Ciao Alice, io vivo in Svizzera e a me sulla busta invece è arrivato l'indirizzo con il doppio cognome (il mio e quello di mio marito, ma senza in). Che a me starebbe anche bene se potesse essere cosi' anche per i nostri/e figli/e. E' la prima volta che noto che questo succede... e proprio quest'anno in cui avevo letto che invece l'avevano abolito... avremo un consolato particolarmente conservatore? Per quanto rigarda la cittadinanza io le ho entrambe. Forse anche a me sarebbe un po' pesato rinunciare all'italiana per diventare svizzera, anche se non ho questo grande senso di apprtenenza e identificazione. E di fatto penso che la doppia cittadinanza mi descriva meglio di ognuna delle due singolarmente. Riflette la mia storia e quella dei miei figli/e che sono nati e cresciuti qui in mezzo a molti altri bambini e bambine originari di tutto il mondo, ma nati e cresciuti qui. Penso che a tutti dovrebbe essere permesso avere piu' cittadinanze se lo desiderano. Non è giusto che sia un privilegio.
Ciao Silvia, oh chissà da cosa dipende allora la presenza del doppio cognome - può essere dovuto a una consuetudine svizzera? Anche per me, se potessi, il punto di avere la doppia cittadinanza sarebbe quello che descrivi tu: rappresenterebbe molto meglio lo sfaccettato senso di appartenenza che mi porto dietro da anni.
Non saprei. In passato si usava il doppio cognome in Svizzera. Ora invece mi pare che uno dei due coniugi cambi il suo (non necessariamente la donna pero') e il cognome unico diventa quello di tutta la famiglia. Noi non l'abbiamo fatto perche' mi pare assurdo cambiare cognome e avrebbe anche comportato una discordanza fra i documenti italiani e quelli svizzeri di qualcuno di noi. Ma mi sarebbe piaciuto che tutti avessimo il doppio cognome. Quando sono nati i miei figli in Italia non era ancora possibile. In generale non sento un particolare attaccamento all'idea di cittadinanza, lo vedo piu' come un'opportunità per godere di diritti (e sottostare a doveri). Ma forse mi sento piu' europea che altro (anche se le mie recenti letture sui temi coloniali mi fanno un po' dubitare anche di questo). Comunque la citadinanza e il senso di appartenenza sono temi interessanti. Penso solo che debbano riflettere la complessità.
E sarebbe bellissimo se riuscissero a riflettere la complessità che viviamo e dentro cui ci muoviamo. Per me l'attaccamento all'idea di cittadinanza è legata inscindibilmente alla possibilità di voto, quindi al godimento di diritti civili: se dovessi badare all'idea di appartenenza in senso più lato, mi definirei "sarda espansa" 🤭
Noi avevamo aggirato quel problema con un escamotage: all'epoca in Italia non era possibile né il doppio cognome né quello materno, ma la legge diceva che il nome dei figli doveva rispecchiare quello del certificato di nascita originale. Quindi noi avevamo dato Nome - Cognome di mio marito come middle name - Cognome mio, e al momento della registrazione in Italia avevamo messo first and middle name nel campo del primo nome. Quindi loro hanno avuto il cognome materno ben prima che diventasse possibile, e stranamente non ci hanno mai fatto problemi.
Grazie mille per avere citato la mia newsletter! ❤️❤️ Per quanto riguarda il referendum, qui c'è stata una polemica perché la RAI praticamente non ne parla, e questo perché il partito al governo sta cercando di promuovere l'astensionismo. Non mi sorprende affatto. Anche il "legalese" nelle schede secondo me è una pratica per far sì che votare sia respingente. Per fortuna c'è modo di informarsi, di capire e farsi un'idea. Il Post sta facendo dell'ottima informazione su questo referendum, per esempio. Grazie per avere votato e per averne parlato, con le tue parole puoi indurre altre persone a farlo. Un abbraccio!
Te l'avevo detto che mi era piaciuto davvero tanto, quest'ultimo episodio!
E sì, ho visto che la tv italiana ne sta parlando davvero poco, per quello è importante che lo facciamo tra di noi, nelle nostre cerchie.
Sul tema del legalese posso solo confermare: è una cattiva pratica che ci portiamo dietro per cultura e visione elitario alla lingua. Per fortuna ci sono sempre più persone del settore che si stanno impegnando per cambiare questo approccio!
Sono stato residente in UK e ho votato per elezioni e referendum italiani. Se la tua intenzione è di rimanere in modo permanente in Spagna non rimane che facilitarti la vita dove risiedi. Credo che proprio dovessi cambiare idea riprendere quella italiana da residente in Italia (con quella spagnola) non sarebbe un problema. "Ma non è mai detto"
Ciao! Non è mai detto, appunto. Negli anni ho avuto sufficienti esperienze sia con la burocrazia spagnola che con quella italiana, proprio legata a temi di cittadinanza, per sapere di non voler correre il rischio :)
Comincio col dire che due giorni fa mi sono arrivate le schede elettorali e, per la prima volta, mi ritrovo il cognome di mio marito dopo il mio. La prima cosa che gli ho detto è stata: “How dare they?” Il Consolato di San Francisco trova sempre un modo creativo per farmi irritare.
Quanto alla doppia cittadinanza, ho sia quella italiana che quella americana. Ho scelto di farla perché almeno qui, dove vivo ormai da 12 anni, posso votare, avere una voce. E poi la cittadinanza americana semplifica un sacco di aspetti pratici della vita quotidiana, quindi appena ne ho avuto la possibilità, l’ho presa.
