In questo episodio:
#84-85 perché mi sono accorta solo ora che la scorsa estate ho numerato con il 65 due episodi di seguito (impossibile per me passarci sopra).
Pareja, compañerismo e altre parole per definire alcuni dei modi in cui ci relazioniamo, in italiano e spagnolo.
Mogli, mariti, Anouk, un podcast sui cuori scoperti.
La scala mobile relazionale e i suoi gradini.
Letture su baci, innamoramenti AI, amori dissidenti.
Una delle mie parole preferite in spagnolo — dopo ojalá, naturalmente — è pareja.
Se la cerchi su un dizionario spagnolo-italiano, troverai questi significati (probabilmente anche in quest’ordine):
coppia
compagno-a
partner
Pareja significa coppia quando parli di persone altre da te, tipo es una pareja muy maja (“è una coppia molto simpatica”).
Qui mi voglio soffermare sul secondo significato, l’uso di pareja per parlare della propria situazione relazionale.
Secondo il dizionario della Real Academia Española, pareja viene dal volgare *paricŭlus, che ha a sua volta origine nel latino par, paris, cioè 'uguale', oltre che 'insieme di due persone o cose'.
È un significato incentrato sulla relazione di parità tra due parti.
Mi piace anche perché è una parola neutra, non connotata per genere.
Quando dici mi pareja non stai rivelando il genere della persona con cui hai una relazione romantica, sessuale o affettiva1.
Qualunque sia il tuo orientamento sessuale, dire mi pareja ti permette di confondere le acque dell’eteronormatività; sposta l’informazione e scardina l’assunto per cui se, come me, sei una donna, di sicuro ti stai riferendo al legame con un uomo, e viceversa.
Di eteronormatività ho parlato in diverse occasioni, per esempio qui:
E qui:
In italiano preferisco usare la parola compagnə.
Ci trovo dentro il compañerismo, la ragione primaria per cui scelgo di navigare una relazione a lungo termine con una persona: compagno viene dal latino companio -onis, composto da cum «insieme con» e panis «pane».
È compagnə la persona che condivide il pane con un’altra, qualsiasi sia la forma che vogliamo dare al metaforico pane.
Mogli, mariti, churri
Oltre a pareja, lo spagnolo castigliano offre una decina di parole per descrivere le relazioni sessuo-affettive, come l’italiano.
Puoi essere mujer (“la moglie” o, se non c’è matrimonio di mezzo, “la donna”), marido (“il marito”) o hombre (“l’uomo”, di solito quando non c’è matrimonio) di qualcunə.
Se frequenti ambienti più formali, potresti essere esposa (“moglie”) o esposo (“marito”).
Se la tua relazione ha come fine il matrimonio — o così credono le persone dall’esterno — potrebbero definirti novio o novia (“fidanzato-a”) di qualcunə. Esiste anche novie come parola non binaria.
In termini più colloquiali puoi essere chico, chica, chique (“ragazzo", “ragazza” o “ragazzə”) o churri di un’altra persona.
Ultimamente si sta inserendo anche il termine vínculo, soprattutto tra persone che rifiutano la norma della monogamia. È un termine neutro, che non si porta dietro quello “zaino sociale” di dinamiche gerarchiche e simboliche date per scontate quando si parla di relazioni in senso mainstream e tradizionale.
A me definirmi come “moglie” ha sempre dato fastidio, così come il fatto di avere un “marito”.
Per dirtela tutta, durante il mio primo matrimonio non mi sentivo a mio agio nemmeno con la fede al dito.
Un fastidio premonitore, mi sono detta per un po’ di tempo, quando ancora mi sentivo in perfetto allineamento con il mood Anouk:
Oggi, invece, che di fronte allo stato, alla famiglia e alla proprietà privata (cit. della mia canzone preferita di Silvio Rodriguez) sono di nuovo moglie, la vedo diversamente.
Quello che genera il mio bolo di rifiuto, allora come oggi, non dipende da quello che sono; non ha a che fare con la mia libertà, con il mio essere indipendente, determinata e autonoma anche da sposata. Quelle caratteristiche sono lì, sono me qualunque sia l’etichetta relazionale che mi si appiccica in fronte.
Quello che rifiut(av)o è lo zaino non richiesto di aspettative e copioni preconfezionati che la parola moglie mette sulle mie spalle. Lo zaino o, per dirla con le parole della scrittrice Amy Gahran, la mappa già scritta della scala mobile relazionale che dovrebbe guidare il mio cammino.
Andare sì, ma dove?
