#57 Io, vecchia
È il titolo di un libro che sto leggendo, ma anche un'affermazione che non vorrei aver paura di fare.
Nel 2021, il dizionario arabo Al Maany ha cambiato la definizione della parola menopausa da "età della disperazione" a "età del rinnovamento".
L’ho scoperto leggendo questa intervista a Anna Freixas Farré, scrittrice e ricercatrice spagnola che durante la sua carriera si è concentrata sull'invecchiamento femminile e sull'evoluzione della ricerca e dell'insegnamento della psicologia con prospettiva di genere.
In Spagna è considerata la persona che ha dato un contributo pionieristico allo sviluppo della gerontologia in chiave femminista. Traduco un passaggio per me significativo dell’intervista:
Credo che una delle origini dello stigma sulla menopausa sia il fatto che le donne sono viste esclusivamente come esseri riproduttivi.
Se non hai le mestruazioni, non puoi avere figli e quindi non sei più utile. Ma questo non è vero, siamo molto più che esseri riproduttivi. Soprattutto le donne spagnole, che hanno in media un figlio solo e non sono più grandi fan del parto.
Da quando siamo entrate nel mercato del lavoro e possiamo contare sui nostri soldi, la vecchia narrazione non ci rappresenta più; eppure lo stigma della menopausa come inizio della fine della vita di una donna resiste perché è una visione che interessa agli uomini e dà loro la libertà sessuale di lasciarci per una ventenne.
Intrigata, sono andata a cercare altri scritti di Anna Freixas e mi sono imbattuta in Yo, vieja, pubblicato nel 2021 da Capitán Swing Libros.
In questo passaggio del primo capitolo, Freixas, nata nel 1946, si rivolge alle donne della sua generazione:
Al giorno d’oggi, le questioni su cui si è concentrata la ricerca (ndt. delle pensatrici femministe a proposito di invecchiamento femminile) – la depressione, la menopausa, la vedovanza, la sindrome da nido vuoto – sembrano essere state affrontate a sufficienza e nessuna di esse ha più un grande significato nella nostra vita attuale.
Possiamo quindi concentrarci, nominare e analizzare le questioni che ci riguardano ora: la pensione, la povertà, la salute, la sessualità, la diversità delle esperienze di invecchiamento, la casa, l'habitat e l'ageismo, per esempio.
Negli ultimi anni, le gerontologhe femministe si sono fatte carico di questo compito e hanno iniziato a studiare ogni singola questione legata all'invecchiamento femminile.
Dalla loro prospettiva critica, hanno messo in discussione molti dei presupposti della gerontologia classica, che si concentra principalmente sulla patologia – sul lato oscuro – e hanno evidenziato il potenziale che è a nostra disposizione in questa fase del ciclo di vita.
Hanno posto la vita e l'esperienza delle donne anziane al centro del loro lavoro, tenendo conto delle enormi differenze tra loro a tutti i livelli. Uno degli obiettivi principali del loro lavoro è stato quello di identificare e trasformare le relazioni di potere diseguali che esistono nella nostra società in base al genere e all'età.
La loro ricerca non vuole offrire risposte universali, ma piuttosto sottolineare la diversità dell'esperienza dell'invecchiamento in ambienti e situazioni diverse.
Un punto critico di questa prospettiva è il riconoscimento dell'importanza del contesto sociale e la convalida dell'ascolto, della voce e della narrazione dell'esperienza delle donne.
Ripensare le parole
All’inizio di Yo, vieja, Freixas si concentra sulle parole — soprattutto aggettivi — che usiamo per parlare di vecchiaia, nostra e altrui:
Nella nostra società coesistono due modelli dicotomici di donna in età alta: la donna anziana passiva che non contribuisce a nulla, alla quale viene attribuito un elenco di difetti – avara, pigra, lenta, lamentosa, smemorata e inefficiente; e la vecchia piena di vigore, attiva e impegnata e, soprattutto, dall'aspetto giovanile (con le sofferenze e spese che ne conseguono), la quale si presume sia una persona serena, tollerante, flessibile, generosa, compassionevole, efficiente, creativa, leggera, saggia, affascinante, divertente.
Di fronte a questo pensiero dualistico senza uscita, mi sembra chiaro che a questo punto esistono molti modelli di vecchiaia femminile e che oggi disponiamo di un buon gruzzolo di qualità acquisite nel corso degli anni.
