#74 Che la vergogna cambi lato
Un motto che ha quasi cinquant'anni, un pulsante per non lasciare tracce, la fatica degli infiniti gesti di auto-difesa.

Sono onesta, oggi — 25 novembre, Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne — avrei preferito rimanere in silenzio, non mandare la newsletter anche se è lunedì, non aggiungere contenuti da leggere in una giornata già carica di pathos, proclami, testimonianze, proposte. E anche tanto rumore.
Se i temi della violenza di genere, della comunicazione rispettosa, del linguaggio ampio, sono parte della tua quotidianità per tutto l’anno, forse anche tu oggi preferisci salvaguardare la salute mentale e allontanarti dal mood da giornata internazionale.
Io sto scrivendo questo numero di Ojalá di martedì, per cui non vedo perché tu dovresti leggermi proprio il 25 novembre. Se oggi fai più fatica, metti in pausa la lettura e torna quando preferisci.
Non volevo scrivere di violenza di genere
Non volevo scriverne oggi perché, appunto, è un tema che non ha una data; se segui Ojalá da tempo sai che non sono a mio agio nel seguire un calendario di date attorno a cui progettare contenuti.
Il retroscena di questo numero, però, te lo racconto. Stavo raccogliendo idee e contenuti per questa newsletter e ho riletto il numero 36 che avevo mandato a novembre di due anni fa:
Iniziava con la colonna sonora del film 9 to 5 del 1980, poi atterrava in Spagna e sul linguaggio scelto da questa parte del Mediterraneo per parlare di violenza di genere: violenza machista (il link porta al mio sito web, dove ho creato un glossario con tutte le parole discusse su Ojalá nei suoi quasi quattro anni di vita).
Cercavo idee e mi sono detta — pensiero scontato — “fammi andare a vedere le campagna del 25N lanciate quest’anno dalle istituzioni spagnole!”.
(25N sta per 25 novembre: in Spagna le date importanti si riassumono sempre con l’acronimo data + iniziale del mese di riferimento).
Che la vergogna cambi lato
Molte campagne istituzionali spagnole di quest’anno, sia a livello nazionale che regionale, fanno leva su un motto rilanciato di recente da Gisèle Pelicot, la donna francese il cui ex marito è sotto processo per averla sedata e violentata e per aver invitato decine di uomini ad abusare di lei. Una delle sue dichiarazioni in questi due mesi di processo — affrontato per sua scelta a porte aperte — include questa frase: que la honte change de camp, che la vergogna cambi lato.
In spagnolo si dice que la vergüenza cambie de bando.
Questo, per esempio, è uno dei banner che compongono la campagna del Ministerio de Igualdad:

La vergogna deve cambiare lato perché non sono le vittime di stupro a doverla provare, ma i loro stupratori.
Un concetto che, per chi si batte contro la violenza di genere, è fondamentale e di certo non nuovo. È stata Gisèle Halimi, grande avvocata e attivista franco-tunisina, a farlo diventare, quarantotto anni fa, uno dei motti del movimento femminista francese.
In un articolo per El País, Isabel Valdés ricorda il lavoro e l’eredità di Gisèle Halimi:
«Quando si tratta di stupro, noi, nel nostro movimento, insistiamo che i dibattiti siano pubblici perché crediamo che la donna vittima non debba sentirsi in colpa e che non abbia nulla da nascondere. Ciò che è scandaloso non è la denuncia dello stupro, ma lo stupro stesso.»
Era il 1976 e fu l'avvocata Gisèle Halimi a dichiararlo a Le Journal, al telegiornale delle 20:00 della televisione pubblica francese. Quel “noi, nel nostro movimento”, era un riferimento a Choisir la cause des femmes [Scegliere la causa delle donne], l'associazione che aveva creato cinque anni prima insieme a Simone de Beauvoir, e che in quel momento aveva un obiettivo principale: impedire che i processi per violenza sessuale si svolgessero a porte chiuse, che è ciò che intendeva con “dibattiti pubblici”.
Quel processo, noto come caso Tonglet-Castellano o processo di Aix-en-Provence — la città in cui si svolse il 2 e 3 maggio 1978 — fu una svolta sociale, politica e legislativa in materia di stupro. Halimi ottenne ciò che aveva in mente quando assunse la direzione dell’accusa.
Voleva e ottenne un cambiamento nella concezione della violenza sessuale per la società francese, attorno alla quale Halimi coniò la frase “la vergogna deve cambiare lato”.

