#80 Non siamo ancora dinosauri
Possiamo crescere prima di estinguerci. Per farlo però dobbiamo guardarci attorno, ascoltare e capirci con reciprocità.
In questo episodio:
Approfondimento non mio sull’apparente crollo del mito della DEIB (Diversity, Equity, Inclusion, and Belonging) aziendale.
Quanti modi ci sono di navigare sul web? Un utile progetto interattivo del team accessibilità del governo britannico che fa efficacemente leva sull’effetto San Tommaso.
Una serie tv inglese che sembra parlare di dinosauri invece è una bella rappresentazione della quotidianità di una donna trentenne autistica. E dell’importanza dell’amicizia e della famiglia in un mondo zeppo di faticose aspettative sociali.
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✨ Le scintillanti policy non bastano più: quasi tre anni fa intitolavo così un episodio di Ojalá, la mia newsletter sulla comunicazione inclusiva e accessibile.
Lo ribadisco forte oggi, mentre dall'altro lato dell'oceano arrivano le notizie dell'apparente crollo del mito della DEIB (Diversity, Equity, Inclusion, and Belonging) aziendale.
Ho riaperto quel vecchio ma ancora ancora attuale episodio, così puoi leggerlo anche senza l’abbonamento a Ojalá.
In questi giorni le opinioni su questo cambio di rotta (che poi, in molti casi, era solo un modo per lavarsi la coscienza) abbondano, per cui non aggiungerò la mia. Anche perché, se leggi Ojalá da qualche tempo, la mia opinione sulla moda di dirsi inclusivi dovresti conoscerla già bene.
Se vuoi approfondire, ti consiglio di leggere questo articolo: La DEI in US sta perdendo potenza. Succederà anche in Italia? di Shata Diallo su LinkedIn.
Qui, invece, in questo spazio che presto compirà quattro anni e che ama saltare fuori dai binari delle conversazioni mainstream, mi voglio soffermare su una recente scoperta, molto utile per capire perché abbiamo sempre più bisogno di un web accessibile.
Quanti modi ci sono di navigare sul web?
Helena ha 34 anni e da qualche tempo le è stata diagnosticata la discalculia, condizione che le rende molto difficile comprendere e usare concetti matematici e numerici. Questo naturalmente le crea diversi problemi nella vita quotidiana.
Si trova in difficoltà, per esempio, quando deve ricordare codici, password o numeri con più cifre.
Ha bisogno di aiuto quando deve fare delle pianificazioni orarie. Spesso fa fatica a decifrare i numeri che contengono più di uno 0 e si sente sopraffatta se una pagina web contiene troppi numeri.
Di sé dice:
I numeri per me sono come una lingua diversa. Faccio fatica a leggere, capire e lavorare con i numeri. Mi affido a strumenti tecnologici, persone amiche e della famiglia per usare servizi anche semplici.
Riesci ad aiutare Helena a noleggiare un’auto?
Oggi Helena deve noleggiare un auto da questa pagina web (in inglese). Sai dirle qual è il suo numero di riferimento e quanto pagherebbe per affittare una macchina con cui percorrere 57000 miglia?
Pawel invece ha 24 anni e una laurea in chimica. È nello spettro autistico e ha un disturbo d’ansia.
Quando naviga sul web preferisce modificare alcuni elementi della pagina, come i colori, per ridurre il potenziale stress e le distrazioni. Nonostante questi aggiustamenti, quando naviga si distrae facilmente ed è tentato di leggere e cliccare su tutti i contenuti della pagina.
Fosse per lui, la pagina web ideale conterrebbe poco testo e pochi link. In più, i contenuti in movimento, come i banner o i video, lo distraggono e anche i colori fosforescenti o troppo brillanti gli danno fastidio.
Pensa che sul web si dia troppo per scontato che le persone che visitano un sito web abbiano già una certa conoscenza degli argomenti trattati nelle pagine.
Non ama parlare al telefono, ma molte aziende permettono solo un contatto telefonico invece che tramite email o live chat.
Di sé dice:
I siti web possono essere molto distraenti. A volte ci metto una vita a fare qualcosa perché mi sembra di dover leggere ogni parola e cliccare su ogni link.
Riesci ad aiutare Pawel a prenotare il vaccino?
Oggi Pawel vorrebbe prenotare il vaccino per l’influenza da questa pagina. Riesci a capire dove può farlo e che pulsante cliccare per inviare la sua richiesta?
Helena e Pawel non sono persone reali ma due accessibility personas scritte dal team accessibilità che collabora allo sviluppo di GOV.UK, il sito ufficiale del Governo britannico.
Nel gergo del design e del marketing, le personas sono immaginari ma realistici utenti-tipo che dovrebbero rappresentare — con le dovute generalizzazioni — le persone che useranno un sito web, un servizio o un prodotto.
