#54 Oltre la mia comprensione
Un episodio senza alcuno spirito natalizio, dedicato ad alcune cose incomprensibili che mi succedono intorno.
Pochi giorni fa ho ricevuto una mail di notifica da Meetup che mi segnalava un nuovo incontro di un gruppo che seguo a Barcellona.
Scorro l’email e mi soffermo sull’ultima sezione del messaggio che si intitola “Altri eventi consigliati per te”. Uno degli eventi è questo:
Un meetup per uomini che vogliono imparare a padroneggiare con fiducia e disinvoltura le interazioni con le donne che incontrano per strada.
(Mi sto ancora chiedendo perché Meetup abbia deciso di inviare questo consiglio proprio a me, che sono utente attiva dal 2012 e quindi — immaginavo — sufficientemente profilata dall’app. Ma soprassiedo.)
L’organizzatore dice che si tratta di “una sessione di coaching trasformativo pensata per uomini che aspirano ad approcciare le donne con sicurezza, fascino e rispetto.”
Alcuni obiettivi dell’incontro di gruppo sono (traduco):
Pratica nella vita reale. Sotto la guida del nostro coach esperto, imparerai l'arte di approcciare le donne in vari contesti di strada. Dalla vivace Rambla ai caratteristici vicoli del Barrio Gotico, potrai sperimentare con interazioni in tempo reale.
Tecniche e strategie. Scopri le tecniche più efficaci per iniziare una conversazione, fare una buona impressione e impegnarsi in modo rispettoso con le donne. Ci concentriamo su interazioni autentiche e naturali che favoriscono legami genuini.
Feedback e supporto. Ottieni un feedback immediato e costruttivo sul tuo stile di approccio. Il nostro coach e gli altri partecipanti ti daranno consigli onesti e di supporto per aiutarti a perfezionare le tue abilità.
Sicurezza e rispetto prima di tutto. Tutte le interazioni si svolgono all’insegna del rispetto e del consenso.
Mentre continuano ad alzarsi rumorose la rabbia e le proteste contro la violenza verso le donne, ci sono uomini che si organizzano per andare in giro in gruppo, fermare donne a caso per strada e perfezionare l’arte della conquista. Però “all’insegna del rispetto e del consenso”, eh. 😐
Quindi ora non si può nemmeno più flirtare per strada? potrebbe chiedere qualcuno — e ho avuto questa conversazione anche dal vivo: ti invito a proporla nel tuo circolo di fiducia e a registrare le risposte che vengono fuori.
La verità è che io vorrei vivere in un mondo dove non mi devo preoccupare di essere approcciata da gruppi di uomini sconosciuti che vogliono perfezionare l’arte dell’acchiappo machista per strada. Ho ancora troppo fresco in testa il caso della manada (“il branco”) di Pamplona, per esempio, e tutte le volte che sono stata molestata verbalmente da capannelli di uomini mentre camminavo da sola.
Vorrei invece provare l’ebbrezza di andarmene in giro senza che una parte del mio cervello fosse sempre attenta e allerta, ché non si sa mai.
Vorrei che il mio essere donna non significhi essere considerata una potenziale cavia per l'interesse di maschi etero che hanno bisogno di essere rassicurati sulle loro tecniche di conquista.
Vorrei che non ci fosse più bisogno di app come Viola, che grazie al lavoro di persone volontarie, gestisce un servizio di videochiamata 24 ore su 24, 7 giorni su 7, per chiunque senta il bisogno di essere accompagnatə mentre cammina per strada da solə.
E in tutta sincerità, approcci di strada a parte, vorrei anche un mondo digitale in cui essere lasciata in pace. Ne approfitto per dirlo perché mi sono accorta che, dopo LinkedIn e Instagram, ora anche su Substack stanno arrivando i Giancosi con i commenti piacioni 😅
Ma lo so, chiedo molto. Ho quarantuno anni e la pazienza ai minimi storici nei confronti degli approcci non richiesti, di qualunque natura — digitali o no — essi siano.
La settimana scorsa sono andata al cinema e nell’androne mi sono scontrata con il cartonato di questo film:
In Spagna è uscito come Camino a Belén, cioè “Sulla strada per Betlemme”.
È un musical che racconta la storia di Maria e Giuseppe, della loro immacolata concezione e del cammino in asinello verso Betlemme. Insomma, la storia che conosce a memoria chiunque abbia frequentato il catechismo o assorbito anche solo per inerzia la narrazione cristiana della natività.
Ho letto i commenti sotto il trailer spagnolo su YouTube; non ne ho trovato nemmeno uno che facesse notare il grottesco senso di andare a vedere un film del genere mentre quelle stesse strade, nella vita vera, in questo momento, sono ridotte in macerie e macchiate del sangue di migliaia di persone uccise dal genocidio del governo israeliano nei confronti della popolazione palestinese.
Cose che ti invito a leggere e ad ascoltare
Come si contano i femminicidi in Italia, di
per L’Essenziale. Perché in Italia non esiste una banca dati istituzionale e pubblica in cui registrare i femminicidi. Esistono i dati ufficiali ma sono distribuiti su più report, compilati con metodologie diverse, e la parola femminicidio non compare. E quando i dati sono invisibili(zzati), anche le proposte per risolvere un problema sistemico così grosso fanno fatica a emergere con efficacia. Ti riporto questa parte dell’articolo dedicata all’importanza delle parole:
La parola femminicidio entra nel dizionario della lingua italiana nel 2001 e solo dal 2006 l’Istat ha cominciato a fare ricerche periodiche “sulla sicurezza delle donne”. L’ultima risale al 2018.