Il pulsante “Esci in fretta”
Mentre davo un’occhiata alle campagne istituzionali, sono capitata sul sito della delegazione del governo contro la violenza di genere.
Il sito, si spiega nell’introduzione, «contiene informazioni sulla violenza di genere (intesa come abuso nelle relazioni di coppia, ai sensi dell'articolo 1 della LO1/2004 del 28 dicembre 2004 sulle misure di protezione globale contro la violenza di genere) e su altre forme di violenza contro le donne, come la tratta di donne e ragazze a scopo di sfruttamento sessuale o le mutilazioni genitali femminili.»
È un sito che trovo piuttosto confuso e mal progettato, ma è pieno zeppo di risorse, documenti da scaricare, campagne di sensibilizzazione e cifre aggiornate sui numeri di femminicidi in Spagna (i dati vengono dal portale statistico della stessa delegazione).
La prima cosa che succede quando si apre il sito è la comparsa di questo popup:
Te lo traduco:
Per navigare con più tranquillità tra i contenuti di questo sito, tieni in considerazione questo…
Opzione “Esci in fretta”: il pulsante rimane sempre accessibile sullo schermo.
Quando apri un PDF, non fare clic su Salva o Salva come, aprilo e basta. Se devi lasciare in fretta il sito, chiudi la finestra con il PDF e nella schermata successiva fai clic sul pulsante “Esci in fretta”.
Cancella la tua cronologia di navigazione per non lasciare tracce.
Usa la modalità di navigazione anonima o privata se non vuoi che il tuo navigatore ricordi i siti web che visiti o il contenuto che scarichi.
Trovi maggiori informazioni in informazioni sulla sicurezza tecnologica.
Quando faccio clic sul pulsante di conferma il popup sparisce e si apre la homepage. Il pulsante “Esci in fretta”, SALIR RÁPIDO, è in altro destra, rosso fuoco:

Faccio una prova, clic sul pulsante rosso, il sito svanisce e in un attimo mi ritrovo sulla home di Google, come se niente fosse successo.
Non avevo ancora visto questo tipo di pulsante, probabilmente non ci avevo mai fatto caso, ma mi ha fatto pensare molto.
Di nuovo, uno strumento pensato per auto-proteggerci. Esci in fretta, abbandona il sito, cancella la cronologia, difenditi. Gesti di auto-difesa continua che si insinuano nella navigazione della vita di tutti i giorni.
E c’è chi ancora nega che la violenza di genere sia un fenomeno pervasivo, culturale, patriarcale. Sono molto affaticata.
Qui in Catalogna
La campagna del 25N del Departament d’Igualtat i feminisme della generalità catalana quest’anno mette al centro il ruolo degli uomini come parte imprescindibile nella lotta alla violenza di genere:
È quello che mi auguro anche io, avere intorno sempre più uomini partecipi, non silenti testimoni ma parte attiva del cambiamento.
Dice la campagna:
Actua, parla, truca. Aquest és un compromís col·lectiu: la lluita contra les violències masclistes és cosa de totes i tots.
Cioè: «Agisci, parla, chiama [il numero del servizio di ascolto contro la violenza, 900 900 120]. Si tratta di un impegno collettivo: la lotta contro le violenze machiste riguarda tutte e tutti.»
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spiega benissimo la fatica del comunicare, perché «farsi ascoltare quando si è parte lesa è un casino».Il Guardian parla delle violenze subite dalle donne che decidono di percorrere da sole il Cammino di Santiago.
Micromachismos è la rubrica di El Diario che indaga tutti quegli atti di machismo che costellano il nostro quotidiano.
Per questa settimana chiudo qui.
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Sono Alice Orrù, sarda emigrata a Barcellona nel 2012.
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Alice