Alcune di queste qualità possono rendere la nostra vita relazionale un po' più facile. Tra le altre, segnalo la gratitudine, la generosità, l'onestà, il coraggio, la capacità di superare i disastri che la vita ci propone, la capacità di perdonare, di mostrare affetto verso gli altri e, naturalmente, anche la rabbia, quella saggia e necessaria, che ho consapevolmente spostato nella rubrica delle virtù perché è un invito a non accettare passivamente condizioni, situazioni e trattamenti ingiusti.
Ci mancano perfino le parole per dare un nome a questa nuova lunga fase della vita e per parlarne in modo realistico (né dolcemente ottimista, né necessariamente cupo). Parole che ci permettano di identificarci in modo veritiero con il periodo della vita in cui ci troviamo in compagnia di altre donne e uomini.
Non ci piace essere chiamate vecchie, rabbrividiamo alla parola anziane, non ci piace adulte più anziane, e l’espressione terza età è qualcosa su cui riflettere. Mi piacciono, oltre a vecchia, le parole veterana, senior, pioniera, longeva e persino vegliarda (ndt. il termine originale è viejales, usato in modo simpatico per parlare di persone di età alta e carattere allegro).
In tutto il testo userò soprattutto il termine vieja, viejas (ndt. vecchie). Che orrore! Lo so.
Tuttavia, essere vecchia è, come ho detto prima, un dono, perché significa che ho vissuto molti anni ed è chiaro che non sono giovane. Non è possibile essere giovani e vecchi allo stesso tempo, per non parlare dell'assurdità di dire che sono giovane in un corpo vecchio.
Riappropriamoci di questa parola, usiamola con calma, naturalezza e umorismo.
Solo così possiamo contribuire a cancellare il suo stigma negativo e a renderla una realtà, così com'è. Tutti gli eufemismi che possiamo usare non sottraggono anni alla carta d'identità.
La vecchiaia è qualcosa di reale, non qualcosa che accade alle altre.
Conversazioni tra amiche
Queste letture mi suonano come l’accompagnamento perfetto a certe conversazioni fatte a pranzo con delle amiche qualche giorno fa. Tutte figlie degli anni ‘80, siamo finite a condividere pensieri e timori all’idea dell’invecchiamento. Abbiamo poco meno o poco più di 40 anni, ma sappiamo già bene perché in certi contesti siamo viste (e ci vediamo) vecchie.
Quando entriamo nel target delle pubblicità che vendono ricostituenti, creme, trattamenti estetici e diete antirughe-antietà-antivita.
(Spendere spendere spendere, per nuotare inutilmente contro la corrente dell’invecchiamento.)Quando tra i peli corporei iniziano a spuntarne di bianchi e una delle prime domande che ci vengono in mente è “e ora come li nascondo?”
(Nascondere, vergognarci, come risposta primordiale.)Quando unə medicə ci tiene a ricordare che il nostro tempo fertile sta finendo e la riserva ovarica non dura per sempre.
(Nemmeno la nostra pazienza dura per sempre di fronte alle domande sul presunto desiderio di maternità.)Quando una dottoressa, di fronte ad analisi mediche poco incoraggianti, mi ha porto svelta una scatola di estrogeni e mi ha invitata a entrare in menopausa medica, saltando la fase di perimenopausa, “così non si deve più lamentare degli sbalzi di umore”.
(Le ho lasciato gli estrogeni sul tavolo e me ne sono andata avvilita e arrabbiata, ça va sans dire.)Quando la clinica ginecologica in cui facciamo il pap-test ci propone anche un trattamento laser genitale “per ringiovanire e migliorare l’aspetto esteriore della vulva”.
(Poteva per caso mancarci il complesso della vulva brutta?)
Cosa significherebbe per la nostra cultura iniziare a vedere la menopausa come un momento positivo?
Parlando con le mie amiche mi sono resa conto di quanto temiamo il momento della menopausa perché ce lo hanno sempre descritto con la sua sintomatologia negativa.
Un po’ come ricorda anche questo spot di Tena dello scorso anno:
Figlia e madre vivono in parallelo i cambiamenti del corpo che entra in una nuova fase della vita: la figlia verso l’adolescenza, la madre verso la menopausa. Se all’inizio lo spot mi è sembrato un racconto conosciuto, realista ma pessimista, dei sintomi più comuni della menopausa, la chiusura mi ha risollevata:
Poi finisce e ti senti te stessa, più di prima.