Prima, l’unica parola esistente per indicare l’uccisione di una donna era “uxoricidio”, cioè l’uccisione di una donna in quanto moglie, e fino all’abrogazione del delitto d’onore nel 1981 era considerato meno grave rispetto ad altre forme di omicidio.
Secondo la psicologa e criminologa Anna Costanza Baldry, che nel libro Orfani speciali (Franco Angeli 2017) ha approfondito il fenomeno dei bambini e delle bambine rimasti orfani dopo che il padre aveva ucciso la madre, “il femminicidio può essere inquadrato come una forma di espressione del potere e del controllo dell’uomo sulla donna, cioè di condotte basate sulla disuguaglianza di genere e solo in alcuni casi, seppure molto meno frequenti, è riconducibile a particolari disagi mentali di cui la violenza può essere un’espressione”.
Questa precisazione diventa necessaria quando sui mezzi d’informazione, per riferirsi agli atti di violenza omicida contro una donna, partner, figlia o parente, sono usate parole come “raptus” e “follia”, lasciando intendere che si tratti di casi isolati relativi alla salute mentale dei singoli individui.
Gli articoli di Migrant Women Press, un magazine online indipendente incentrato sulle esperienze delle donne in materia di migrazione. Tutte le autrici sono donne migranti.
Il giornale spagnolo El Salto ha messo a disposizione, gratuitamente, la sua guida di stile per parlare della campagna di sterminio del governo israeliano nei confronti della popolazione palestinese:
Le parole costruiscono una cornice, un contesto, danno o tolgono legittimità e rivelano il posizionamento di un mezzo di comunicazione. […] Un mezzo di comunicazione critico dovrebbe riflettere sulle parole che usa. In questa piccola guida di stile, la nostra redazione elenca le espressioni e i termini che vuole evitare o, per lo meno, non usare senza una riflessione preventiva.»
Il Calendizionario organizzato su Instagram da Elena Panciera. Si tratta di 26 brevi dirette video durante le quali Elena analizza il significato di una parola insieme a persone esperte del tema. Tra le parole discusse finora ci sono, per esempio, ‘asessualità,’ ‘bicancellazione’, ‘corpo’, ‘dati’, ‘eteronormatività’, ‘famiglia’, ‘patriarcato’, ‘queer’, ‘rabbia’, ‘sorellanza’.
L’episodio 13 di Shirley, il podcast di Elena Canovi sui libri-cacciavite, quelli che “spesso inaspettatamente, smontano pezzi della nostra visione del mondo e danno gli strumenti per crearsi nuove idee”. Questo episodio è dedicato a “Detransition, baby”, della scrittrice Torrey Peters, uno dei libri più belli che ho letto quest’anno. Il romanzo è arrivato in Italia grazie alla bella traduzione di Chiara Reali, che è anche la voce invitata del podcast insieme a Tristan Guida, persona transgender non-binary e parte dell’associazione ACET di Milano.
L’ultimo episodio della newsletter
di è un aggiornatissimo riassunto sullo stato degli strumenti di prevenzione delle malattie sessualmente trasmissibili. Con la sua newsletter Marco fa un grandissimo lavoro di divulgazione su come prendersi cura della propria salute sessuale, e questo numero non è da meno: leggilo, qualunque siano il tuo genere e il tuo orientamento sessuale, che tu sia single o meno, in una relazione monogamica o non-monogamica. Leggilo.Se capisci lo spagnolo e ti interessa esplorare il tema del desiderio, ti consiglio l’ascolto dell’episodio La represión del deseo del podcast Diálogos de Virupa. Ne parla Sara Torres, scrittrice e poeta che ha messo il desiderio umano al centro della sua opera (e che sto seguendo tantissimo 😍).
Booby, le storie della mia amica Paola Chiara Masuzzo, che al motto di “La cura inizia dalla parola” ha scelto di condividere la sua esperienza con il cancro al seno, diagnosticatole a metà ottobre. (Ciao, linda, ti abbraccio anche da qua 🦆)
Per questa settimana, e credo anche per quest’anno, chiudo qui.
Qualsiasi sia il modo in cui passerai questo periodo festivo, que te sea leve (“che passi con leggerezza”), come dicono qui. 💙
Vuoi scrivermi cosa ne pensi di questa newsletter, propormi una collaborazione o semplicemente mandarmi un saluto?
Fallo: rispondi a questa email o scrivimi su ojala [at] aliceorru.me 📧
Grazie per aver letto fino a qui.
Alice
Non ho nemmeno finito di leggere ancora ma sento il forte bisogno di dire cosacazzo.
Alice, grazie per le riflessioni preziose, come sempre. E per avermi inserito tra i consigli di approfondimento, appena sotto la mia amata Donata Columbro e sopra la mia amata Elena Canovi. Sono commossa e onorata, grazie. E condivido tutto quello che scrivi. Purtroppo.