#79 Come parla Città del Messico
Un viaggio nella capitale messicana dove vive una parte della mia famiglia: rótulos, slogan che fanno venire fame, pittogrammi in metro e campagne contro la violenza di genere.
In questo episodio:
Perché Città del Messico è chiamata anche “il mostro”.
Come mi ha parlato, dopo sei anni dall’ultima visita, Città del Messico:
Le scritte sui muri e i rótulos.
La lettura facilitata e i pittogrammi del sistema di trasporto pubblico.
La comunicazione onnipresente sulla violenza di genere.
Altre curiosità da leggere e ascoltare su Città del Messico.
(Questo è un episodio ricco di foto: se lo leggi dall’email potresti vederlo tagliato. Alla fine dovresti comunque trovare il link per aprire la newsletter e leggerla dal browser senza tagli.)
Quando l’aereo scende di quota e Città del Messico inizia a riempire il finestrino intuisci perché la chiamano el monstruo (il mostro): non hai ancora poggiato i piedi a terra che già il tuo sguardo non capisce più se esistono confini per l’immenso reticolo di viali, edifici e orizzonti che ti si sta allargando sotto gli occhi.

Città del Messico, o CDMX per chi ama gli acronimi, è un’enormità personificata composta da 16 municipalità al cui interno si trovano 1812 colonie, il corrispettivo dei nostri quartieri.
Una megalopoli tentacolare fatta da sedici città in una, volendo semplificare.
Ci sono tornata lo scorso dicembre dopo sei lunghi anni per passare le feste con il lato messicano della mia famiglia. È stato il mio secondo viaggio in Messico; se la prima volta ero rimasta meravigliosamente sopraffatta dalle voci, i rumori e i colori della città-continente, stavolta sapevo cosa aspettarmi e sono riuscita ad ascoltare meglio le sue parole e a godermi le note più affini al mio sentire.
Cammino senza avanzare
circondato da città
Mi manca l’aria
mi manca il corpo
Un estratto di “Vuelta” del poeta Octavio Paz, tradotta da Franco Mogni
Le voci di Città del Messico
L’aria manca, soprattutto nei primi giorni, perché la città si trova a 2300 metri di altitudine e questo, in combinazione con lo smog, ha un impatto sul senso di stanchezza che mi fiacca a fine giornata.
Quella che non mi manca, però, è la bramosia di ascoltare la Città ora che la conosco meglio rispetto all’ultima visita. Pur senza strategia, in un movimento inconsciente ma costante, negli ultimi sei anni ho familiarizzato con la sua voce. Me l’hanno raccontata i ricordi delle persone della mia famiglia, le poesie di Octavio Paz, le persone italiane conosciute su Instagram che ci hanno vissuto per un periodo, la figlia unica di Guadalupe Nettel, l’umami di Laia Jufresa, il racconto per mappe e stazioni di Alessandro Raveggi (trovi tutti i link a fine newsletter).
Quello che segue è il filo che ho tirato in venti giorni di camminate e attraversamenti di Città del Messico; è solo una selezione di alcune delle migliaia di possibili voci con cui questa megalopoli è capace di annichilire e incantare.
Le scritte sui muri
Le prime parole che leggi quando inizi a passeggiare per Città del Messico vengono dai muri (ma anche dai pali della luce) e sono spesso disegnate a mano. Non parlo dei murales ma degli stencil pubblicitari e dei rótulos, gli annunci dipinti sui muri e sui chioschi della città:

Quella del rótulo è un’arte effimera tipica della capitale che ne disegna il paesaggio urbano e si vede soprattutto nelle decorazioni dei chioschi di cibo da strada e dei ristoranti tipici. Tradizionalmente i rótulos erano dipinti a mano, opera di rotulistas di professione, ma oggi sono sempre più sostituiti da stampe digitali.
Le voci dei rótulos sono una delle prime chiamate che senti appena arrivi a CDMX. Le scritte dalle lettere panciute, colorate di gialli, rossi e azzurri saturi, ti invitano a ogni angolo a mangiare ricos tacos, comprare pollos frescos, deliziarti con super tamales (massa di mais ripiena di carne o salse) o ricas botanas (noccioline e piccoli snack):
Il cibo è descritto con aggettivi semplici — rico (buono), delicioso, fresco, super — e, quando lo spazio lo permette, con illustrazioni antropomorfe: tamales come supereroi, maiali che saltano dentro pentoloni caldi, pronti a trasformarsi in ricas carnitas, polli che si autosacrificano, banchi di pesci che nuotano in massa come se non vedessero l’ora di diventare tacos de pescado.
Come racconta questo reportage di Bárbara García Gasca per SinEmbargo di cui ti traduco un passaggio (i grassetti sono miei):
[I rótulos] sono pensati per comunicare direttamente con i consumatori pur violando le norme grafiche convenzionali: le insegne trascendono il loro status di semplici comunicazioni commerciali servendosi di un’iconografia potente e accattivante.
[…]
Secondo Anamaría Ashwell, possiamo pensare che “questo tipo di decorazione divenne una sorta di scrittura pittorica facile e accessibile per essere letta da clienti che non sapevano né leggere né scrivere”: forme multicolori con frutti che fluttuavano eterei e colavano miele pubblicizzavano in lungo e in largo sul territorio messicano i negozi di gelati, ghiaccioli e succhi di frutta fresca.
Un’iconografia cittadina che in alcuni distritos della città è in via d’estinzione anche a causa di scelte politiche classiste e poco inclini a riconoscerne il valore culturale: lo racconta bene questo reportage visivo del New York Times.
La lettura facilitata
L’accostamento tra parole e illustrazioni è una costante della segnaletica di Città del Messico. Funziona così anche nell’intricata rete del trasporto pubblico via metro, nelle linee dei bus ufficiali e in quella del tren ligero (un treno di superficie che opera nella zona sud della città):

