#75 Libertà è partecipazione
Ho sentito uno scrittore dire che non esistono più movimenti collettivi e il suo discorso non mi è andato giù. Quindi oggi scrivo di scrittrici, proteste e partecipazione.
Ho ricominciato a seguire workshop di scrittura creativa. Perché sì, mi piace lavorare con la scrittura per il web e insegnare a scrivere in modo accessibile, ma voglio tornare ad ascoltare anche la me bambina che passava le giornate a riempire i quaderni con le storie che inventava.
Quella bambina si deve un po’ adattare, perché alla Alice di oggi piace creare ma anche occuparsi di temi sociali.
E quindi eccomi, con le idee ancora fumanti dopo aver terminato l’ultimo corso, una masterclass intitolata Writing for social change tenuta da Roxane Gay, autrice statunitense di origine haitiana, queer e femminista.
Roxane Gay mi aveva conquistata anni fa quando pubblicò il saggio Bad Feminist; imparare dalla sua esperienza come scrittrice, rumorosa e scomoda, mi ha rinvigorita.
(Per un ingresso rapido nella prosa tagliente di Roxane Gay, inizia da questo pezzo lungo pubblicato su BuzzFeed dieci anni fa: Not here to make friends, sull’importanza di protagoniste femminili antipatiche nel cinema e nella letteratura.)

Una delle lezioni della masterclass di Gay si intitolava Being a good literary citizen, come essere unə buonə cittadinə letterariə.
La lezione era dedicata a chi lavora o vorrebbe lavorare nel mondo letterario, ma le sue parole possono essere utili anche a chi si muove in altri settori. O, dico io, a chi sta cercando un modo per sentirsi utile per la collettività, pur muovendosi in una piccola nicchia di interesse.
Lo specifico perché da poco ho sentito un noto scrittore italiano lamentarsi del fatto che non esistono più i movimenti collettivi che lottano per un obiettivo comune, e questa frase mi ha fatto arrabbiare molto. Dove vivi, scrittore? Da che finestra guardi il mondo? 🤯
Insomma, torniamo a Roxane Gay. Ho tradotto questa parte del suo discorso (trascritto grazie ai sottotitoli della video-lezione — evviva i sottotitoli sempre!):
Che cosa vuol dire essere unə buonə cittadinə letterariə?
Non vuol dire fingere, ma contribuire alla comunità.
È più semplice di quanto sembri.
La comunità letteraria è piccola e affiatata; la reputazione conta e se si trattano male le persone, la voce corre.
Perché allora non scegliere la gentilezza?
Non costa nulla e non si sa mai quando, e in che modo, assumere comportamenti negativi si ritorcerà contro di voi.Questo non vuol dire che per contribuire alla comunità sia necessario aver pubblicato un libro. Potete fare comunque il vostro, e in diversi modi.
Se unə autorə fa un incontro in una libreria o biblioteca vicino a voi, potete sostenerlə partecipando all’incontro; comprate il suo libro, se potete permettervelo, o prendetelo in prestito in biblioteca.
Se avete letto un bel libro, parlatene online; il passaparola sui social media e su siti come Goodreads può fare molto per migliorare il profilo di unə autorə (e aiutarlə a sbarcare il lunario).
E se siete già scrittorə affermatə?
Vale tutto quanto detto sopra, e anche di più.
Potete parlare alle conferenze di scrittura quando vi invitano, partecipare come giudice ai concorsi di scrittura o scrivere un trafiletto per il libro di altre persone.Se non potete accettare un lavoro di scrittura o non sentite di essere la persona giusta, passate a chi voleva commissionarvi il lavoro una lista di nomi di persone che potrebbero essere disponibili. Io, quando contatto le persone che potrebbero sostituirmi, dico loro quanto mi è stato offerto in modo che possano ricevere la stessa retribuzione.
Perché, lo sappiamo, la gente pagherà di meno se può.
Con questo atto di trasparenza contribuite a migliorare la parità di retribuzione nel settore.Dedicate del tempo a fare da mentori a scrittorə che non hanno avuto accesso alle vostre stesse opportunità. A me piace fare da mentore soprattutto a donne nere e autorə queer.
In sostanza, praticate l’onestà e la solidarietà. Restituite alla comunità letteraria tanto quanto prendete.
Restituire tanto quanto prendiamo.
Tu lo fai? In che ambito? Se ti va di parlarne, scrivimi!
