#68 Qual è il tuo testo alternativo?
Perché può essere rilevante descrivere le persone quando scrivi i testi alternativi delle immagini che carichi sul web.
Ojalá arriva di nuovo questo lunedì, a una settimana di distanza dall’ultimo numero. Perché? Ho deciso di onorare due strette di mano: una con la mia editor-occhio di falco Claudia Di Dio e una con
.Ci penso da tanto, in realtà, vorrei trasformare Ojalá in un’uscita settimanale. Dopo tre anni e mezzo, più di 4000 persone iscritte e molte soddisfazioni, potrei essere pronta a prendermi questo impegno.
Non è l’unico cambiamento a cui sto pensando. Mi riservo ancora un po’ di tempo per rimuginarci e sviluppare le idee, ma nei prossimi mesi potrebbero comparire nuovi canali per allargare Ojalá e farla diventare uno spazio di condivisione più grande. Vedremo.
Intanto, iniziamo.
Mercoledì scorso ho tenuto un intervento al WordPress Accessibility Day.
È un evento online che per 24 ore, non-stop e toccando tutti i fusi orari del mondo, ospita persone esperte di accessibilità digitale in tutte le sue diramazioni.
Io, per esempio, ho portato una presentazione piena di consigli pratici per content creator. Volevo passare questo messaggio: non bisogna essere persone esperte di sviluppo web o conoscere il codice per creare contenuti testuali accessibili.
Alla fine dell’intervento ho ricevuto opinioni molto positive, e sono contenta che questi eventi invoglino sempre più persone ad avvicinarsi all’accessibilità digitale anche se non hanno conoscenze tecniche.
Quando saranno pronte (tra un paio di settimane, immagino), ti invito a guardare le registrazioni dei talk di questo ricchissimo WordPress Accessibility Day: se vuoi formarti sull’accessibilità digitale, sono uno strumento ottimo e gratuito da cui partire, trovi tutto su YouTube.
Nota positiva a margine: l’evento era gratuito per il pubblico, ma noi speaker abbiamo ricevuto un onorario. Ti sembra strano che debba specificarlo? Purtroppo non lo è affatto, ne parlavo meglio due anni fa:
Criticità delle conferenze a parte, in questo episodio di Ojalá mi voglio concentrare su un passaggio dell’organizzazione dell’evento che ha coinvolto noi speaker.
E inizio chiedendoti questo:
Che testo alternativo useresti per descriverti?
Mi spiego.
Quando ho ricevuto l’email di accettazione della mia proposta di intervento, il team di organizzazione mi ha chiesto di inviare una foto e una breve bio. Niente di nuovo, salvo la richiesta aggiuntiva:
Scrivi il testo alternativo per descrivere la foto con cui ti presenteremo nelle grafiche dell’evento.
Il testo alternativo (alt text) è il testo descrittivo che comunica il significato e il contesto di un’immagine in un ambiente digitale, come un'app o una pagina web.
Compare al posto dell’immagine web se questa, per qualche motivo, non si carica. È importante per l’accessibilità, perché i lettori di schermo lo usano per descrivere l'immagine.
La foto che ho mandato è quella che vedi nella locandina qui sotto:
Pur avendo partecipato a tanti eventi online negli ultimi dieci anni, nessuno mi aveva mai chiesto di scrivere un testo alternativo ufficiale che mi descrivesse.
È una richiesta che ha molto senso, soprattutto da parte di un evento incentrato sull’accessibilità, eppure non mi era mai capitato. Se mi segui da un po’ sai quanto ci tenga ai testi alternativi per le immagini che pubblichiamo sul web; mi ha colpito realizzare che fosse la prima volta che l’ho dovuto scrivere da speaker.
Questo è il testo alternativo che il team di organizzazione ha scritto per la locandina che ho inserito poco fa:
WordPress Accessibility Day 2024. Practical text accessibility tips for content creators. October 9,2024 at 18:00 UTC 1 PM Chicago / 8 PM Paris Alice Orru Freelance Content Writer. Live streaming free at https://2024.wpaccessibility.day Register now! (Alice's headshot is to the left of text. Alice Orrù is a white woman in her 40s; she has brown bob hair, large tinted-framed glasses and a joyful smile. She holds a microphone and has on her lap the book she wrote on inclusive languages in Italian.)
Il grassetto è mio e sottolinea il testo alternativo che ho scritto io. Te lo traduco:
Alice Orrù è una donna bianca sulla quarantina; ha capelli castani a caschetto, grandi occhiali con montatura colorata e un sorriso gioioso. Ha un microfono in mano e sulle ginocchia il libro in italiano che ha scritto sui linguaggi inclusivi.
Bisogna descrivere il genere o il colore della pelle?
Alla fine del mio intervento una persona mi ha fatto questa domanda.
Quando è opportuno descrivere il colore della pelle o il genere nei testi alternativi di immagini che rappresentano persone?
La mia risposta breve è stata: ogni volta che questi dettagli hanno senso nella descrizione del messaggio veicolato dall’immagine.