Sul votare alle elezioni italiane, invece, ho sentimenti contrastanti. Di fatto non seguo più la politica italiana (e non solo quella). Sono molto scollegata da ciò che succede lì; l’Italia, per me, è diventata più che altro una meta di vacanza quando vado a trovare i miei. A volte mi chiedo: “Perché continuo a votare per qualcosa di cui vengo a sapere solo perché mi arrivano le schede?” (Non giudicarmi male 😉)
In Italia non tornerò, ne sono scappata per mille ragioni. Eppure quel cordone non l’ho ancora tagliato. E non me lo fanno tagliare.
How dare they! La sensazione è quella, sì: chissà come mai da te sono arrivate quest'anno, le buste con il doppio cognome.
Capisco il sentimento contrastante sul voto in Italia. Io stessa, avendo una famiglia migrante sparsa per il mondo, mi sono interrogata molto sul fatto di esercitare il diritto di voto nel Paese di origine quando tutta la tua vita si è spostata lontano e da decenni. Non ti giudico affatto male: rimanere informate sulla politica italiana a volte è complesso anche solo vivendo da questa parte del Mediterraneo; più il nostro contesto di riferimento quotidiano cambia, più è complicato mantenere la lucidità sulle politiche italiane.
Ieri una persona su LinkedIn mi ha chiesto perché noi che siamo lontane da molti anni dovremmo votare su temi che riguardano solo l'Italia?
Le ho risposto con i primi che mi sono venuti in mente: perché anche noi abbiamo famiglia in Italia, genitori che invecchiano e avranno bisogno di assistenza, a volte immobili da gestire per lasciti familiari, contributi pensionistici versati prima dell'emigrazione e che un giorno potremmo voler riscattare.
Credo che ogni persona emigrata potrebbe tranquillamente fare una lista dei motivi che ancora la legano al voto in Italia e le fanno dire "mi interessa continuare a votare, eccome!".
Sono pienamente d’accordo sul fatto che votare sia importante, anche per chi ormai non vive più in Italia. Eppure, a volte mi chiedo se il mio voto sia davvero frutto di una riflessione critica. Adesso che ho la scheda elettorale in mano, mi rendo conto di dover capire bene per cosa sto votando, perché, da emigrata ormai un po’ scollegata, non ne ho davvero la minima idea. Molti dei temi in gioco sembrano distanti dai bisogni che considero rilevanti, e allora il dubbio si insinua. Mio padre dice che noi emigrati, in fondo, capiamo l’Italia solo di riflesso, da lontano, e forse ha ragione. Voto perché sento che è un mio dovere, ma la perplessità, quella, rimane.
Capisco molto bene che il dubbio possa insinuarsi, non è facile rimanere sul pezzo a distanza, così come spesso non lo è entrare a fondo nella politica del Paese in cui emigriamo: a volte è come stare su un ponte da cui non si vede con perfetta nitidezza né l'una né l'altra sponda (almeno, questa è spesso la mia sensazione).
Mentre leggevo le prime righe del tuo commento ho anche pensato che ci sono tantissime persone che risiedono in Italia, non si sono mai mosse da lì, e comunque non hanno le idee chiare su cosa e perché si vota a questo giro: lo dico non per fare confronti sul meno peggio, ma per sottolineare il fatto che essere emigrate non cancella la volontà di rimanere informate e di vivere con responsabilità il momento del voto. Non cancella la possibilità di fare una riflessione critica al meglio delle nostre possibilità, a prescindere da dove ci troviamo fisicamente. Secondo me possiamo essere clementi con noi stesse su questo punto, ecco :)
Interessante questa cosa dei cognomi, a me stranamente dall'Italia non è mai successo nessun casino, mentre qui (USA) per i primi tempi arrivavano le comunicazioni ufficiali a "Anna Leung" e io, dopo averci impiegato qualche secondo a capire che ero io, mi incazzato tantissimo. A me le schede sono arrivate venerdì e ho votato subito, ma solo perché avevo già fatto la mia bella ricerca prima e sapevo già cosa votare.
A novembre per la prima volta ho votato alle elezioni americane e ho avuto modo di fare il confronto. Una cosa positiva delle schede italiane è che la dimensione del font è leggibile. Per quelle americane ci voleva la lente d'ingrandimento perché tutti i quesiti su cui si votava erano schiacciati in un foglio poco più grande di un A4. La prima pagina era sulle presidenziali e cose federali, la seconda su questioni statali. Anche lì c'era molto testo (ripeto, microscopico) e bisognava informarsi prima sui singoli quesiti, ma il testo sulla scheda stessa non era così ostico.
Io sono diventata "eligible" per far domanda di cittadinanza USA tre anni fa. Mio marito l'ha fatta subito (rinnovare il passaporto di Hong Kong dopo il 2020 era praticamente impossibile, aveva dovuto farsi rilasciare un documento di viaggio dalla Gran Bretagna perché quando è nato era un "suddito della regina"), io non volevo ma alla fine l'ho fatto per due motivi principali: 1. poter votare 2. ridurre i problemi quando viaggiamo, perché ogni volta ci fermavano e chiedevano mille documenti aggiuntivi (siccome abbiamo figli minori minori, dovevamo dimostrare di essere effettivamente i genitori).
Grazie per questo confronto sull'accessibilità delle schede, Anna! In effetti la leggibilità delle nostre è molto buona: bisognerebbe fondere la formattazione italiana con il plain language USA, allora 🤭
E grazie anche per aver condiviso il motivo della tua scelta; avere la possibilità della doppia cittadinanza è una gran cosa, se possiamo facilitarci la vita in questo senso perché no? (E che enorme privilegio è diventato, in questi tempi oscuri!).
