#67 Precisa, felice, onlife
Una riflessione sul senso dell'onlife in chiusura del Festival DiParola, l'evento sui linguaggi chiari, inclusivi e accessibili.
Quattro anni fa, il 10 ottobre 2020, scrivevo su Instagram:
La barriera tra il qui dentro e il là fuori non esiste, è inutile che la invochiamo.
Le emozioni che viviamo navigando sul web — quando leggiamo un post o ne scriviamo uno, quando commentiamo o condividiamo contenuti — sono umane, reali, sono uguali alle emozioni del là fuori. Possono rovinarci una giornata o renderla meravigliosa.⠀
Distinguere tra vita online e vita offline non ha più senso: il confine tra le due ha perso nitidezza da anni. E abbiamo anche una parola per descrivere questo nostro modo di vivere nell'era dell'iperconnessione: onlife.⠀
Luciano Floridi, filosofo dell'informazione, ha coniato questo neologismo intorno al 2011 e poi lo ha sviluppato insieme a un gruppo di ricercatrici e ricercatori in diversi ambiti delle scienze sociali e tecnologiche.
L'Onlife Manifesto del 2014 è il primo documento che cerca di rispondere in maniera approfondita alla domanda: cosa significa essere umani nell'era digitale?⠀
Le Treccani definisce l'onlife come «la dimensione vitale, relazionale, sociale e comunicativa, lavorativa ed economica, vista come frutto di una continua interazione tra la realtà materiale e analogica e la realtà virtuale e interattiva.»
Nasconderci dietro il dito della "vita vera", fuori dagli schermi, non vale più.⠀
Prendiamoci cura di quello che diciamo e come lo diciamo, qualsiasi sia l'angolo di dimensione iperconnessa in cui ci troviamo a vivere.⠀
Le nostre vite onlife
Qual è l'impatto delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione sulla condizione umana?
L’Onlife Initiative del 2012 era un progetto di ricerca organizzato dalla Commissione Europea che voleva trovare una risposta esaustiva a questa domanda.
L’introduzione al progetto diceva così:
Le tecnologie dell'informazione e della comunicazione non sono semplici strumenti, ma forze sociali che stanno influenzando sempre più la nostra concezione del sé (chi siamo), le nostre interazioni reciproche (come socializziamo), la nostra concezione della realtà (la nostra metafisica) e le nostre interazioni con la realtà (la nostra agency).
Hanno un enorme significato etico, legale e politico, con il quale abbiamo iniziato a fare i conti solo di recente.
Il risultato, l’Onlinfe Manifesto, è un documento in open access che puoi scaricare gratuitamente.
Sono passati dodici anni e ancora capita di sentire opinioni che sminuiscono il valore delle relazioni, delle politiche, degli attivismi nati e sviluppatisi online.
Se anche tu come me bazzichi il web da molto tempo, è probabile che discorsi del genere ti facciano storcere il naso.
Se la “vita vera” è quella fuori dagli schermi — quanta parte di realtà riesce ancora a scappare dal riflesso dello schermo e dai riverberi della rete? — cosa sono tutte le amicizie, gli eventi, le emozioni, gli scambi di opinione nati online che abbiamo collezionato negli anni?
Dopo DiParola
Scrivo queste domande retoriche dal divano di casa, con i piedi doloranti e la testa un po’ ovattata dopo cinque giorni di giri tra L’Aquila (per il Festival DiParola) e Bologna (per il convegno TradInfo): incontri, opinioni e presentazioni sui linguaggi chiari, inclusivi e accessibili.
Il Festival DiParola, di cui ho parlato spesso negli ultimi numeri della newsletter, si è chiuso venerdì e mi ha lasciato una scia di nostalgia e ricchezza per gli interventi meravigliosi che ho avuto la fortuna di ascoltare.
Il tema di quest’anno era la precisione.