Amplio il concetto con la definizione che ne fa il team di Designers Italia, il progetto aperto e promosso dal Dipartimento per la trasformazione digitale per diffondere la cultura della progettazione nella Pubblica Amministrazione e realizzare servizi digitali semplici, accessibili, equi e inclusivi per tutta la cittadinanza:
Le personas sono archetipi mirati a rappresentare le caratteristiche essenziali che accomunano un certo gruppo di utenti e a definire delle personas, cioè dei costrutti focalizzati sull’esprimere l’attitudine, il comportamento e il modo di pensare degli utenti nell’interazione con il servizio pubblico. Gli archetipi, sono infatti dei modelli che descrivono i principali schemi di comportamento adottati rispetto a un determinato contesto.
Le accessibility personas, quindi, sono utenti-archetipi che presentano specifiche necessità legate all’accessibilità. Il team ne ha create otto; oltre a Helena e Pawel, ci sono anche persone dislessiche, ipovedenti, persone di età alta con la cataratta o altre che a causa dell’artrite reumatoide non possono usare il mouse. Tutte esperienze da conoscere, soprattutto se non le hai mai conosciute nemmeno per interposta persona.
Se conosci già il gran lavoro istituzionale del governo britannico in tema di content design, il fatto che abbiano scritto questi casi studio con le accessibility personas non ti stupirà.
Se invece è la prima volta che ne senti parlare, sappi che il governo britannico è da anni una delle fonti più rinomate di risorse per capire come progettare e scrivere siti web chiari, usabili, efficaci. Siti accessibili per la cittadinanza, prima di tutto, che dovrebbe essere l’obiettivo primario dell’amministrazione pubblica.
Questione di rappresentazione
Se hai provato ad aiutare Helena e Pawel a trovare le informazioni che cercavano, lo hai sperimentato in presa diretta: navigare sul web quando si hanno specifiche necessità in termini di accessibilità può diventare un’impresa.
L’utilità di questa interazione cone le accessibility personas è capire la natura pratica dei problemi che si possono incontrare quando si naviga siti web scritti e codificati male.
Le pagine del progetto di GOV.UK sono una simulazione, e sono state codificate appositamente per rendere difficile, se non impossibile, il corretto completamento del compito.
Nella realtà, per fortuna, esistono tecnologie assistive che possono mitigare alcune delle conseguenze dei siti web inaccessibili. Ma questo non significa che il web, per come è oggi, vada bene così: secondo il barometro 2024 di ContentSquare Foundation, solo il 7% dei siti web ottiene punteggi ottimali in termini di accessibilità.
La leva San Tommaso a volte mi sta antipatica, ma fa il suo
La santommasiana pratica di dover provare direttamente una difficoltà prima di comprenderne l’impatto nella quotidianità delle persone è un concetto che, di base, mi infastidisce: l’accessibilità digitale è un diritto umano e le persone che ne hanno bisogno non dovrebbero sprecarsi in nessuna prova di convincimento di questo fatto incontestabile.
Non sapere direttamente cosa significa navigare sul web quando si è una persona cieca, sorda, con un disturbo d’ansia o qualsiasi altra condizione che complica azioni reputate semplici e quotidiane, non giustifica il rifiuto generalizzato dell’adozione di soluzioni accessibili. È un discorso che vale online come nel mondo fuori dagli schermi.
Per esperienza professionale, posso confermare che spesso incontriamo resistenza quando proponiamo soluzioni web accessibili. Una resistenza che nasce dall'idea errata e non informata che accessibilità faccia rima con semplicistico o graficamente sciatto.
Eppure è vero — l’ho sperimentato e sarà capitato anche a te — che valutare di prima mano certe difficoltà aiuta a calarsi nei panni delle persone che le vivono. Accorcia le distanze, permette di empatizzare meglio e, si spera, chiedere e pretendere un web (un mondo) più accessibile.
Le soluzioni, alla fine, sono più semplici di quanto si creda
Lo dimostra lo stesso progetto delle accessibility personas.
Helena riuscirebbe a noleggiare l’auto con molta più facilità se il contenuto delle pagine fosse più semplice da leggere: basterebbe per esempio dividere il testo in paragrafi preceduti da titoli chiari; aggiungere didascalie descrittive alle tabelle; aggiungere un titoletto a ogni colonna della tabella; spiegare meglio le informazioni offerte con un linguaggio chiaro.
Per Pawel, invece, la prenotazione del vaccino è molto più veloce quando si rimuovono dalla pagina elementi ansiogeni come il countdown che segna il tempo rimanente per trovare la risposta; quando la pagina è divisa in paragrafi e titoli facili da scansionare a prima vista; quando i pulsanti non sono descritti in base al colore ma in base al testo che contengono (“Fai clic sul pulsante Invia” invece di “Fai clic sul pulsante azzurro”).
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Dinosaur: l’importanza della rappresentazione (fatta bene) ✨
Dinosaur è una commedia prodotta da BBC Comedy e scritta da Matilda Curtis e Ashley Storrie. La protagonista è Nina (Ashley Storrie), una trentenne autistica, paleontologa (ecco i dinosauri!) che ama la sua vita con Evie, sua sorella nonché migliore amica.