Se fai una ricerca su Google troverai decine di pagine che spiegano il significato della scala mobile relazionale. Ti riporto e traduco le parole di Victoire Tuaillon, autrice del podcast francese Le Coeur sur la table2 che sto ascoltando in queste settimane:
Essere una coppia significa vivere insieme. Andare in vacanza insieme. Avere progetti comuni. Desiderare o fare figli.
È l’idea che una relazione “seria” deve “arrivare da qualche parte”, quindi c'è un percorso, un programma, delle tappe da smarcare.
La scrittrice statunitense Amy Gahran chiama questo percorso “scala mobile delle relazioni”.
Si tratta di un insieme di aspettative sociali secondo le quali una relazione romantica dovrebbe seguire una sequenza di tappe che portano al matrimonio, alla genitorialità, alla proprietà condivisa, alla convivenza.
Si inizia con il primo contatto, il flirt, gli appuntamenti e probabilmente il sesso. Poi è il turno dei rituali, primo fra tutti presentarsi in pubblico come coppia.
C’è una lista di traguardi:
Lei è la mia ragazza.
Lui è il mio ragazzo.
È la persona che amo...Si stabiliscono abitudini, aspettative, proiezioni sul futuro, si incontrano la famiglia e le amicizie dell'altra persona.
Si vive insieme, si condividono i soldi, ci si fidanza, ci si sposa, si fanno figli, poi arrivano i nipoti e si invecchia insieme...
Finché morte non ci separi.
È l'unica fine accettabile.
E questo vorrà dire che avremo raggiunto il traguardo finale.— Estratto dell’episodio 1, La princesse et l’escalator
La scala mobile relazionale, proprio come quella metallica e lunghissima nei mega-centri commerciali, non ti permette di tornare indietro mentre sei in corsa.
Fare un passo indietro e tornare allo scalino precedente è bollato come fallimento o segno del fatto che la relazione non sta andando per il verso giusto.
Continua Tuaillon nello stesso episodio del podcast:
Una volta che si va a convivere, rendersi conto che si preferiva avere i propri spazi viene interpretato come una mancanza d'amore. O in ogni caso come qualcosa che non è affatto normale.
Ci sono poi tutta una serie di piccole aspettative, comportamenti automatici dati per scontati: dormire sempre nello stesso letto, fare sesso regolarmente, avere una presenza pubblica come coppia, passare insieme la maggior parte del proprio tempo libero.
Si fa perché è bello, naturalmente, perché ci si ama... ma a volte solo perché è così che si fa, non lo si vuole davvero.
Si fa nonostante si abbia voglia di dormire nel proprio letto, andare in vacanza con un’altra persona, sfuggire a una cena in famiglia, avere più tempo per sé o per le proprie amicizie, non avere voglia di fare l'amore.
Come dice Tuaillon in chiusura, questa scala mobile non è per forza un cattivo modello; non significa che sia conformista o sciocco continuare a salirci su: possiamo però riconoscerne le dinamiche, le sue implicazioni sociali e ricordare che non tutte le persone vogliono farlo. Di certo non è l’unica strada da seguire.
Ci sono stati dei momenti della tua vita in cui hai realizzato di star seguendo il lento e automatico incedere della scala mobile relazionale? Come hai reagito? Parliamone!
Gioia amicale
Ci sono molti altri piccoli e quotidiani motivi per cui mi trovo bene in Spagna; uno di questi è che anche una celebrazione scartocciata e sporca di cioccolato come San Valentino lascia lo spazio all’amicizia, forma di amore che sembra stia finalmente ritrovando il suo auge, il suo fondamentale posto nel mondo.
Il nome ufficiale del 14 febbraio, giorno in cui scrivo questo episodio di Ojalá (si era capito?) è día del amor y la amistad, “giornata dell’amore e dell’amicizia”.

Come racconta Paula Fürstenberg in un articolo per Die Zeit, tradotto poi da Internazionale con il titolo Quando l’amicizia è il legame più profondo:
[Le amicizie] sono le relazioni più importanti della mia vita, le persone con cui trascorro la maggior parte del tempo, e molte sono più simili a un matrimonio che a un flirt.
Nella mia esperienza sono i rapporti più duraturi e resistenti alle crisi, forse perché le amicizie sono poligame per natura e non prevedono che tutte le aspettative e i bisogni siano soddisfatti da una sola persona.
[…] Le amicizie sfidano le norme sociali, possono descrivere una comunità di due o di cinquanta persone e comprendere diversi tipi di legami, dai più liberi ai più impegnati. In questi rapporti che sfuggono alle istituzioni e alle regolamentazioni, ci sono una bellezza e una libertà particolari.