Ciao Alice. Sai già come la penso su un po' di punti ma è bello condividere :) una volta il Consolato di Bruxelles si è permesso di mandarmi una busta indirizzata a me aggiungendo il cognome di mio marito. Ma chi ve lo ha chiesto? A 'sto giro però no. Almeno questo.
Io ho preso la cittadinanza belga per poter votare, è davvero l'unico grosso motivo che mi ha spinta. Ma ho potuto mantenere quella italiana. Questa roba degli accordi bilaterali mi manda fuori di testa. Poi sento tutto un moto ribelle contro confini e carte di identità e regole, ma forse questo è il tema per un'altra puntata lol.
Ahh con il tema confini e documenti di identità tocchi un nervo scoperto, ci tornerò su in futuro ma vorrei scriverne senza indulgere nel trauma-dumping, e ancora non mi viene facile!
Doppia cittadinanza per il diritto di voto, io dico OH SÌ!
Continuo a rimandare il mio commento perché non saprei neanche da dove partire, a rispondere alla tua domanda su come mi sento riguardo alla doppia cittadinanza! La cittadinanza per me è proprio il tema del 2025, tra il referendum e la mia idoneità a diventare cittadina statunitense nei prossimi mesi. Ho addirittura letto un libro che si chiama “Cittadinanza”, per darti l’idea 😂 questo libro mi ha fatto capire che la componente identitaria che io ho sempre associato alla cittadinanza in realtà è prerogativa e privilegio di una persona come me, che non ha bisogno della cittadinanza americana per aumentare la qualità della sua vita. La cittadinanza è in realtà innanzitutto uno strumento politico, di controllo delle masse (esempio italiano docet). Io posso permettermi di indugiare sulla cittadinanza americana in una maniera che tante altre persone invece non possono. Ho deciso di continuare a indugiare. Non ho voglia di farla quest’anno, non tanto per Trump, ma perché non riesco a liberarmi della forte componente identitaria. Pur potendo avere la doppia cittadinanza, mi sembra comunque di compiere un salto più lungo, da un punto di vista identitario, di quello che sono pronta a fare ora. Sono sicura che in futuro mi sentirò pronta e il momento arriverà.
Pazzesco che la Spagna e l’Italia non abbiano un accordo bilaterale. Mi sembra quel tipo di cosa che potrebbe essere controllata a livello comunitario, i.e. tutti gli Stati membri dell’Unione per legge consentono la doppia cittadinanza reciproca.
Grazie per questa condivisione, Enrica. Ogni risposta che sto ricevendo restituisce la complessità del tema e quanto sia vissuto in modo intimamente diverso da ogni persona. Questa tua frase, comunque, la metto in evidenza: "Io posso permettermi di indugiare sulla cittadinanza americana in una maniera che tante altre persone invece non possono. " Vale per la cittadinanza USA e per tutte quelle avallate da passaporti potenti.
Sull'accordo bilaterale, mistero: l'anno scorso la Spagna l'ha finalmente firmato con la Francia (altro Paese da cui arriva una quantità enorme di migrazione intra-europea); aspettiamo con pazienza che arrivi finalmente anche il turno dell'Italia. E sì, la soluzione che proponi tu avrebbe molto molto senso!
Grazie per la segnalazione sulla questione inerente al 1° quesito, per le possibili implicazioni sulle persone con disabilità. Spero di riuscire a trovare un momento di lucidità per comprendere l'articolo di Vita. Stamattina a colazione, quando ho letto la nl, ho provato a leggerlo ma ammetto di aver rinunciato a metà. Un po' devo dire che mi “preoccupa” acquisire questa consapevolezza perché prima avevo le idee molto chiare. Ma ben venga la complessità! Buona serata
Ciao Roberta. Eh, quell'articolo è davvero ostico, un vero peccato perché il tema è super importante. Anche a me ha messo in crisi, soprattutto perché l'ho scoperto dopo aver votato: e qui inserisco la nota amara su quanto votare "d'anticipo" a volte sia controproducente, perché molte informazioni utili e più stratificate arrivano a ridosso della data del voto, quando per le persone AIRE è già tardi.
volevo segnalarti che su IG, la giurista Roberta Covelli ha risposto con delle storie proprio questo articolo. Ha registrato 3 storie sul tema, all'interno della raccolta “Posta del quorum”.
Spero possa essere utile e chiarire. Secondo il suo commento l'articolo in questione è un po' allarmista e, in realtà, l'articolo 18 post Fornero sarebbe comunque più tutelante per le persone con disabilità rispetto alla norma attuale del Jobs Act. Spero di aver afferrato il senso perché per me il linguaggio giuridico è criptonite. Ma incrocio le dita!
Grazie mille, Roberta! Sono andata ad ascoltarla e ok, contraddice l'articolo di Vita. (Meno male, dico io avendo già votato!).
Comunque nemmeno lei, secondo me, usa un linguaggio facile da seguire. 😬 (In più le storie video senza sottotitoli mi aggiungono un grado di difficoltà)
A prescindere da questo quesito, la complessità del linguaggio giuridico è davvero respingente e il fatto di non riuscire a coglierne tutte le sfumature mi frustra non poco!
Infatti ho ascoltato le storie insieme a mio marito perché lui ha studiato giurisprudenza, perché davvero temevo di non capire.
Ho notato una cosa, tra i contenuti sui referendum intercettati in questo periodo: erano sempre o troppo semplicistici o molto oscuri, anche quando chi li ha creati voleva chiarire.