Se stai descrivendo l’immagine di un gruppo di persone di genere e colori della pelle diversi, non ti soffermerai sulla descrizione di ognuna di loro; puoi generalmente menzionare la differenza di composizione del gruppo.
Per tutti gli altri casi, invece, puoi citarlo. Anzi, come vedremo tra poco, sarebbe utile farlo.
Nel testo alternativo che ho scritto per la mia locandina, ho scritto di essere una donna bianca. Tutte le altre persone che hanno parlato all’evento hanno descritto se stesse anche in termini di genere e apparenza.
Tina is a white non-binary person in their early 30s with medium-long red hair and glasses.
Tina è una persona non binaria bianca sulla trentina con capelli rossi di lunghezza media e gli occhiali.
oppure
Fahad is an Asian guy in his 30’s with medium black hair and a friendly smile.
Fahad è un uomo asiatico sui 30 anni, con capelli neri di lunghezza media e un sorriso cordiale.
e anche
Victoria is a black woman in her 20's with thick afro hair packed in a high puff and a big friendly smile.
Victoria è una donna nera di circa 20 anni, con folti capelli afro raccolti verso l’alto e un grande sorriso amichevole.
Il punto è che i testi alternativi devono essere accurati per passare le informazioni più utili alla percezione dell’immagine.
Quando vedi la foto una persona, il genere percepito, i tratti somatici e i colori che indossa sono probabilmente tra le prime informazioni che il tuo cervello riceve ed elabora, anche se non esplicitamente, anche se non vorresti. Quelle informazioni contribuiscono a farti interpretare il contenuto dell’immagine e il suo messaggio.
Omettere la descrizione delle persone in un testo alternativo può appiattire il contenuto o veicolare un’interpretazione stereotipata delle immagini per chi legge con un lettore di schermo.
Per dovere di cronaca, devo dire che non tutte le persone che usano tecnologie assistive la pensano così.
Qualche mese fa ho chiesto a Lazar Bulatovic, consulente di accessibilità, di fare una revisione del mio sito. Lui è cieco e naviga sul web con un lettore di schermo: quando è arrivato alla descrizione delle mie foto nella pagina Chi sono del mio sito, mi ha detto che trovava ridondante il testo alternativo, gli sarebbe bastato sapere che quelle erano foto che mi ritraevano.
Altre persone che ho conosciuto durante un workshop che ho fatto sulla scrittura dei testi alternativi, invece, mi hanno detto che loro volevano la stessa esperienza delle persone vedenti: se sul mio sito web compaio io mentre indosso uno dei miei colori preferiti (il giallo ocra) in un patio di Barcellona, lo vogliono sapere.
D’altronde, quante volte la prima idea che ci facciamo di unə professionista deriva anche dalle foto che sceglie per il suo sito?
Per quanto riguarda i caratteri somatici, poi, la questione si radica su un terreno ancora più profondo.
Ne parla bene la product designer e specialista di accessibilità Tolu Adegbite in The case for describing race in alternative text attributes. Ti traduco un passaggio del suo articolo:
Se sei una persona bianca, forse non pensi né parli spesso di razza.
Se invece sei una persona BIPOC (ndt.: è l’acronimo per black, indigenous and people of color, che in italiano tradurremmo come persone nere, indigene e di colore), e in particolare se sei nera, come me, è più probabile che pensi e parli di razza molto più spesso.
Le nostre supposizioni sulla razza hanno un impatto così forte sulla nostra visione del mondo che può essere facile trascurarle, a meno che non ci troviamo a fronteggiarle.
Io devo pensare spesso alla razza perché è una tema che mi riguarda quotidianamente e devo affrontare il fatto che il modo in cui vengo percepita, il mio successo professionale, la mia sicurezza e molte delle interazioni che ho con altre persone sono influenzate dal colore della mia pelle.
Quando ero piccola, leggevo in continuazione. Ma nella maggior parte dei libri disponibili nella biblioteca della mia scuola, i personaggi erano descritti come bianchi (“Capelli biondi e fluenti, pelle chiara, grandi occhi azzurri”) o descritti in modo da non esplicitare il colore della pelle, anche se le allusioni alla pelle bianca erano chiare (“Timida, con i capelli castani”).
Non avevo mai letto un libro dove apparissero persone nere prima di entrare alle scuole medie. Quando è successo, sono rimasta a bocca aperta. Non avevo idea che esistessero libri sulle persone nere.
Avere la pelle bianca era così spesso considerata come la condizione di default che non mi è mai venuto in mente che potessero esistere libri sulle persone nere, o libri incentrati sulle loro storie.
Questo è il tipo di mondo che creiamo quando usiamo il bianco come default: un mondo in cui le persone nere o di altri colori non si vedono riflesse, ma si considerano estranee, fuori dallo standard, strane. Un mondo in cui i bambini pensano che non esistano storie su persone che assomigliano a loro.