Il rapporto tra le due, che ha virato verso la co-dipendenza, vive un grande scossone quando Evie si innamora di Ranesh e decide di sposarsi a brevissimo giro. Una frenesia che Nina non capisce e, inizialmente, non approva: non solo perché la considera pericolosa per la stabilità di sua sorella (che invece non vede l’ora di fare qualcosa che i suoi genitori approveranno e considereranno adulto), ma anche per il prossimo cambiamento dell’equilibrio felicemente routinario della loro vita insieme.
Le storie a questo punto si incrociano con quelle di altre personaggi per parlarci di rapporti che cambiano, lacci familiari che evolvono e dilemmi dell’adultitudine.
A me è piaciuta molto e ho apprezzato tantissimo il fatto che Ashley Storrie, l’attrice protagonista e co-autrice della serie, sia lei stessa autistica. Questo ha permesso una narrazione autentica e non stereotipata, dove le caratteristiche di Nina non sono mai macchiettistiche ma rappresentate con naturalezza per contestualizzare il suo modo di vivere le reazioni e gli alti e bassi della vita.
Come racconta Storrie in questo pezzo che contiene interviste a tutte le persone del cast della serie:
[Nina] è schietta e diretta, credo che a volte lo sia anche più di me. Spesso ho provato un po' di invidia per questa sua caratteristica. Lei vive pienamente la sua identità, mentre io a volte indosso ancora una maschera per cercare di essere qualcos'altro, quindi a volte mi ritrovo a invidiarla un po'.
In un’altra interessante intervista per Thinking Person’s Guide to Autism, l’attrice evidenzia un punto di vista interessante della narrazione dell’autismo nei media e che in Dinosaur è stato preso molto a cuore:
Domanda: Come ti senti a portare il peso della rappresentazione dell'autismo? E, se lo senti, come riesci a gestirlo in modo da metterlo su un piano divertente?
Risposta di Storrie: Sento senza dubbio l’onere di rappresentazione, penso che ricada su chiunque abbia l'opportunità di rappresentare una comunità che è stata poco assistita e sotto-rappresentata. Quando finalmente abbiamo la possibilità di una rappresentazione, tutti vorrebbero rivedersi in quel prodotto e questo è davvero difficile da fare, specialmente con l'autismo che è uno spettro.
È come una sfera di bisogni e ogni persona autistica ne ha di diversi. Ho visto un bel TikTok in cui una persona diceva che è un concetto simile a un'impronta digitale: ogni persona è diversa, quindi anche l'autismo di ogni persona è diverso.
Per gestire questa responsabilità mi dico che anche se non tutte le persone si identificheranno con la mia rappresentazione, almeno qualcuna sì.
E per quella persona che magari non si è sentita vista in passato, è utile anche sentire altre persone che guardano la serie e che dicono: “No, questo è sbagliato. Il mio autismo non è così.” Credo che dovremmo essere più benevolenti e avere più empatia per le autrici e gli autori che provano a fare del loro meglio.
Altre curiosità da scoprire ✨
Visto che questo episodio di Ojalá è più colorato grazie alle illustrazioni di Disabled and Here, ti ricordo questo mio articolo dove elenco tutte le banche immagini inclusive che conosco e che rappresentano la diversità umana a tutto tondo.
Su Pikara Magazine ho trovato un fantastico glossario queer in lingua dei segni spagnola.
Grazie a un post su LinkedIn di Giovanni Invernizzi ho scoperto che a Milano si può fare una visita guidata all’Accessibility Discovery Center di Google: è uno spazio che vuole creare consapevolezza sul tema dell’accessibilità e della disabilità, dove scoprire prodotti e soluzioni hardware, software e videogiochi adattati alle esigenze delle persone con disabilità.
L’accessibilità è una scelta, ricorda questa serie di interviste sul blog del Sistema Sanitario Inglese (NHS). Claire Dellar, per esempio, racconta di quanto tempo spende in conversazioni che iniziano così: «Mi dispiace ma non posso compilare il tuo report, non è accessibile per me. Può inviarmelo in un altro formato?».
A proposito di programmi DEIB cancellati nelle aziende, Samantha Riedel scrive per Them un riassuntone sulle 12 aziende che hanno ceduto all'agenda anti-woke della destra.
Ti piace scoprire campagne di marketing, iniziative e letture originali che parlano di inclusione e accessibilità digitale? Ojalá è nata per questo:
Per questa settimana chiudo qui.
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Sono Alice Orrù, sarda emigrata a Barcellona nel 2012.
Fiera della sua residenza, la mia newsletter contiene incursioni di vita catalana e tanta, tanta salsa brava. 🍟
Grazie per aver letto fino a qui. 💙
Alice
Le accessibility personas di GOV.UK mi ricordano il modo in cui Marco Bertoni affronta il tema dell'accessibilità digitale nel suo libro "People matter", attraverso user stories, a sua volta basato su Making Content Usable for People with Cognitive and Learning Disabilities, del W3C. Utilissimo tutto, come sempre. Grazie!