L’iconografia delle stazioni della rete dei trasporti pubblici della città è opera del designer statunitense Lance Wyman, autore del logo originale delle Olimpiadi di Città del Messico del 1968 e di tutto il sistema di mobilità integrata di CDMX.
Il destinatario finale del progetto era l'utente che di solito usa altri tipi di servizi pubblici e che aveva bisogno di una segnaletica chiara e oggettiva, in modo da potersi muovere senza confusione e in sicurezza all'interno del sistema di trasporto metropolitano.
Visto il successo dei loghi creati per i Giochi Olimpici del 1968, venne usato lo stesso stile iconografico, con dei riadattamenti. […]
Il nome e il logo della stazione dovevano avere un riferimento immediato al posto in cui si trovava, sia che si trattasse di un luogo storico, di un quartiere vicino, di personaggi illustri, ecc.
Il nome della stazione doveva essere composto da un'unica parola accompagnata da un pittogramma. Il nome della stazione e la parola che descrive il suo pittogramma sono indipendenti, così da facilitare le persone che non sanno leggere o quelle straniere.
Per esempio: la stazione Candelaria è rappresentata da una papera, richiamo all’antico mercato Candelaria de los Patos in cui, dopo la conquista spagnola, si vendevano molte anatre.
La scelta dei pittogrammi scava nella ricca varietà iconografica della Città e fa riferimento a varie epoche del Messico: quella preispanica e coloniale, il Messico dell’indipendenza e quella della Rivoluzione, arrivando fino ai giorni nostri.

Se ti interessa conoscere tutti pittogrammi del sistema di trasporti metropolitani e il loro significato, il blog di Júbilo ne fa una rassegna completa.
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La comunicazione sulla violenza di genere
Nonostante gli sforzi crescenti a livello istituzionale, in Messico persiste un allarmante problema di violenza di genere.
Secondo i dati più recenti dell’istituto nazionale di statistica (INEGI), il 70% delle donne messicane maggiori di 15 anni ha subito almeno un episodio di violenza (psicologica, economica, patrimoniale, fisica, sessuale o altra discriminazione) nel corso della vita. A Città del Messico la percentuale sale al 76%.
Rispetto all’esperienza di sei anni fa, stavolta ho trovato molte più campagne di sensibilizzazione sulla violenza di genere. Le vedi dappertutto: per strada, sui mezzi pubblici, nelle stazioni della metro.
Questo è un collage fotografico di alcune delle comunicazioni che ho trovato durante i miei spostamenti:
Il banner della campagna Viaja segura, “viaggia sicura”, su un vagone della metro.
La campagna si basa su tre assiomi: te escuchamos, te creemos, te acompañamos (“ti ascoltiamo, ti crediamo, ti accompagnamo”). Il numero di telefono *765 ti mette in contatto con la polizia o il personale del servizio di trasporto a cui si può richiedere assistenza istantanea, ma anche psicologica o legale. Perché, come dice il testo della seconda colonna te creemos, “puoi denunciare al momento dei fatti o quando decidi sia meglio farlo.”
Noto con soddisfazione che l’hashtag #ConmigoViajaSegura è scritto in Camel Case, cioè le parole che lo compongono iniziano con la lettera maiuscola: è il modo più accessibile per scrivere gli hashtag, bene!Un adesivo della stessa campagna sul finestrino dell’autobus.
Al centro del cartello c’è un pittogramma di divieto che rappresenta un uomo che mette la mano sotto la gonna di una donna. Il testo sotto dice Zona libre de acoso sexual (“area libera dalla violenza sessuale”): magari fosse così semplice, ho pensato, ma ehi, ci si prova.Un pulsante di allarme dell’iniziativa Sendero Seguro, cioè “percorso sicuro”.
Esistono più di 28 mila pulsanti di allarme attaccati ai pali della luce di diverse zone della Città (questo nella foto è a Coyoacán). Quando premuto, il pulsante attiva un allarme sonoro, luci stroboscopiche e una registrazione video — ci sono 77 mila telecamere connesse al servizio di assistenza alla cittadinanza — che viene inviata alla stazione di polizia più vicina. Il pulsante esiste anche in forma virtuale e si può attivare tramite App CDMX, l’app ufficiale della città. Oltre ai lampioni e ai pulsanti di emergenza, l’iniziativa Sendero Seguro ha incluso il miglioramento della segnaletica stradale e dei marciapiedi, la potatura degli alberi e la pulizia delle strade per facilitare il traffico, con l’obiettivo di rendere più sicure le strade.Il dissuasore rosso che nelle fermate di metro e tren ligero segnala l’inizio dei vagoni esclusivi per donne e persone minori di 12 anni.
Il testo dice: “Gli spazi esclusivi servono alle donne per viaggiare senza subire violenza sessuale. Rispettali! Con l’impegno di tutte e tutti possiamo costruire un mondo libero dalla violenza contro le donne.”
C’è però un fatto da segnalare: i vagoni del treno e della metro sono comunicanti, quindi una volta saliti sul mezzo si può comunque accedere al vagone esclusivo.
In una stazione della metro ho poi fotografato questo cartello che ho trovato molto completo per spiegare tutti gli atteggiamenti che rientrano nella violenza sessuale:

