#71 Recuérdame
Il potere dei ricordi: una finestra sul lato messicano della mia famiglia che nei giorni scorsi ha celebrato el Día de Muertos.
Sono giorni di notizie tragiche e riflessioni grevi, da questa parte del Mediterraneo. Ho scritto questo episodio di Ojalá nella mattina di venerdì, mentre mi preparavo a celebrare el Día de Muertos con la mia famiglia.
Intanto, le notizie sull’alluvione dalla “zona zero” della provincia valenciana delineavano in modo sempre più preciso la portata della catastrofe.
Se c’è una cosa che ha funzionato male nella gestione dei primi giorni post-alluvione, è proprio la comunicazione pubblica. Durante il fine settimana si sono chiarite nuove dinamiche e non c’è bisogno che sia io a dirti che questa tragedia sta lasciando la Spagna in uno stato di shock, incredulità e rabbia inconcepibili.
Inverto l’ordine abituale della newsletter e inizio con alcuni articoli che ho letto negli ultimi giorni e che ti consiglio:
Le responsabilità politiche dietro «l’alluvione del secolo» in Spagna, di Roberta Cavaglià per Linkiesta che spiega come la combo cambio climatico e inazione/incompetenza politica sia un detonante pericolosissimo, foriero di tragedie come quella che sta vivendo il sud-est della Spagna.
Il giornale spagnolo El Salto sta facendo un lavoro enorme in questi giorni post alluvione. Io li ammiro tantissimo, prima di tutto perché sono un progetto di giornalismo indipendente («senza finanziamenti da parte di aziende Ibex35 , democratico, decentrato e di proprietà collettiva, scrivono nella loro pagina di presentazione»); e poi perché usano un linguaggio chiaro ma non paternalista, che aiuta concretamente le persone a capire i fatti, tanto più in momenti di emergenza come questo.
Dai per esempio un’occhiata a questi articoli (sono in spagnolo, ma il traduttore automatico del browser dovrebbe fare il suo):I diritti del lavoro dopo l’alluvione: devo andare a lavorare domani?
L'impatto psicologico della Dana: come recuperare la salute mentale a livello clinico e comunitario. Di questo pezzo, secondo me molto utile, ti traduco un passaggio dell’intervista a Pau Pérez-Sales, psichiatra ed esperto di salute psicosociale e comunitaria nelle catastrofi che ha lavorato anche con Medici senza frontiere Spagna:
C’è il preconcetto errato fondato sull'idea che, se si danno informazioni troppo realistiche, la gente si farà prendere dal panico. Questo non è vero, perché la maggior parte delle persone reagisce in modo molto sensato e organizzato quando si spiega loro come organizzarsi con le giuste informazioni. […]
Nel País Valencià sono mancate le informazioni chiare e questo ha impedito alle persone di organizzarsi. […]
Nelle catastrofi, gran parte delle perdite si devono a decisioni umane, e qui è prevalso il mito che è meglio non fornire informazioni e rassicurare le persone piuttosto che trattarle come adulte e dare loro la possibilità di conoscere e decidere.
A proposito di comunicazione: mi è tornato in mente l’episodio di Spuma, newsletter di Elisa Santambrogio e Silvia Ghisi, intitolato Comunicare in emergenza che contiene diverse domande che andrebbero fatte ogni volta che si progetta una comunicazione per la cittadinanza in momenti critici.
E ora passo al contenuto originale del numero #71 di Ojalá.
Mentre scrivo è venerdì mattina, 1 novembre; in cucina sobbolle il brodo di verdure con cui il vero messicano della famiglia preparerà il mole, la salsa a base di cacao, diversi tipi di peperoncini e molte altre spezie.
Ho comprato i fiori per decorare il nostro altare e la ofrenda de Día de Muertos.
I fiori che decorano gli altari messicani si chiamano cempasúchil. A Barcellona e dintorni si possono trovare in qualche negozio di prodotti messicani, ma a prezzi così alti che ci fanno tranquillamente optare per alternative più comuni dai colori simili.
Il papel picado, invece, c’è: questo è il nome delle decorazioni in carta velina colorata tipiche delle celebrazioni messicane. Il nostro altare casalingo non sarà mai sontuoso come quello in foto, ma i colori non gli mancano di certo.