Sui sottotitoli problemone a parte: noto che è ancora molto comune.
Lettura utilissima, Andrea, grazie mille per averla condivisa!
Mi ha colpito molto questa frase: "Nel ragionare sul necessario riconoscimento della cittadinanza non va sottovalutato il diritto di sentire e coltivare identità multiple", che potrebbe riassumere il sentimento di tante persone che si trovano in quel ponte tra due (o più) Paesi. A questo però, per molte persone italiane senza cittadinanze, si aggiunge la difficoltà di avere il passaporto di un colore diverso dal bordeaux, con tutta la discriminazione che ne consegue. Incrocio fortissimo le dita perché questo referendum vada bene!
Ciao Alice, il tema della doppia cittadinanza tocca anche me molto da vicino. La Danimarca, dove vivo, ha il famoso accordo con l'Italia, e io vorrei molto poter prendere la cittadinanza danese. Peccato che i requisiti per richiederla siano, al momento, fuori dalla mia portata. Anzi, a dire il vero in questo preciso momento avrei tutte le carte in regola per fare domanda (almeno 9 anni di residenza, di cui 2 con permesso permanente; almeno 3.5 anni di lavoro fulltime negli ultimi 4 anni; la prova di cultura; il livello B2 di danese, ecc. Mi viene il fiatone solo a elencare). Peccato che dal momento della domanda (che ora paghi quasi 1000 euro) e la risposta passino in media due anni. E io sono - ahimè - in malattia e mi si prospetta un periodo in cui potrei ricevere, per qualche mese, dei sussidio pubblici (per malattia , ribadisco), cosa che posticipa automaticamente di svariati anni la possibilità di fare domanda, perdendo quindi domanda e soldi. E la mia è solo una delle tante situazioni-inghippo, dove le regole puntano a confondere, scoraggiare, disilluderti.
Nel mio caso, il problema non è tanto l'accordo con l'Italia, quindi, ma l'idea che chi arriva dall'estero debba sudare 10 volte tanto per poter "godere" di un'equiparazione.
Viviamo qui, lavoriamo, abbiamo una figlia nata qua, ma non possiamo votare. Non possiamo partecipare a iniziative pubbliche, raccolte firme ufficiali, ecc. So che molte persone con cittadinanza italiana non sono interessate, perché comunque cittadine di paese europeo e quindi per molti versi "equiparate e protette", ma l'idea di non poter votare nel posto in cui vivo per me è un danno enorme.
Ti ringrazio tantissimo per aver condiviso la tua esperienza, Serena. È un esempio di quanto certi diritti non siano affatto scontati, anche se sulla carta sembra così: anche quando ci spettano la corsa a ostacoli è dietro l'angolo.
L'idea che esponi, "chi arriva dall'estero debba sudare 10 volte tanto per poter "godere" di un'equiparazione", si inquadra benissimo in alcune dichiarazioni della premier danese che leggevo proprio l'altro giorno 😣
Ciao Alice, anche io ho votato la settimana scorsa. Per fortuna qui all‘Ambasciata non è mai venuto in mente a nessun* di aggiungere il cognome del mio compagno al mio, ma noi non siamo sposat*.
Io quest‘anno mi sono decisa a chiedere la cittadinanza tedesca. Avrei potuto farlo da tempo ma provando profondo rifiuto per il costrutto degli stati nazionali acquistare un secondo passaporto (tra Germania e Italia c’è l’accordo bilaterale) mi metteva a disagio. Ora però mi sono veramente stufata di non poter votare e partecipare alla vita politica del luogo dove vivo.
Non trovo particolarmente giusto che una persona possa votare in due Paesi, a mio parere si potrebbe far decidere alle persone dove vogliono votare: nel Paese in cui risiedono o in quello di origine? Senza dover passare per procedure burocratiche come l’acquisizione della nazionalità. La cosa fondamentale sarebbe garantire a tutt* questo diritto.
Capisco però che per alcune persone sia importante non rinunciare alla cittadinanza acquisita alla nascita e altrettanto importante poter ricevere quella del luogo dove vivono. Lo si vede anche all’ esempio della comunità turca in Germania che ha dovuto aspettare fino all’anno scorso per vedersi riconosciuto questo diritto. Poi si lamentano perché “non si sono ancora integrati” (qualunque cosa ciò voglia dire).
Soprattutto con l’avanzare dell’estrema destra in Europa mi chiedo se e come cambierebbero i risultati elettorali se potessero votare TUTTE le persone maggiorenni che risiedono da almeno 2? o 3? anni in un Paese?
Scusa il papiro. Grazie per la tua newsletter, sempre interessante e densa di spunti🌻
La possibilità di scegliere in quale Paese votare sarebbe molto interessante, e poterlo fare senza passare per lungaggini burocratiche... beh, fantastico, ma l'amarezza imperante mi fa pensare a un'utopia.
L'esempio che fai sulla comunità turca è molto significativo.
Dalle conversazioni che ho fatto dopo questa newsletter mi è ancora più chiaro che il concetto di cittadinanza assume sfumature molto intime e personali per ogni persona. Come ogni volta che si parla di diritti così fondanti, abbracciare la prospettiva più ampia possibile sarebbe auspicabile, ma sappiamo che i discorsi di maggioranza vanno purtroppo in tutt'altra direzione (anche nei Paesi apparentemente più progressisti come la Spagna, eh). Se potessero votare tutte le persone che citi, chissà che sorprese!