Di scrittrici italiane e comunità: Espérance Hakuzwimana
Apprezzo molto il lavoro di
, un’autrice che affronta i temi dell’identità, della rappresentazione delle persone con background migratorio e dell’accessibilità culturale nel nostro Paese.L’ultimo suo libro, pubblicato da Einaudi, si intitola Tra i bianchi di scuola e sviscera il tema della solitudine che provano le persone razzializzate con background migratorio nel sistema scolastico italiano.
Ti trascrivo un passaggio interessante dell’intervista:
Parlare in editoria di quanto l'editoria sia, passatemi il termine, bianca è fondamentale per riuscire anche a scardinare determinate dinamiche che continuano a manifestarsi.
Io mi chiedo: perché non ci sono editor, perché non ci sono correttori di bozze, perché non ci sono persone all'interno del sistema decisionale con background migratorio?
Per me è molto importante parlarne perché racconta anche del presente che viviamo e racconta delle grandi mancanze di questo paese, di cosa si sta perdendo, del capitale umano che perde, ma anche dell'opportunità di arricchirsi, di crescere, di poter davvero svilupparsi.
Contribuire, protestare, partecipare 📚
Di recente, dicevo poco più su, ho assistito alla presentazione dell’ultimo libro di un noto scrittore italiano che, tra altre pretenziose affermazioni, si è anche espresso contro le culture woke e della cancellazione. Vale sempre la pena, allora, chiarirsi le idee sul vero significato di queste espressioni: Vera Gheno ne ha parlato bene, come sa fare lei, in questa puntata del podcast Amare Parole.
Una settimana fa abbiamo riempito le strade per chiedere giustizia e politiche più incisive contro la violenza machista. Le foto pubblicate da Dinamo Press della marcia di Roma organizzata da Non Una di Meno restituiscono bene la rabbia e la determinazione con cui continuiamo a protestare.
Due giorni prima della marcia del 25N, invece, a Barcellona abbiamo riempito la Gran Via e fatto tintinnare le chiavi di casa durante la manifestazione contro il caro-affitti: per capire come si sta organizzando sul tema il sindacato delle inquiline (femminile sovraesteso) di Barcellona, leggi l’ultimo numero di Ibérica, “Smettere di pagare l’affitto”.

Hai già firmato per la campagna My voice, my choice: per un aborto sicuro e accessibile? Chiediamo alla Commissione Europea di sostenere economicamente gli Stati membri nel garantire che chiunque in Europa possa interrompere una gravidanza in condizioni di sicurezza e legalità.
Sei una persona che partecipa (per interesse o perché può fisicamente farlo) alle proteste pubbliche? Quali istanze ti hanno convinto a scendere in piazza a manifestare quest’anno? Il genocidio in Palestina, i diritti delle donne e del collettivo LGBTQIA+ e il caro-affitti sono state le mie.
Ho scoperto che esiste una mappa che registra tutte le manifestazioni anti-governative (solo quelle, è il suo limite) che si verificano nel mondo: è il Global Protest Tracker del Carnegie Endowment for International Peace, aggiornata al 14 novembre 2024.In questi giorni di bufera intorno alla fiera Più Libri Più Liberi e alla (per me, per molte) inaccettabile scelta di Chiara Valerio di invitare uno scrittore a processo per abusi contro l’ex compagna, ho letto tante cose. Tra le tante, consiglio questi Appunti su call out, accountability e creatività femminista dentro e fuori la rete di
, autrice del saggio La trama alternativa.
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Sono Alice Orrù, sarda emigrata a Barcellona nel 2012.
Fiera della sua residenza, la mia newsletter contiene incursioni di vita catalana e tanta, tanta salsa brava. 🍟
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Alice
Io non sono una scrittrice affermata - ma scrivo, e quindi sono una scrittrice, dice Donata Columbro, e io le credo. Decidere di usare la mia newsletter per parlare di roba scomoda, a tratti proprio difficile da digerire, per me è un atto di ribellione e di coraggio. Mi legge una bolla minuscola di persone, ma sono certa che spesso le mie parole servono a tramutare esperienze mie personali in istanze collettive. Grazie per questo numero, molto bello!
"Restituire tanto quanto prendiamo". Sono un'insegnante della scuola secondaria di primo grado e vedo succedere questo spesso e con altruistica gioia. Fare bene un lavoro che è così facile far male è complesso, ma quando si trovano insegnanti che danno tanto, alle proprie classi e ai propri colleghi e colleghe, restituire viene spontaneo e da quelle menti in collaborazione nasce una comunità di buone pratiche. Grazie sempre per gli ottimi spunti!