Quest’anno faremo un piccolo altare collettivo; abbiamo chiesto alle persone che verranno a cena da noi stasera di portare un piccolo oggetto con cui ricordare una persona cara.
La ofrenda è proprio questo: un offertorio, diremmo in italiano, che serve ad accogliere gli spiriti delle persone care defunte nei giorni in cui si crede che tornino nel mondo dei vivi.
Cibo, libri e piccoli accessori decorano la ofrenda per guidare, nutrire e compiacere gli spiriti e assicurare loro una visita piacevole alle famiglie in vita.
Anche in Sardegna esistono riti per onorare le anime dei defunti, come is animeddas o su mortu mortu. Eppure, fino a che sono stata bambina nel paese sardo in cui sono cresciuta (si trova in Medio Campidano) non c’era l’usanza di celebrare questi riti. Mangiavamo papassinas a non finire, quello sì.
Ora, complice la contaminazione di Halloween, sembra che certi riti stiano tornando in voga. Succede anche nella tua zona?
Alcune belle campagne a tema Día de Muertos
Per me la cultura messicana è ormai un pezzo di casa.
Qui, oltreoceano, ci nutriamo spesso di un immaginario messicano stereotipato, ma credo che quello del periodo de Día de Muertos sia riuscito a “emigrare” in modo piuttosto autentico, senza eccessive manipolazioni.
Ho pensato di raccogliere alcuni video promozionali che raccontano bene come si vive questo periodo in Messico. Uno dei meriti della comunicazione di brand ben fatta è quello di esportare visioni locali e renderle in qualche modo universali, riconoscibili anche a migliaia di km di distanza.
Questi spot ruotano intorno al concetto chiave del Día de Muertos: il potere dei ricordi — quelli che servono a far vivere per sempre le persone care e a permettere loro di tornare una volta all’anno nel mondo dei vivi.
Guarda questi video e poi dimmi, se vuoi, quale ti ha colpito di più.
Nunca es tarde para ser tu verdadero yo, non è mai tardi per essere chi sei davvero, ricorda questo spot di Doritos Mexico del 2021.
Una famiglia messicana va a salutare la tomba del defunto zio Alberto che, a sorpresa, decide di manifestarsi e dare ai suoi cari una notizia:
Una tradición que vivimos juntos, una tradizione che viviamo insieme. Televisa è la catena televisiva messicana, un impero mediatico paragonabile all’italico Mediaset. Questo spot è del 2022:
El sabor del rencuentro, il sapore del trovarsi di nuovo insieme, è protagonista di questo spot del 2021 di Cervezas Victoria, popolare marca di birra. Un racconto corale che mette al centro la forza dei ricordi e il valore di tenerli in vita:
Tita, spot del 2016 dell’agenzia funebre J García López. Una donna prepara il piatto preferito di sua madre per mangiarlo insieme a lei:
Sempre della stessa agenzia funebre, uno spot più vecchio ma ugualmente rappresentativo del modo in cui si vive il tema della morte in Messico.
Un uomo sale sul taxi chiedendo di essere accompagnato a casa dopo una giornata di lavoro e inizia a conversare con il tassista di cose quotidiane, la casa, la famiglia. El camino a casa nunca se olvida, il cammino verso casa non si dimentica mai:
Chiudo con un altro spot di Cerveza Victoria del 2022: non celebra nello specifico el Día de Muertos bensí la forza delle madri messicane — las mamás chingonas de Mexico.
El amor de mamá está en sus manos, l’amore delle madri sta nelle loro mani: sembra un claim romanticone, ma si colloca in un contesto profondamente machista e violento dove il numero di madri single è molto alto, circa l’11% delle donne madri.
Ti piace scoprire campagne di marketing, iniziative e letture originali che parlano di inclusione e accessibilità digitale? Ojalá è nata per questo:
Sempre dalla Spagna
Poco prima dell’alluvione, la notizia più discussa in terra iberica è stato il caso di Íñigo Errejón, portavoce del partito di sinistra Sumar, accusato di molestie e abusi da diverse donne. Errejón si è dimesso il 24 ottobre.
Tenemos herramientas y funcionan, abbiamo gli strumenti e funzionano, scrive Cristina Fallarás nella sua rubrica per Público.
