#28 Le scintillanti policy non bastano più ✨
Piccoli ma concreti passi per iniziare a rendere il tech un posto più accessibile e rispettoso.
Sono tornata sana, salva e contenta dal WordCamp Europe.
La tecnica per "alleggerire la maschera" di cui ho parlato nella scorsa newsletter ha funzionato. Probabilmente ha inciso anche il fatto che, per la prima volta, ho assistito all'evento come freelance e non come rappresentante di un'azienda.
E questo mi ha regalato taaaaanta tranquillità e buen rollo, come si dice in Spagna.
Il mio workshop su come combinare le buone pratiche di copywriting con la scrittura di testi alternativi accessibili è andato molto bene.
Il messaggio principale che ho voluto lasciare a chi ha partecipato è stato: l'accessibilità digitale è alla portata di chiunque.
E non lo dico tanto per dire. È vero, l'accessibilità digitale è un campo sterminato, spesso molto tecnico, all'apparenza ostico. Ma credimi: c'è anche tantissimo spazio per chi di tecnica ne sa poca eppure passa le sue giornate online (e chi tra noi non lo fa, in un modo o nell'altro?).
Per esempio: scrivere i testi alternativi per le immagini che carichiamo sul web (sui nostri blog o sui nostri account social) è un gesto semplice e di grande rispetto.
Abbiamo poche scuse: sia i CMS come WordPress che le piattaforme social ci permettono di farlo con pochi clic. Basta ricordarlo.
Ci sono tantissime altre piccole ma incisive azioni quotidiane che possiamo adottare per rendere più accessibile e rispettoso il modo in cui popoliamo il web: evitare i font speciali, scrivere sottotitoli significativi per le nostre storie su Instagram o per i nostri video YouTube, usare con parsimonia le emoji...
Ti lascio questo articolo che ho scritto qualche mese fa: contiene una bella lista di azioni da mettere in pratica subito. Vedrai che fare i primi passi nel mondo dell'accessibilità digitale non è poi così difficile:
Come usare un linguaggio inclusivo e accessibile sui social media.
Ho appena finito di disfare una valigia e presto ne preparerò un'altra: sapevo che giugno sarebbe stato un mese intenso, e lo accetto così. Con pazienza ma anche con molto entusiasmo (e non solo perché le ferie si avvicinano!).
In questa modalità trottola, non ho fatto in tempo ad analizzare una nuova parola per il mini-glossario della comunicazione inclusiva.
Quindi lascio la palla a te: che termine vorresti trovare in un prossimo numero della rubrica? Qual è la parola o l'espressione che vedi rimbalzare da una pagina all'altra quando si parla di linguaggi inclusivi? Quale vorresti approfondire?
Rispondi pure con un'email, ti ascolto e prendo nota.
Le policy di D&I non bastano più
Questa newsletter sarebbe stata più breve se venerdì scorso non avessi partecipato a un evento organizzato dalla rete globale WomenTech Network.
La conferenza barcellonese del network si è tenuta nei fantastici uffici di un'azienda tech che sviluppa l'app forse più usata nella penisola iberica.
Ne parlo non perché mi abbiano colpito i contenuti, anzi: l'agenda era molto scarna e ho avuto l'impressione di assistere a un evento di reclutamento nuove leve piuttosto che a una conferenza dedicata a sviscerare il tema delle donne nel settore tech.
Però mi ha colpito molto la reazione del pubblico, e la voglio condividere con te.
Per un'ora e mezza abbiamo ascoltato persone dello staff dell'azienda snocciolare dati e slide sulle policy per colmare il gap di genere.
Le loro percentuali di impiego di donne nei dipartimenti più tecnici sono ancora piuttosto basse, intorno al 21%. Ne sono consapevoli, ci hanno detto più volte.
Ma poi, come spesso accade in questo tipo di eventi, i numeri sono stati spinti in secondo piano, silenziati dai grandi paroloni del momento: diversity e inclusion (D&I per i fan), innovazione, iniziativa, politiche di eguaglianza, workplace happiness.
Un copione ben oliato che mi è capitato di veder replicato in diverse lingue, Paesi e uffici. Che noia, la verdad.
Le persone del pubblico devono aver sentito lo stesso fastidio mio, e infatti la parte migliore della conferenza è stata il momento delle domande.
Te ne riporto alcune:
1. Complimenti per le vostre policy di D&I, ma per la precisione quanta diversità c'è nel team di sviluppo del prodotto? Ve lo chiedo perché nella sezione Profilo della vostra app si possono scegliere solo due opzioni alla voce Genere: uomo e donna. Questo va contro i principi del design inclusivo. Chi sta lavorando a questo aspetto?
2. Le percentuali sulla soddisfazione dei dipendenti che ci avete presentato sono molto positive, complimenti. Ma mi è sembrato di capire che siano state calcolate sulla popolazione totale dell'azienda: avete i dati scorporati sulla soddisfazione delle donne e persone non binarie che lavorano per voi? Sono simili a quelle del totale?