Ciao Alice, io vivo in Svizzera e a me sulla busta invece è arrivato l'indirizzo con il doppio cognome (il mio e quello di mio marito, ma senza in). Che a me starebbe anche bene se potesse essere cosi' anche per i nostri/e figli/e. E' la prima volta che noto che questo succede... e proprio quest'anno in cui avevo letto che invece l'avevano abolito... avremo un consolato particolarmente conservatore? Per quanto rigarda la cittadinanza io le ho entrambe. Forse anche a me sarebbe un po' pesato rinunciare all'italiana per diventare svizzera, anche se non ho questo grande senso di apprtenenza e identificazione. E di fatto penso che la doppia cittadinanza mi descriva meglio di ognuna delle due singolarmente. Riflette la mia storia e quella dei miei figli/e che sono nati e cresciuti qui in mezzo a molti altri bambini e bambine originari di tutto il mondo, ma nati e cresciuti qui. Penso che a tutti dovrebbe essere permesso avere piu' cittadinanze se lo desiderano. Non è giusto che sia un privilegio.
Ciao Silvia, oh chissà da cosa dipende allora la presenza del doppio cognome - può essere dovuto a una consuetudine svizzera? Anche per me, se potessi, il punto di avere la doppia cittadinanza sarebbe quello che descrivi tu: rappresenterebbe molto meglio lo sfaccettato senso di appartenenza che mi porto dietro da anni.
Non saprei. In passato si usava il doppio cognome in Svizzera. Ora invece mi pare che uno dei due coniugi cambi il suo (non necessariamente la donna pero') e il cognome unico diventa quello di tutta la famiglia. Noi non l'abbiamo fatto perche' mi pare assurdo cambiare cognome e avrebbe anche comportato una discordanza fra i documenti italiani e quelli svizzeri di qualcuno di noi. Ma mi sarebbe piaciuto che tutti avessimo il doppio cognome. Quando sono nati i miei figli in Italia non era ancora possibile. In generale non sento un particolare attaccamento all'idea di cittadinanza, lo vedo piu' come un'opportunità per godere di diritti (e sottostare a doveri). Ma forse mi sento piu' europea che altro (anche se le mie recenti letture sui temi coloniali mi fanno un po' dubitare anche di questo). Comunque la citadinanza e il senso di appartenenza sono temi interessanti. Penso solo che debbano riflettere la complessità.
E sarebbe bellissimo se riuscissero a riflettere la complessità che viviamo e dentro cui ci muoviamo. Per me l'attaccamento all'idea di cittadinanza è legata inscindibilmente alla possibilità di voto, quindi al godimento di diritti civili: se dovessi badare all'idea di appartenenza in senso più lato, mi definirei "sarda espansa" 🤭
Noi avevamo aggirato quel problema con un escamotage: all'epoca in Italia non era possibile né il doppio cognome né quello materno, ma la legge diceva che il nome dei figli doveva rispecchiare quello del certificato di nascita originale. Quindi noi avevamo dato Nome - Cognome di mio marito come middle name - Cognome mio, e al momento della registrazione in Italia avevamo messo first and middle name nel campo del primo nome. Quindi loro hanno avuto il cognome materno ben prima che diventasse possibile, e stranamente non ci hanno mai fatto problemi.
Ingegnosi!
Grazie mille per avere citato la mia newsletter! ❤️❤️ Per quanto riguarda il referendum, qui c'è stata una polemica perché la RAI praticamente non ne parla, e questo perché il partito al governo sta cercando di promuovere l'astensionismo. Non mi sorprende affatto. Anche il "legalese" nelle schede secondo me è una pratica per far sì che votare sia respingente. Per fortuna c'è modo di informarsi, di capire e farsi un'idea. Il Post sta facendo dell'ottima informazione su questo referendum, per esempio. Grazie per avere votato e per averne parlato, con le tue parole puoi indurre altre persone a farlo. Un abbraccio!
Te l'avevo detto che mi era piaciuto davvero tanto, quest'ultimo episodio!
E sì, ho visto che la tv italiana ne sta parlando davvero poco, per quello è importante che lo facciamo tra di noi, nelle nostre cerchie.
Sul tema del legalese posso solo confermare: è una cattiva pratica che ci portiamo dietro per cultura e visione elitario alla lingua. Per fortuna ci sono sempre più persone del settore che si stanno impegnando per cambiare questo approccio!
Grazie per il commento <3
Sono stato residente in UK e ho votato per elezioni e referendum italiani. Se la tua intenzione è di rimanere in modo permanente in Spagna non rimane che facilitarti la vita dove risiedi. Credo che proprio dovessi cambiare idea riprendere quella italiana da residente in Italia (con quella spagnola) non sarebbe un problema. "Ma non è mai detto"
Ciao! Non è mai detto, appunto. Negli anni ho avuto sufficienti esperienze sia con la burocrazia spagnola che con quella italiana, proprio legata a temi di cittadinanza, per sapere di non voler correre il rischio :)
Comincio col dire che due giorni fa mi sono arrivate le schede elettorali e, per la prima volta, mi ritrovo il cognome di mio marito dopo il mio. La prima cosa che gli ho detto è stata: “How dare they?” Il Consolato di San Francisco trova sempre un modo creativo per farmi irritare.
Quanto alla doppia cittadinanza, ho sia quella italiana che quella americana. Ho scelto di farla perché almeno qui, dove vivo ormai da 12 anni, posso votare, avere una voce. E poi la cittadinanza americana semplifica un sacco di aspetti pratici della vita quotidiana, quindi appena ne ho avuto la possibilità, l’ho presa.