Una bellezza e una libertà che implicano anche impegno e lavoro di cura, soprattutto quando l’età avanza. E infatti, puntualizza Fürstenberg:
È soprattutto per queste relazioni, orientate al lungo periodo e che non si sottraggono al lavoro di cura, che la mancanza di un riconoscimento e di un sostegno è un problema.
[…] Dal sistema sanitario alla pianificazione urbana fino al diritto di successione, è chiaro che la famiglia ha un ministero, l’amicizia no.
💡 Sto finalmente concretizzando un’idea che mi ronzava per la testa da mesi: presto le persone che sostengono Ojalá con un abbonamento annuale avranno uno spazio nuovo in cui muoversi, leggere e curiosare (e da cui non arriveranno rumore o notifiche, ci tengo a precisarlo!).
Se la notizia ti piace, sappi che con 32 euro sostieni Ojalá per un anno. È un importo che terrò in sconto, al posto dei 40 euro standard, fino al lancio di questa idea che sta per diventare realtà.
Altre curiosità da scoprire ✨
Gente che si innamora di ChatGPT, in questo articolone di Kashmir Hill per The New York Times (link aperto, regalo mio).
A proposito di intelligenze artificiali, se hai provato a scrivere con Claude e ti è sembrato che abbia quel non so che di empatico che a ChatGPT manca, c’è un motivo: Anthropic ha lavorato molto sul carattere di Claude.
Da questa parte del mondo potremmo essere inclini a pensare che il bacio, inteso in senso romantico-sessuale come contatto più o meno prolungato tra le labbra, sia una manifestazione d’affetto quasi universale. Vero? No.
Pare che meno della metà delle 168 culture analizzate in questo studio antropologico del 2015 considerino il bacio tra le manifestazioni di amore romantico.Se leggi in spagnolo, non puoi perdere la collezione (h)amor della casa editrice Continta Me Tienes: si tratta di una serie di piccoli saggi a più voci che approcciano in modo plurale, diversificato e dissidente, i diversi modi di relazionarsi sessualmente e affettivamente tra le persone.
I primi due volumi sono più generalisti, mentre dal terzo in poi si sollevano questioni più specifiche come la gelosia, la rottura, il senso di colpa, l’amore trans, l’amore grasso, l’amicizia e l’amore saffico. Una vera gioia che invita a buttare nel cestino le lenti obsolete con cui si parla e si legge d’amore e a trovarne di nuove, brillantissime.Per leggere in italiano di amore dissidente, io ti consiglio la sempre grande Brigitte Vasallo (edita da Effequ), Dania Piras (edita da Sonda), Chiaralascura (edita da Becco Giallo), Torrey Peters (edita da Mondadori).
Ti piace scoprire campagne di marketing, iniziative e letture originali che parlano di nuove parole, inclusione e accessibilità digitale? Ojalá è nata per questo:
Come suonerebbe questo episodio di Ojalá?
Tutta la musica che consiglio su Ojalá atterra su questa playlist collaborativa su Spotify. Che canzone assoceresti a questo episodio? Scrivimelo via email o nei commenti di Substack. 🎶
Per questa settimana chiudo qui.
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Rispondi a questa email o scrivimi su ojala [at] aliceorru.me 📧
Sono Alice Orrù, sarda emigrata a Barcellona nel 2012.
Fiera della sua residenza, la mia newsletter contiene incursioni di vita catalana e tanta, tanta salsa brava. 🍟
Grazie per aver letto fino a qui. 💙
Alice
Questo perché anche l’aggettivo possessivo indefinito mi (mia/mio) in spagnolo è ambigenere. In italiano dobbiamo per forza aggiungere la desinenza di genere -a oppure -o.
Podcast che è stato anche tradotto in italiano con il titolo di Il cuore scoperto, lo trovi su Storielibere.
Siamo sempre in linea, mia cara. Grazie per questi nuovi spunti. Io ne avevo parlato qui: https://www.rsi.ch/cultura/Abbiamo-ancora-bisogno-del-Vero-Amore--2330550.html
Mi sono stufata di questa retorica, sono stufa da un bel po'. Mi sono stufata delle gerarchie e dell'amatonormatività. Lo sono sempre stata, ma ora ho più competenze e conoscenze per sapere come mai mi stanno così strette.
Che belli, come sempre, gli approfondimenti sulle parole, poi. Devo imparare lo spagnolo, ma lo so da un pochino ormai.
Aaaaaah le amiche 💗
Tanto amore, linda.