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Avatar di Elisa Meneghin

Grazie Alice per questa riflessione. Voglio dare il mio contributo, da persona generalmente "passing" per la definizione che hai dato tu, ma che per un periodo ha vissuto da "disabilitata" per un motivo sciocco che merita una riflessione.

Per motivi che non so (lockdown? menopausa? noia?) tra il 2020 e il 2024 il mio peso è aumentato di 20 kg, da 50 a 70 per capire le proporzioni.

Mi sono ritrovata non solo appesantita, ma con una prominenza visibile sull'addome.

Ho più di 50 anni, porto i capelli grigi per scelta, e non credo di essere particolarmente giovanile, ma nonostante questo ho trovato infinite persone che mi hanno fatto i complimenti per il bimbo in arrivo, quando non mi hanno posato direttamente la mano sulla pancia. Conoscenti sì, ma anche perfettз sconosciutз. Rabbia, disagio e vergogna da parte mia.

Nei negozi di abbigliamento venivo guardata con sufficienza, perché non c'era nulla che mi si allacciasse sul davanti, mentre le mie spalle e il mio seno erano rimasti minuti.

Il mio corpo era diventato non più conforme; anzi, proprietà di chiunque mi incontrasse e esposto al giudizio.

Per questo sono d'accordo sulla tua ultima riflessione: il problema della disabilitazione dei corpi e delle identità riguarda tuttз, ed è doveroso creare sensibilità su questi temi. Non solo perché potrebbe toccare anche a noi, ma perché è ingiusto che una persona provi disagio per com'è.

(Finale: mi sono messa a dieta controvoglia, ho ripreso una forma socialmente accettabile. Ho rinunciato a una quantità di cose dolci e piacevoli, fra cui la fiducia incondizionata verso le persone.)

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Avatar di Anna Aresi

Alice mi sa che non ti leggevo al tempo di Ojalá n. 44, perché leggendo i primi paragrafi mi era venuto subito in mente Feminist City (un libro che ho trovato illuminante). E subito dopo ho visto che ne avevi già parlato! Great minds...(scherzo ahaha).

Interessante la riflessione sulle giornate internazionali. Io tendo a evitare qualsiasi contenuto che sappia anche lontanamente di "giornata internazionale" perché ci trovo spesso troppa retorica e perché, come dici tu, sembrano spesso silos isolati.

Per qualche anno ho partecipato attivamente agli eventi in occasione della HG awareness day, la giornata per la consapevolezza dell'iperemesi gravidica (mi sa solo americana), di cui ho sofferto. Poi ho fatto un passo indietro perché mi sembrava che in quella giornata ce la suonassimo e cantassimo da sole, e quelle che effettivamente ottenevano risultati erano le persone che portavano avanti attività di sensibilizzazione per tutto l'anno (di lavoro). Dall'altro lato, c'è spazio anche per chi come me non può offrire un sostegno professionale, organizzato e sostenuto nel tempo, ma si sente vicina alla causa per vari motivi (?). E immagino che sia sia così per tutte le altre cause.

Insomma non ho un pensiero compiuto al riguardo, solo una domanda aperta su come utilizzare queste occasioni in modo sensato e produttivo (che non sia un post social pieno di retorica). Ora corro a leggermi la puntata di Eleonora Marocchini!

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