Sul votare alle elezioni italiane, invece, ho sentimenti contrastanti. Di fatto non seguo più la politica italiana (e non solo quella). Sono molto scollegata da ciò che succede lì; l’Italia, per me, è diventata più che altro una meta di vacanza quando vado a trovare i miei. A volte mi chiedo: “Perché continuo a votare per qualcosa di cui vengo a sapere solo perché mi arrivano le schede?” (Non giudicarmi male 😉)
In Italia non tornerò, ne sono scappata per mille ragioni. Eppure quel cordone non l’ho ancora tagliato. E non me lo fanno tagliare.
How dare they! La sensazione è quella, sì: chissà come mai da te sono arrivate quest'anno, le buste con il doppio cognome.
Capisco il sentimento contrastante sul voto in Italia. Io stessa, avendo una famiglia migrante sparsa per il mondo, mi sono interrogata molto sul fatto di esercitare il diritto di voto nel Paese di origine quando tutta la tua vita si è spostata lontano e da decenni. Non ti giudico affatto male: rimanere informate sulla politica italiana a volte è complesso anche solo vivendo da questa parte del Mediterraneo; più il nostro contesto di riferimento quotidiano cambia, più è complicato mantenere la lucidità sulle politiche italiane.
Ieri una persona su LinkedIn mi ha chiesto perché noi che siamo lontane da molti anni dovremmo votare su temi che riguardano solo l'Italia?
Le ho risposto con i primi che mi sono venuti in mente: perché anche noi abbiamo famiglia in Italia, genitori che invecchiano e avranno bisogno di assistenza, a volte immobili da gestire per lasciti familiari, contributi pensionistici versati prima dell'emigrazione e che un giorno potremmo voler riscattare.
Credo che ogni persona emigrata potrebbe tranquillamente fare una lista dei motivi che ancora la legano al voto in Italia e le fanno dire "mi interessa continuare a votare, eccome!".
Sono pienamente d’accordo sul fatto che votare sia importante, anche per chi ormai non vive più in Italia. Eppure, a volte mi chiedo se il mio voto sia davvero frutto di una riflessione critica. Adesso che ho la scheda elettorale in mano, mi rendo conto di dover capire bene per cosa sto votando, perché, da emigrata ormai un po’ scollegata, non ne ho davvero la minima idea. Molti dei temi in gioco sembrano distanti dai bisogni che considero rilevanti, e allora il dubbio si insinua. Mio padre dice che noi emigrati, in fondo, capiamo l’Italia solo di riflesso, da lontano, e forse ha ragione. Voto perché sento che è un mio dovere, ma la perplessità, quella, rimane.
Capisco molto bene che il dubbio possa insinuarsi, non è facile rimanere sul pezzo a distanza, così come spesso non lo è entrare a fondo nella politica del Paese in cui emigriamo: a volte è come stare su un ponte da cui non si vede con perfetta nitidezza né l'una né l'altra sponda (almeno, questa è spesso la mia sensazione).
Mentre leggevo le prime righe del tuo commento ho anche pensato che ci sono tantissime persone che risiedono in Italia, non si sono mai mosse da lì, e comunque non hanno le idee chiare su cosa e perché si vota a questo giro: lo dico non per fare confronti sul meno peggio, ma per sottolineare il fatto che essere emigrate non cancella la volontà di rimanere informate e di vivere con responsabilità il momento del voto. Non cancella la possibilità di fare una riflessione critica al meglio delle nostre possibilità, a prescindere da dove ci troviamo fisicamente. Secondo me possiamo essere clementi con noi stesse su questo punto, ecco :)
Interessante questa cosa dei cognomi, a me stranamente dall'Italia non è mai successo nessun casino, mentre qui (USA) per i primi tempi arrivavano le comunicazioni ufficiali a "Anna Leung" e io, dopo averci impiegato qualche secondo a capire che ero io, mi incazzato tantissimo. A me le schede sono arrivate venerdì e ho votato subito, ma solo perché avevo già fatto la mia bella ricerca prima e sapevo già cosa votare.
A novembre per la prima volta ho votato alle elezioni americane e ho avuto modo di fare il confronto. Una cosa positiva delle schede italiane è che la dimensione del font è leggibile. Per quelle americane ci voleva la lente d'ingrandimento perché tutti i quesiti su cui si votava erano schiacciati in un foglio poco più grande di un A4. La prima pagina era sulle presidenziali e cose federali, la seconda su questioni statali. Anche lì c'era molto testo (ripeto, microscopico) e bisognava informarsi prima sui singoli quesiti, ma il testo sulla scheda stessa non era così ostico.
Io sono diventata "eligible" per far domanda di cittadinanza USA tre anni fa. Mio marito l'ha fatta subito (rinnovare il passaporto di Hong Kong dopo il 2020 era praticamente impossibile, aveva dovuto farsi rilasciare un documento di viaggio dalla Gran Bretagna perché quando è nato era un "suddito della regina"), io non volevo ma alla fine l'ho fatto per due motivi principali: 1. poter votare 2. ridurre i problemi quando viaggiamo, perché ogni volta ci fermavano e chiedevano mille documenti aggiuntivi (siccome abbiamo figli minori minori, dovevamo dimostrare di essere effettivamente i genitori).
Grazie per questo confronto sull'accessibilità delle schede, Anna! In effetti la leggibilità delle nostre è molto buona: bisognerebbe fondere la formattazione italiana con il plain language USA, allora 🤭
E grazie anche per aver condiviso il motivo della tua scelta; avere la possibilità della doppia cittadinanza è una gran cosa, se possiamo facilitarci la vita in questo senso perché no? (E che enorme privilegio è diventato, in questi tempi oscuri!).