3. Quante delle vostre dipendenti donne occupano posizioni di leadership in azienda?
4. La vostra policy di D&I è chiara. Ma potreste darci più dettagli su come vi state muovendo nella pratica per inserire più donne nel vostro dipartimento tech? Organizzate eventi nelle università o in altri contesti? Come fate, nella pratica, a realizzare le vostre politiche di inclusione? E quali sono le vostre politiche di fidelizzazione (retention per i fan) delle persone appartenenti a minoranze che lavorano per voi?
Le risposte a queste domande sono state per lo più generiche e poco convincenti. Il capo di uno dei dipartimenti tech, un uomo sulla quarantina, ci ha però tenuto a dire quanto, come leader di una squadra, sia importante che chi copre ruoli di responsabilità possa lavorare in un safe space (ah sì, avevo dimenticato questa parola chiave). Uno spazio sicuro dove anche i leader possono sbagliare e imparare dagli errori.
Non ha però specificato come questo safe space venga declinato per chi si trova più in basso nella gerarchia aziendale.
E non perché non venga fatto: vedo che gli annunci di lavoro dell'azienda includono condizioni e benefit attenti ai bisogni delle persone e al loro equilibrio psico-fisico. Ma credo che le persone che abbiamo incontrato dal vivo non fossero pronte a un pubblico così preparato e interessato alla pratica, non solo alle parole.
Cosa mi ha dimostrato questo evento?
Che le persone non si accontentano più di scintillanti policy di inclusione, percentuali e presentazioni aziendali.
Prima di dare fiducia a un'azienda pretendono risposte. Capire cosa si fa davvero per risolvere il gap di genere. Dove si trovano le risorse. Come si intervistano le persone. Cosa si offre loro, in termini economici e di avanzamento di carriera.
Avere le risposte è fondamentale. Tutto il resto è slide.
Letture, visioni, ascolti che ti consiglio
Immigrant Strong è la newsletter di Vesna Jaksic Lowe, scrittrice e consulente di comunicazione nata in Jugoslavia ed emigrata prima in Canada e poi negli Stati Uniti. La sua newsletter parla di storie, lotte, trionfi e curiosità delle vite di persone immigrate e rifugiate, provenienti da diverse zone del pianeta.
Tutti i video degli Accessibility Days, che si sono tenuti a fine maggio a Milano, sono online. È una raccolta di materiale prezioso e aggiornato per iniziare a orientarsi su diversi aspetti dell'accessibilità digitale. Un vero tesoro!
I corsi di Caipiroska Lab per imparare l'arte dello UX Writing. Su Valentina Di Michele e Andrea Fiacchi non ho dubbi: sono due docenti incredibili. Prima di scriverci un libro insieme (💙), ho seguito diversi loro corsi e mi sono portata a casa quintalate di insegnamenti utili per il mio lavoro. So cosa c'è dietro i corsi della loro piattaforma Caipiroska Lab: concretezza, strategie pratiche, esercizi e una generosa condivisione della conoscenza. Se lo UX Writing ti incuriosisce e credi che l'estate possa essere un buon momento per iniziare un nuovo percorso, vai di Caipiroska!
Riusciamo a incontrarci dal vivo?
Nel mio trottolare estivo passerò in Italia due volte:
- Il 17 giugno sono a Rimini per il Web Marketing Festival. Alle 9:35, con Valentina Di Michele, Andrea Fiacchi ed Elena Panciera come moderatrice, presentiamo il nostro libro "Scrivi e lascia vivere. Manuale pratico di scrittura inclusiva e accessibile" edito dal marchio Flakowski di Flaco Edizioni. È la prima presentazione ufficiale, e bueno, serve dirti che sono emozionatissima? Se anche tu sarai al WMF scrivimi, così ci salutiamo!
- L'8 e 9 luglio sono a Modena per Play Copy, il convegno immersivo sul copywriting e sul branding organizzato da Pennamontata. Quest'anno, oltre alla mitica Valentina Falcinelli, calcano il palco persone come Annamaria Testa, Annamaria Anelli, Ella Marciello, Fabrizio Acanfora... Mi capirai quindi se sento il bisogno di ripetere ODDIO, QUANTO SONO EMOZIONATA! Io terrò una masterclass intitolata "Fatti leggere(zza): scrittura inclusiva e accessibile per testi consapevoli". C'erano solo 100 posti e sono andati a ruba (❤️): se te ne sei aggiudicato uno, fammelo sapere; se invece non riuscirai a partecipare alla masterclass ma sarai comunque tra il pubblico del convegno, ci vediamo lì!
Per questo lunedì ho finito. Se vuoi lasciarmi un'opinione, una richiesta di contenuti futuri o di collaborazione, scrivimi senza problemi.
Ti basta rispondere a questa email.
A presto,
Alice