Lo traduco perché secondo me è un utile promemoria anche da questo lato dell’oceano:
molestie verbali
allusioni sessuali
palpeggiamenti
fischi
scatto di fotografie senza consenso
essere bloccate in un angolo del vagone
sguardi lascivi
pedinamenti e inseguimenti
esibizionismo
Non ho bisogno di un sondaggio ufficiale per immaginare che un’altissima percentuale delle donne che mi stanno leggendo ha subito almeno uno di questi atteggiamenti sui mezzi.
Ti piace scoprire campagne di marketing, iniziative e letture originali che parlano di inclusione e accessibilità digitale? Ojalá è nata per questo:
Altre curiosità da scoprire su CDMX ✨
Ti lascio una lista di letture, ascolti e visioni per conoscere un po’ meglio l’attualità di Città del Messico e le sue poliedriche voci:
Libri:
Umami, di Laia Jufresa. Una storia in cui si incrociano le vite di sette personaggi durante un’afosa estate a CDMX. Tradotto in italiano da Giulia Zavagna per Edizioni Sur.
La figlia unica, di Guadalupe Nettel. Una storia di amicizia, famiglia non tradizionale e dilemmi di maternità a Città del Messico. Tradotto in italiano da Federica Niola per La Nuova Frontiera.
A Città del Messico con Bolaño. Un racconto per mappe e stazioni, di Alessandro Raveggi, Giulio Perrone Editore.
Le librerie di Città del Messico sono una gioia inarrestabile per chi ama leggere: non so quanto tempo (ed euri!) ci ho speso durante queste vacanze. Questo articolo di Hotbooks elenca le librerie più belle e siccome ho visitato quasi tutta la lista gli do ragione: aggiungerei anche U-Tópicas, specializzata in femminismi e movimenti sociali, e Somos Voces, la libreria cittadina con il più grande catalogo di letteratura LGBTQIA+.
Audio e social:
Un incantevole percorso visivo-sonoro di Città del Messico, opera della redazione The Pudding: se vuoi sapere cosa ti aspetta o hai nostalgia della città, ascoltalo in loop.
L’incantevole profilo Instagram del fotografo Santiago Arau, famoso per i suoi impressionanti ritratti aerei di Città del Messico.
Serie tv:
Ojitos de huevo, una carinissima commedia Netflix il cui protagonista, Alex, è un ragazzo cieco che sogna di fare il comico. Con il suo migliore amico/manager Charly, che invece ha difficoltà motorie a causa della paralisi cerebrale, decide che i suoi obiettivi professionali possono realizzarsi solo a CDMX… megalopoli che, ti assicuro, è davvero poco accessibile. La serie lo mostra in modo molto preciso, senza mai cadere nel pietismo. Bella!
La flor más bella, altra breve serie Netflix che ha per protagonista Mich, una teenager che vive con la sua famiglia chilanga (così si chiamano le persone che vivono a CDMX) a Xochimilco, nel sud della città. Da vedere anche per capire alcune delle dinamiche classiste/razziste che ancora permeano la vita nella città. Per me ha un valore affettivo perché Xochimilco è il coloratissimo distrito in cui vive la mia famiglia.
Per questa settimana chiudo qui.
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Sono Alice Orrù, sarda emigrata a Barcellona nel 2012.
Fiera della sua residenza, la mia newsletter contiene incursioni di vita catalana e tanta, tanta salsa brava. 🍟
Grazie per aver letto fino a qui. 💙
Alice
Preziosa come sempre, Alice. E ho imparato un'altra cosa nuova, anzi due: che gli hashtag con le iniziali maiuscole si chiamano Camel Case e che sono più leggibili, quindi più accessibili. Grazie!