Ciao Alice. Sai già come la penso su un po' di punti ma è bello condividere :) una volta il Consolato di Bruxelles si è permesso di mandarmi una busta indirizzata a me aggiungendo il cognome di mio marito. Ma chi ve lo ha chiesto? A 'sto giro però no. Almeno questo.
Io ho preso la cittadinanza belga per poter votare, è davvero l'unico grosso motivo che mi ha spinta. Ma ho potuto mantenere quella italiana. Questa roba degli accordi bilaterali mi manda fuori di testa. Poi sento tutto un moto ribelle contro confini e carte di identità e regole, ma forse questo è il tema per un'altra puntata lol.
Ahh con il tema confini e documenti di identità tocchi un nervo scoperto, ci tornerò su in futuro ma vorrei scriverne senza indulgere nel trauma-dumping, e ancora non mi viene facile!
Doppia cittadinanza per il diritto di voto, io dico OH SÌ!
Continuo a rimandare il mio commento perché non saprei neanche da dove partire, a rispondere alla tua domanda su come mi sento riguardo alla doppia cittadinanza! La cittadinanza per me è proprio il tema del 2025, tra il referendum e la mia idoneità a diventare cittadina statunitense nei prossimi mesi. Ho addirittura letto un libro che si chiama “Cittadinanza”, per darti l’idea 😂 questo libro mi ha fatto capire che la componente identitaria che io ho sempre associato alla cittadinanza in realtà è prerogativa e privilegio di una persona come me, che non ha bisogno della cittadinanza americana per aumentare la qualità della sua vita. La cittadinanza è in realtà innanzitutto uno strumento politico, di controllo delle masse (esempio italiano docet). Io posso permettermi di indugiare sulla cittadinanza americana in una maniera che tante altre persone invece non possono. Ho deciso di continuare a indugiare. Non ho voglia di farla quest’anno, non tanto per Trump, ma perché non riesco a liberarmi della forte componente identitaria. Pur potendo avere la doppia cittadinanza, mi sembra comunque di compiere un salto più lungo, da un punto di vista identitario, di quello che sono pronta a fare ora. Sono sicura che in futuro mi sentirò pronta e il momento arriverà.
Pazzesco che la Spagna e l’Italia non abbiano un accordo bilaterale. Mi sembra quel tipo di cosa che potrebbe essere controllata a livello comunitario, i.e. tutti gli Stati membri dell’Unione per legge consentono la doppia cittadinanza reciproca.
Grazie per questa condivisione, Enrica. Ogni risposta che sto ricevendo restituisce la complessità del tema e quanto sia vissuto in modo intimamente diverso da ogni persona. Questa tua frase, comunque, la metto in evidenza: "Io posso permettermi di indugiare sulla cittadinanza americana in una maniera che tante altre persone invece non possono. " Vale per la cittadinanza USA e per tutte quelle avallate da passaporti potenti.
Sull'accordo bilaterale, mistero: l'anno scorso la Spagna l'ha finalmente firmato con la Francia (altro Paese da cui arriva una quantità enorme di migrazione intra-europea); aspettiamo con pazienza che arrivi finalmente anche il turno dell'Italia. E sì, la soluzione che proponi tu avrebbe molto molto senso!
Ciao,
Grazie per la segnalazione sulla questione inerente al 1° quesito, per le possibili implicazioni sulle persone con disabilità. Spero di riuscire a trovare un momento di lucidità per comprendere l'articolo di Vita. Stamattina a colazione, quando ho letto la nl, ho provato a leggerlo ma ammetto di aver rinunciato a metà. Un po' devo dire che mi “preoccupa” acquisire questa consapevolezza perché prima avevo le idee molto chiare. Ma ben venga la complessità! Buona serata
Ciao Roberta. Eh, quell'articolo è davvero ostico, un vero peccato perché il tema è super importante. Anche a me ha messo in crisi, soprattutto perché l'ho scoperto dopo aver votato: e qui inserisco la nota amara su quanto votare "d'anticipo" a volte sia controproducente, perché molte informazioni utili e più stratificate arrivano a ridosso della data del voto, quando per le persone AIRE è già tardi.
Ciao Alice,
volevo segnalarti che su IG, la giurista Roberta Covelli ha risposto con delle storie proprio questo articolo. Ha registrato 3 storie sul tema, all'interno della raccolta “Posta del quorum”.
Spero possa essere utile e chiarire. Secondo il suo commento l'articolo in questione è un po' allarmista e, in realtà, l'articolo 18 post Fornero sarebbe comunque più tutelante per le persone con disabilità rispetto alla norma attuale del Jobs Act. Spero di aver afferrato il senso perché per me il linguaggio giuridico è criptonite. Ma incrocio le dita!
Buona serata!
Grazie mille, Roberta! Sono andata ad ascoltarla e ok, contraddice l'articolo di Vita. (Meno male, dico io avendo già votato!).
Comunque nemmeno lei, secondo me, usa un linguaggio facile da seguire. 😬 (In più le storie video senza sottotitoli mi aggiungono un grado di difficoltà)
A prescindere da questo quesito, la complessità del linguaggio giuridico è davvero respingente e il fatto di non riuscire a coglierne tutte le sfumature mi frustra non poco!
Ciao,
sì, è vero. :(
Infatti ho ascoltato le storie insieme a mio marito perché lui ha studiato giurisprudenza, perché davvero temevo di non capire.
Ho notato una cosa, tra i contenuti sui referendum intercettati in questo periodo: erano sempre o troppo semplicistici o molto oscuri, anche quando chi li ha creati voleva chiarire.