Anche la menopausa è una fase. Anna Freixas lo ricorda nell’intervista, quando fa un paragone secondo me calzante tra i cambiamenti fisici della pubertà e quelli della menopausa:
Il corpo deve abituarsi ai cambiamenti, proprio come è successo quando abbiamo avuto le prime mestruazioni e il dolore per la crescita del seno. Anche in quel periodo della vita abbiamo avuto difficoltà, ma per qualche motivo nessuno ha cercato di ritardare quei segnali.
Bisogna sempre capire tutto dal punto di vista maschile: agli uomini piacciamo quando sanguiniamo, per tutto quello che comporta. È quando non sanguiniamo più che ci liberiamo della pressione dell'eteropatriarcato. Ecco perché stigmatizzare la menopausa serve a togliere di mezzo le donne, soprattutto quelle che non ne hanno paura.
La menopausa può essere l’inizio del momento più bello della vita di una donna. Si ha libertà sessuale perché non si può rimanere incinta. Inoltre, gli effetti sull'umore dovuti al ciclo ormonale scompaiono, così come i dolori associati alle mestruazioni. E non si deve pagare l'IVA sui prodotti igienici, come se fossero gioielli.
Ma per me la cosa più importante è il benessere personale. La libertà. […] Ci si libera del mandato della femminilità eterosessuale.
Per un’altra prospettiva sulle parole per parlare di differenza di età, ascolta Alexa Pantanella parlare di ageismo per il podcast Words.
Ne abbiamo parlato approfonditamente anche in Scrivi e lascia vivere: il capitolo 6 è tutto dedicato alle forme di ageismo, alle sue declinazioni nel mondo del lavoro e nel nostro linguaggio quotidiano.
Un film sulla libertà sessuale dopo la menopausa
Forse questo numero della newsletter non avrebbe visto la luce se non mi fossi entusiasmata per la visione di Mamacruz, diretto da Patricia Ortega.
Cruz è una donna sulla settantina. Ha un marito silenzioso, una figlia ballerina che sta preparando un grande début a Vienna e un’irrequieta nipote preadolescente che vive a casa sua, in attesa del ritorno della madre. Cruz fa una vita “casa e chiesa”: il suo talento come sarta le dà il privilegio di essere colei che cuce e veste le statue della parrocchia, le sue frequentazioni sono le compagne di messa.
Questo susseguirsi mesto di faccende domestiche e parrocchiali cambia il giorno in cui, facendo clic per sbaglio su una finesta di spam, Cruz apre un video porno e… inaspettato, il suo desiderio si risveglia. Esiste ancora, se ne rende conto con stupore; ma invece che cercare di zittirlo, lo osserva con uno sguardo incredulo, prudente ma curioso.
La ricerca di un luogo interiore in cui accogliere questa parte risvegliata di sé la porta a costruirsi una nuova rete di amiche, a sostenere conversazioni su sex toys e orgasmo, ma anche a cercare un nuovo dialogo con suo marito e sua figlia.
È una storia che ho amato molto perché Cruz incarna le mille sfaccettature del desiderio femminile. Quello del piacere sessuale; ma anche quello di poter contare su una rete di supporto esterna alla famiglia di sangue; la libertà di esprimersi e trovare realizzazione nelle proprie scelte; è il lasciare spazio alla propria identità senza costringerla dentro le etichette tradizionali di “madre”, “moglie”, “nonna”, “cattolica”, a qualsiasi età.
Lista breve: tre cose belle che ho letto
Natalia Ginzburg e Alba de Céspedes: il Discorso sulle donne. Di
su Galapagos.Che forma ha la mia esclusione sociale? #1. Di Simone Riflesso per
di
Per questa settimana chiudo qui.
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Grazie per aver letto fino a qui. 💙
Alice
Il doppio standard sull’invecchiamento è un tema potentissimo, ho una puntata in preparazione che si connette con la tua. Grazie per tutta questa ricchezza e grazie infinitamente per aver letto il mio pezzo e averlo condiviso. Sono cose che non do mai per scontate ❤️
Tantissimi spunti di riflessione. Grazie!