Fallarás è la giornalista femminista spagnola che da anni si dedica al tema della violenza di genere e che il 21 ottobre ha pubblicato il messaggio anonimo grazie a cui, in un potente effetto espansione, si è aperta l’inchiesta contro Errejón. Scrive Fallarás:E quindi, l'aggressore è caduto. Non perché una donna lo ha denunciato pubblicamente, ma perché una donna ha raccontato ciò che aveva vissuto e provato, in modo che altre potessero sapere che questo era ciò che loro, ed erano molte, avevano vissuto e provato.
Questa settimana qualcosa è decisamente cambiato. Sappiamo che abbiamo gli strumenti e che sono efficienti. L'efficienza è la base. Abbiamo strumenti che noi stesse abbiamo creato, non li abbiamo ereditati dal patriarcato. Si basano sulla testimonianza, sulla memoria collettiva, sulle parole. E funzionano.Uno degli aspetti per me più interessanti del caso Errejón è il modo in cui è stato trattato da alcuni media. In particolare la denuncia del silenzio collettivo che ha sostenuto Errejón negli ultimi anni (pare che diverse persone tra staff e colleghə fossero al corrente della sua condotta). Come scrive Zuriñe Rodriguez Lara su El Salto:
L'aggressore è il primo responsabile delle sue azioni, ma non solo lui, perché la politica è un esercizio collettivo. Se le sue azioni erano note come si dice da diversi giorni, perché nessuno lo ha fermato? Se si è sempre saputo, perché non sono mai stati attivati i meccanismi di controllo in ciascuno dei partiti in cui [Errejón] ha operato?
Affinché le vittime possano parlare, il patto di omertà patriarcale che vige nelle alte sfere della politica deve essere rotto, non solo incrinato.
Oggi, con le dimissioni di Errejón, è stato solo un po' strappato ma rimane intatto come sempre. Non possiamo quindi chiedere alle vittime di parlare, perché lo faranno quando saremo in grado di sostenerle, anziché giudicarle, e di prenderci cura di loro. Lo sguardo deve essere rivolto a loro [che hanno protetto Errejón].Del caso ha scritto anche Mara Cafagna nella sua newsletter Roba da Femmine per Wired. Ti segnalo l’ultimo passaggio:
Visto che la nostra classe dirigente non è digiuna da questo tipo di scandali, ho contattato la mia ex cliente Giuditta Pini per chiederle se in questi anni fossero stati presi dei provvedimenti o adottati dei protocolli anti-molestie all’interno dei partiti politici italiani. Giuditta mi ha risposto con un’amara risata. Quando le ho chiesto se potevo raccontare del nostro scambio mi ha risposto: “certo, puoi anche allegare l’audio della risata se vuoi”. Non lo faccio ma, ecco, fidatevi.
Anche in Italia abbiamo assistito ad accuse simili ma a quei comportamenti predatori, quando e se sono stati condannati, non è seguito alcun cambiamento, alcuna indagine interna, alcuna condanna. Anzi. Ecco, se c’è una cosa positiva che possiamo trovare in questa brutta storia, è che non molto lontano da qui le cose vengono fatte diversamente.
Per questa settimana chiudo qui.
Vuoi scrivermi cosa ne pensi di questa newsletter, propormi una collaborazione o semplicemente mandarmi un saluto?
Rispondi a questa email o scrivimi su ojala [at] aliceorru.me 📧
Sono Alice Orrù, sarda emigrata a Barcellona nel 2012.
Fiera della sua residenza, la mia newsletter contiene incursioni di vita catalana e tanta, tanta salsa brava. 🍟
Se ormai conosci Ojalá e apprezzi il mio lavoro, dai un’occhiata al piano a pagamento: con 40 euro sostieni questo progetto per un anno intero e hai accesso a tutte le risorse originali, passate e presenti, che condivido.
Grazie per aver letto fino a qui. 💙
Alice
Quanti spunti di riflessione, in questo numero, Alice, grazie ❤️
Riguardo alla questione di Errejón, consiglio la lettura di questo libro: "La trama alternativa
Sogni e pratiche di giustizia trasformativa contro la violenza di genere" di Giusi Palomba.
Magari tu l'hai già letto, però te lo segnalo comunque anche perché magari può essere di interesse di chi ti legge :)
Un abbraccio!
La dolcezza dello spot "Una tradición que vivimos juntos" mi ha spiantato il ❤️ a lungo 🥹