ruolo?
In Italia è una pratica comune, anzi: sapere qual è la paga prevista per il ruolo a cui ci si candida è forse uno degli ultimi step del processo di assunzione.
Il dibattito è acceso, e so che non tutte le persone sono a favore della completa trasparenza dei salari. Per 5 anni ho lavorato in un'azienda in cui gli stipendi erano pubblici e consultabili da chiunque sul web; l'ho sempre trovata una mossa utile per capire la competitività dell'azienda e del mercato in cui lavoravo, ma anche per eliminare alla radice tutti i malumori e i pettegolezzi che spesso nascono sugli stipendi delle altre persone del team.
Non è un caso che rendere trasparenti le fasce di stipendio sia una delle azioni consigliate per ridurre il divario salariale di genere anche dalla commissione Gender Pay Gap del governo britannico.
A prescindere da come la pensi, sappi che esiste un'iniziativa per sensibilizzare le aziende a mostrare i salari negli annunci di lavoro: si chiama Show The Pay e il sito include link molto utili per approfondire i vantaggi della trasparenza salariale.
A tale of two retailers — a disability inclusion story, di Sheri Byrne-Haber, una persona che ti consiglio davvero di seguire perché i suoi post a tema accessibilità sono preziosissimi.
Questo è un rapido caso studio per dimostrare l'impatto che la discriminazione di persone con una condizione di disabilità ha sulla reputazione e le finanze di un'azienda. Byrne-Haber confronta due episodi accaduti durante il processo di selezione di due persone sorde in due grandi catene di negozi statunitensi: Lowe's e Sprouts Farmer's Market.
La perla che estraggo dall'articolo è questa (traduzione mia):
«Quando intervisti una persona che sai avere una disabilità, falle esattamente UNA domanda: “Come ti organizzeresti per svolgere le mansioni previste per questo lavoro?”. Non fare domande illegali e, soprattutto, NON FARE SUPPOSIZIONI. Solo perché TU non riesci a immaginare come potresti svolgere il lavoro con una disabilità che non vivi e non capisci, non significa che valga lo stesso per le persone che quella situazione non la devono immaginare.»
E a proposito di assumere persone con disabilità, ti lascio una bella campagna promossa da CoorDown (Coordinamento Nazionale Associazioni delle Persone con Sindrome di Down): The Hiring Chain.
Dai un'occhiata anche alle campagne degli anni passati, sono molto carine e prestano una grande attenzione al linguaggio.
Infine, a proposito di role model e del pericolo di riversare troppe aspettative su personalità pubbliche o aziende considerate attente all'inclusione, ti cito due casi di cui si è parlato tanto su Instagram:
La promozione del romanzo “Corpi Astinenti” di Emmanuelle Richard edito da Tlon Edizioni.
È un libro che parla di astinenza sessuale attraverso le testimonianze di trenta persone che per varie ragioni, tra cui anche l'orientamento asessuale, si astengono dal sesso. Il libro è stato inviato per la promozione anche a persone asessuali che, sui loro account Instagram, si impegnano ogni giorno per parlare di asessualità ed esplicitare le varie forme di discriminazione verso questo orientamento sessuale. Queste persone hanno fatto notare una grande criticità del libro: la presenza di passaggi violenti e afobici (cioè discriminanti verso la comunità asessuale). Ti invito a ricostruire quanto successo con le storie di Caterina A. e Francesca Anelli.
Io di editoria so davvero poco, ma mi ha colpito vedere questa dinamica promozionale: una casa editrice pubblica un libro con dei passaggi molto problematici e discriminatori – di cui evidentemente non ha percepito la gravità –, chiede a persone della comunità discriminata di promuovere il testo sui loro account social e, quando le viene fatto notare l'errore, non riesce a mettersi in discussione.
A proposito di asessualità e del fatto che si tratta di un orientamento sessuale poco conosciuto e spesso discriminato, puoi leggere il post Il mio orientamento sessuale è invisibile, di Caterina A.
Un altro esempio di occasione mancata per chiedere scusa di fronte a un errore: l'ultimo episodio del famosissimo podcast Morgana, di Michela Murgia e Chiara Tagliaferri.
La prima puntata della nuova stagione del podcast è dedicata alle sorelle e registe Lana e Lilly Wachowski. Il filo narrativo della puntata lega la carriera e la produzione cinematografica delle due registe al loro percorso di donne trans nella sfera sia pubblica che privata.
Murgia e Tagliaferri hanno fatto una scelta narrativa molto controversa: nel corso della puntata usano tantissime volte i pronomi maschili e i nomi maschili assegnati alla nascita alle sorelle Wachowski. Due pratiche che prendono il nome di misgendering e deadnaming e di cui .
Le scuse pubblicate sull'account Instagram di Murgia si concentrano sulla necessità di dare più spazio alla chiarezza dei contenuti che alle buone pratiche "di militanza linguistica".
Una giustificazione molto debole e, a mio parere, pericolosa: giustificare un linguaggio offensivo e doloroso per la comunità trans in nome della chiarezza (che poi, avendo ascoltato l'episodio, non ho nemmeno trovato) rischia di legittimare la discriminazione. Esattamente la stessa che compare spesso sui nostri media e che rafforza l'idea che queste scelte linguistiche siano cose di poco conto, su cui si possono tranquillamente fare eccezioni.
Nel 2016, quando Lilly Wachowski fece coming out pubblico sulla sua transizione di genere, l'associazione GLAAD pubblicò delle linee guida dedicate ai media che avrebbero parlato della notizia: contengono le raccomandazioni sulla terminologia da usare per evitare scivoloni dolorosi come quello andati in onda su Morgana.
Per questo lunedì e per questo 2021 ho finito.
Ojalá è arrivata al numero 19 e io sono felicissima di questo progetto e dell'accoglienza che sta ricevendo: grazie per averne fatto parte finora!
Questo è un progetto aperto e in evoluzione: se leggi Ojalá da un po' e vuoi lasciarmi un'opinione, una richiesta di contenuti futuri o una collaborazione, scrivimi senza indugi. Ti basta rispondere a questa email.
Ecco, ora siamo veramente agli sgoccioli.
Uso quest'ultima riga per farti i miei più grandi auguri per delle feste serene, ché di serenità abbiamo davvero tanto bisogno. ✨
Ti mando un abbraccio virtuale,
Alice