#49 C'è aria di pride
Dal Pride di Atene finito troppo presto all'iniziativa italiana per rendere il mese del Pride più accessibile per chiunque.
Due sabati fa, chiuse le due giornate di WordCamp Europe ad Atene, sono andata al Pride cittadino con due delle mie persone preferite.
La marcia doveva partire da Plaza Kotzia, a due passi dal Mercato Centrale di Atene. Dico “doveva partire” perché nel giro di un’ora e mezza abbiamo percorso meno di cinquanta metri, senza capire cosa stesse trattenendo il corteo.
Arenate tra la folla che scalpitava e un enorme carro brandizzato di un’azienda di cosmesi, abbiamo deciso di fare retromarcia e salutare il Pride ateniese. Che però è stato bello da respirare e da leggere:
Poco dopo, anche grazie a messaggi allarmati di amici, abbiamo saputo che la circolazione della manifestazione è stata interrotta quasi sul nascere da un gruppo di fascisti che hanno attaccato delle persone trans alla testa del corteo.
I Pride dovrebbero essere eventi sicuri di rivendicazione dei diritti, ma la verità è che, come capita nella quotidianità di ogni giorno dell’anno, le cose sono molto diverse e le persone che rientrano nel grande ombrello dell’acronimo LGBTQIA+ sono a rischio. Sempre.
Pride, ma anche accessibilità: SondaPride
Se ai rischi legati alle discriminazioni omobitransafobiche aggiungiamo le difficoltà di partecipare in presenza ai Pride – che sono eventi massivi, gioiosi ma fisicamente faticosi e rumorosi – è facile immaginare quante persone rinuncino a scendere in strada per un concreto problema di accessibilità.
Per sondare lo stato delle cose e analizzare i Pride anche dal punto di vista dell’accessibilità, c’è un progetto a cui ti consiglio di dare un’occhiata: SondaPride.
SondaPride nasce l’anno scorso da un’idea di Simone Riflesso che (parole sue) è content creator disabile, graphic designer, copywriter, illustratore, social media manager, pensionato, atleta e combattente che veste alla marinara.
Si tratta della prima mappatura del livello di inclusione della disabilità all’interno degli eventi pride italiani ed è un lavoro enorme che parte da queste domande:
Quale spazio hanno le persone disabili e neurodivergenti lgbtq+ all’interno delle manifestazioni? Qual è il livello di accessibilità dei pride e delle iniziative ad essi collegate? Quale spazio ha la disabilità nelle iniziative di rivendicazione dell’orgoglio queer?
L’anno scorso hanno risposto al questionario di Simone 42 persone organizzatrici di Pride italiani e 161 partecipanti disabili e neurodivergenti: i risultati di SondaPride 2022 si leggono qui.
Se vuoi, puoi aiutare Simone a completare la ricerca per SondaPride 2023: questo è il modulo per chi organizza i Pride, mentre qui c’è il questionario per chi partecipa a una o più manifestazioni.
Se poi vuoi capire come si organizza un Pride accessibile (ma, in realtà, anche qualsiasi altra manifestazione simile), sempre nel sito web di Simone trovi le linee guida complete, stilate grazie al contributo di persone con diverse intersezioni identitarie: linee guida per un evento Pride accessibile.
L’inclusione e l’accessibilità dei Pride passa anche dal modo in cui vengono comunicati. Un buon esempio è stato il Pride di Padova, organizzato anche grazie al contributo dell’associazione Progetto Tiresia. La loro pagina dedicata all’accessibilità è opera di Elena Panciera e secondo me è un ottimo esempio di scrittura accessibile e inclusiva.
Sei per caso a Bologna oggi?
Questo numero di Ojalá oggi è più corto del solito perché l’ho scritto tra un treno e l’altro.
Sono arrivata da poco a Bologna, dove tra qualche ora parteciperò a Oltre le Parole, l'evento organizzato da Coop Italia e Arcigay con la produzione di Freeda Media:
Insieme a Natascia Maesi, presidente di Arcigay, Simone Alliva, giornalista dell’Espresso, e Stefano Libertini, musicista in arte Protopapa, parleremo del potere dei linguaggi inclusivi per contrastare i discorsi d'odio verso le persone della comunità LGBTQIA+.
🗓 Oggi, 21 giugno alle ore 17.
📍 Spazio DumBO, Via Camillo Casarini, 19, Bologna.
Oltre alle nostre parole sul palco (e alla musica di Protopapa!), ci saranno anche diversi pannelli di approfondimento da leggere: dati e storie sullo stato dell'omobitransafobia in Italia, una cronologia della storia del movimento di liberazione LGBTQIA+, un glossario sui termini che è importante conoscere per parlare consapevolmente della comunità.
Per questa occasione ho scritto anche un vademecum per parlare in modo rispettoso di tutte le identità accolte nell'acronimo LGBTQIA+. Se non sarai a Bologna e non vedrai dal vivo i (bellissimi!) pannelli dell'esposizione, sul sito di Coop puoi leggere il vademecum con 10 consigli per parlare in modo rispettoso della comunità LGBTQIA+.
Ti saluto con questo estratto dall’ultima intervista a Michela Murgia per Vanity Fair. L’ho letta ieri sera prima di andare a dormire e mi ha fatto brillare il cuore, ne avevo bisogno:
Lei che cosa vuole?
«Essere felice. E non fare stare male le persone che amo. Sono molto fortunata perché ne amo molte e sono riamata in modi molto diversi, quindi sperimento una gradazione di amore molto più ampia di quella che si può sperimentare dentro una coppia. Ma se dovessi dire di quali di queste persone sono innamorata, per fortuna le dico di nessuna. Perché vorrebbe dire stabilire una gerarchia che automaticamente disegna livelli di potere nella relazione. Di una coppia si dice spesso: “Uno è più innamorato dell’altro”. E quando si negoziano le differenze, chi è più innamorato cede e si sottomette. Noi legittimiamo e romanticizziamo questa sottomissione, ma a lungo termine quel dislivello genera fratture, e di solito è la donna ad accettare la negoziazione, perché siamo abituate a considerare la relazione una cosa centrale, mentre per un uomo innamorarsi è una delle tante cose interessanti che gli capitano. L’educazione patriarcale ci spinge dal primo bambolotto che dobbiamo cullare alle Barbie e Ken con cui dobbiamo simulare i primi matrimoni, al fatto che quella cosa è il traguardo della vita. Tant’è che quando un matrimonio crolla, molte donne si sentono finite».
Per questa settimana ho finito. Grazie per aver letto fino a qui. 💜
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Ok, è davvero tutto. Se non ci sono intoppi (come nelle ultime settimane!) ci sentiamo tra due lunedì.
Ciao,
Alice