Le mie emozioni, a caldo ma precise, sono finite prima su LinkedIn; ora dico solo: che cosa incredibile assistere a un festival incentrato sulla parola che sa aprire le braccia a contesti, vissuti, voci ed esperienze così eterogenee e plurali.
È anche grazie a eventi come questi che sono felice di occuparmi di linguaggi chiari e accessibili, nella mia onlife.

Se non hai potuto partecipare ma vorresti vedere gli 11 interventi (come darti torto!), puoi ancora fare una donazione e ricevere via email le registrazioni.
Molte delle persone che ho (ri)abbracciato e/o ammirato mentre presentavano sul palco del Festival sono arrivate nella mia vita grazie alle interazioni online: Valentina Di Michele, Eleonora Sacco, Andrea Fiacchi,
, Elena Panciera, , , Annamaria Anelli, Maria Elena Marras, Elena Canovi.Alcune ho iniziato a seguirle per motivi di lavoro, altre per affinità geografiche, altre ancora per affinità elettive, curiosità social o per tutti e quattro i motivi.
Qualunque sia il cammino che mi ha portata a intrecciare tempo e parole con loro — mi dicevo mentre eravamo tutte a L’Aquila — ora siamo qui, dal vivo, con le nostre onlife che si incontrano. Non è bellissimo?
Appena recupero un po’ di energie e ordino gli appunti, tornerò a scrivere degli interventi di DiParola: che tu veda o no le registrazioni, ci sono un sacco di parole che voglio far confluire qui su Ojalá.
Intanto, ti piacciono i progetti generosi?
Letture che ti consiglio
Invalidità, disabilità, abilismo, bisogno di parole nuove:
dialoga con la traduttrice Tiziana Masoch nell’ultimo numero della sua newsletter:Gli autoritratti di Olga Steinepreis svelano la pressione di essere la madre “perfetta”, su It’s Nice That.
Il linguaggio inclusivo non basta: vogliamo azioni concrete per l’accessibilità: un’intervista a
su Vita.Nei Paesi Bassi va in onda un telegiornale in linguaggio semplice, lo racconta Il Post.
Hai mai pensato che anche i profumi possono essere un elemento di cui tenere conto quando si parla di accessibilità? Se hai la fortuna di non soffrire di sensibilità alle fragranze chimiche come la sottoscritta, leggi il post di Catarina Rivera.
Un’illustrazione che dice tanto

L’illustrazione di Sarah Navin è parte di un carosello che si intitola What good men don’t always see. Lo traduco:
Ho realizzato che molti uomini visualizzano l’ambiente sociale in cui ci muoviamo in questo modo: uomini buoni o uomini malvagi impazziti.
La realtà è più vicina a questa:
- uomini eroici che intervengono
- uomini benintenzionati che sottovalutano il problema
- uomini che pensano che predare [le donne, NDT] sia uno sfortunato fatto della vita
- uomini che pensano che certe donne se lo meritino (ma non sono predatori attivi)
- uomini che trovano divertenti gli atteggiamenti predatori, li consumano passivamente o li incoraggiano
- predatori da manuale che conosciamo tutti
- mostri così crudeli che non riusciamo nemmeno a immaginarli
Per questa settimana chiudo qui.
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Sono Alice Orrù, sarda emigrata a Barcellona nel 2012.
Fiera della sua residenza, la mia newsletter contiene incursioni di vita catalana e tanta, tanta salsa brava. 🍟
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Grazie per aver letto fino a qui. 💙
Alice
Che bella puntata ♥️
A proposito di telegiornali e contenuti in una lingua più semplice, io per almeno 3 anni ho avuto l'abbonamento a Wablieft, un bisettimanale di notizie scritte in modo accessibile, ma preciso (lo cita anche l'articolo de Il Post). Lo consiglio a chiunque si trasferisca nelle fiandre del Belgio. Ho imparato (anche) così il nederlandese (e ordinando patatine fritte, chiaro).
Adoro questa newsletter del lunedì :)