Lo stesso succede in ambito web, dice Adegbite:
Quando si usano solo immagini di persone bianche, si creano user personas bianche, si scelgono username finti che però sono sempre nomi comuni europei, si contribuisce a questa narrazione.
Lo stesso concetto si applica ai testi alternativi. Quando non menzioniamo il colore della pelle della persona raffigurata, contribuiamo alla narrazione per cui ciò che la nostra società considera la condizione di default (essere una persona bianca), è effettivamente il default. Escludiamo altre persone e le rendiamo invisibili.
Qualche anno fa lo diceva su Twitter anche Haben Girma, avvocata per i diritti umani e autrice del libro “Haben: The Deafblind Woman Who Conquered Harvard Law”:
Sono così abituata che persone cieche mi dicano che pensavano fossi bianca, che ormai non mi stupisco più. Quando descrivete le immagini, non tralasciate la razza. Non lasciate spazio a supposizioni dannose. Questa è l'intersezionalità. Ho pubblicato un video sulle descrizioni inclusive.
Il video a cui fa riferimento Girma si intitola: I’m not white. Honest! Blind people and visual accessibility:
Nel video spiega che il malinteso sull’apparenza e sul colore della pelle è molto comune tra le persone cieche. A volte basta solo la voce per farsi un’idea diversa dalla realtà; e questo in fondo capita anche alle persone vedenti, no?
E in italiano?
Forse non ti è sfuggito, ma nel corso di questa newlsetter e delle traduzioni dei brani ho usato la parola razza anche in italiano. Che no, non è una parolaccia, ma va usata con cautela e nel suo contesto: razza come costrutto sociale, non certo biologico.
Se ti stai chiedendo quali parole abbiamo in italiano, al momento, per parlare di persone razzializzate e colori della pelle, ti rimando a un sempreverde video di Afroitalian Souls:
Ragionano sulla stessa incertezza terminologica, ampliandola ad altre origini etniche, anche Nadeesha Uyangoda, Nathasha Fernando e Maria Catena Mancuso nella puntata ”Una goccia di sangue nero” del loro podcast “Sulla razza”.
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Letture, ascolti e visioni che ti consiglio
Una cosa di cui sono convinta: i testi alternativi possono essere anche scrittura creativa, oltre che accessibile. Ne ho parlato spesso, durante i miei interventi sul tema, un giorno lo rifarò anche qui. Intanto ecco un progetto che rappresenta benissimo questo concetto: Alt Text Selfies.
L’ospedale spagnolo San Juan de Dios ha lanciato una campagna per la Settimana contro la solitudine indesiderata per sensibilizzare persone e aziende a fare volontariato o a mettere a disposizioni i loro spazi per diventare delle “rompi-solitudine”. Questi sono due dei messaggi della campagna, ideata insieme all’agenzia Puto Modernos (te li traduco sotto):
1. Sono arrivati i risultati della biopsia. Mi accompagni alla visita?
2. Io e Alex abbiamo chiuso, ho bisogno di prendere aria. Ci vediamo?
Ci sono messaggi che fa male scrivere. Ma è ancora più doloroso non avere nessuno a cui mandarli.
Venerdì 11 ottobre è stata la giornata celebrativa del coming out, la comunicazione spontanea del proprio orientamento sessuale/relazionale o di identità di genere. Tra i discorsi di coming out pubblici che ti consiglio di ascoltare ci sono quelli dell’attrice Jodie Foster, del regista Javier Calvo e di Alex - protagonista del film Red White and Royal Blue (grazie a
per quest’ultimo suggerimento).Inside the Palestinian Sound Archive. Per mesi Mo'min Swaitat ha curiosato e raccolto pezzi unici tra vecchi negozi e mercati della Cisgiordania: «Il sionismo ha tentato di distruggere la nostra identità culturale, arrestando e uccidendo artisti e impedendoci di accedere alla nostra musica, al cinema, alla fotografia, alla pittura.» Il suo archivio ora raduna dischi e nastri in vinile che raccontano una parte importante della storia palestinese, quella che passa dalla musica e dai suoni.
Da leggere
Stereotipi a colori. Piccola guida ai pregiudizi e ai bias cromatici di Cristina Maurelli e Giuditta Rossi (Flacowski, 2023). Pagine da leggere, scrivere e giocare per ragionare sul significato dei colori e dei bias che spesso si portano dietro. 🌈
Per questa settimana chiudo qui.
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Sono Alice Orrù, sarda emigrata a Barcellona nel 2012.
Fiera della sua residenza, la mia newsletter contiene incursioni di vita catalana e tanta, tanta salsa brava. 🍟
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Grazie per aver letto fino a qui. 💙
Alice
Fino a qualche tempo fa, quando mi presentavo in una riunione o conferenza, facevo la mia descrizione fisica oralmente. Finché una persona non vedente mi ha fatto capire che non sempre è gradito.
Wow, Alice: grazie anche per questo pezzo sulla lettura accessibile delle immagini con gli alt text.
La campagna dell'ospedale spagnolo San Juan de Dios mi ha commosso.