Sui sottotitoli problemone a parte: noto che è ancora molto comune.
Ho notato lo stesso e questa cosa mi impensierisce.
A questa tua bella puntata aggiungo una cosa che ha scritto il maestro Franco Lorenzoni per Internazionale (👉 https://www.internazionale.it/notizie/franco-lorenzoni-2/2025/05/19/referendum-cittadinanza-scuola), di cui si trova anche una sua sintesi nell'ultimo episodio del podcast "il Mondo".
Lettura utilissima, Andrea, grazie mille per averla condivisa!
Mi ha colpito molto questa frase: "Nel ragionare sul necessario riconoscimento della cittadinanza non va sottovalutato il diritto di sentire e coltivare identità multiple", che potrebbe riassumere il sentimento di tante persone che si trovano in quel ponte tra due (o più) Paesi. A questo però, per molte persone italiane senza cittadinanze, si aggiunge la difficoltà di avere il passaporto di un colore diverso dal bordeaux, con tutta la discriminazione che ne consegue. Incrocio fortissimo le dita perché questo referendum vada bene!
Ciao Alice, il tema della doppia cittadinanza tocca anche me molto da vicino. La Danimarca, dove vivo, ha il famoso accordo con l'Italia, e io vorrei molto poter prendere la cittadinanza danese. Peccato che i requisiti per richiederla siano, al momento, fuori dalla mia portata. Anzi, a dire il vero in questo preciso momento avrei tutte le carte in regola per fare domanda (almeno 9 anni di residenza, di cui 2 con permesso permanente; almeno 3.5 anni di lavoro fulltime negli ultimi 4 anni; la prova di cultura; il livello B2 di danese, ecc. Mi viene il fiatone solo a elencare). Peccato che dal momento della domanda (che ora paghi quasi 1000 euro) e la risposta passino in media due anni. E io sono - ahimè - in malattia e mi si prospetta un periodo in cui potrei ricevere, per qualche mese, dei sussidio pubblici (per malattia , ribadisco), cosa che posticipa automaticamente di svariati anni la possibilità di fare domanda, perdendo quindi domanda e soldi. E la mia è solo una delle tante situazioni-inghippo, dove le regole puntano a confondere, scoraggiare, disilluderti.
Nel mio caso, il problema non è tanto l'accordo con l'Italia, quindi, ma l'idea che chi arriva dall'estero debba sudare 10 volte tanto per poter "godere" di un'equiparazione.
Viviamo qui, lavoriamo, abbiamo una figlia nata qua, ma non possiamo votare. Non possiamo partecipare a iniziative pubbliche, raccolte firme ufficiali, ecc. So che molte persone con cittadinanza italiana non sono interessate, perché comunque cittadine di paese europeo e quindi per molti versi "equiparate e protette", ma l'idea di non poter votare nel posto in cui vivo per me è un danno enorme.
Ti ringrazio tantissimo per aver condiviso la tua esperienza, Serena. È un esempio di quanto certi diritti non siano affatto scontati, anche se sulla carta sembra così: anche quando ci spettano la corsa a ostacoli è dietro l'angolo.
L'idea che esponi, "chi arriva dall'estero debba sudare 10 volte tanto per poter "godere" di un'equiparazione", si inquadra benissimo in alcune dichiarazioni della premier danese che leggevo proprio l'altro giorno 😣
Ciao Alice, anche io ho votato la settimana scorsa. Per fortuna qui all‘Ambasciata non è mai venuto in mente a nessun* di aggiungere il cognome del mio compagno al mio, ma noi non siamo sposat*.
Io quest‘anno mi sono decisa a chiedere la cittadinanza tedesca. Avrei potuto farlo da tempo ma provando profondo rifiuto per il costrutto degli stati nazionali acquistare un secondo passaporto (tra Germania e Italia c’è l’accordo bilaterale) mi metteva a disagio. Ora però mi sono veramente stufata di non poter votare e partecipare alla vita politica del luogo dove vivo.
Non trovo particolarmente giusto che una persona possa votare in due Paesi, a mio parere si potrebbe far decidere alle persone dove vogliono votare: nel Paese in cui risiedono o in quello di origine? Senza dover passare per procedure burocratiche come l’acquisizione della nazionalità. La cosa fondamentale sarebbe garantire a tutt* questo diritto.
Capisco però che per alcune persone sia importante non rinunciare alla cittadinanza acquisita alla nascita e altrettanto importante poter ricevere quella del luogo dove vivono. Lo si vede anche all’ esempio della comunità turca in Germania che ha dovuto aspettare fino all’anno scorso per vedersi riconosciuto questo diritto. Poi si lamentano perché “non si sono ancora integrati” (qualunque cosa ciò voglia dire).
Soprattutto con l’avanzare dell’estrema destra in Europa mi chiedo se e come cambierebbero i risultati elettorali se potessero votare TUTTE le persone maggiorenni che risiedono da almeno 2? o 3? anni in un Paese?
Scusa il papiro. Grazie per la tua newsletter, sempre interessante e densa di spunti🌻
Grazie per il tuo commento, nina!
La possibilità di scegliere in quale Paese votare sarebbe molto interessante, e poterlo fare senza passare per lungaggini burocratiche... beh, fantastico, ma l'amarezza imperante mi fa pensare a un'utopia.
L'esempio che fai sulla comunità turca è molto significativo.
Dalle conversazioni che ho fatto dopo questa newsletter mi è ancora più chiaro che il concetto di cittadinanza assume sfumature molto intime e personali per ogni persona. Come ogni volta che si parla di diritti così fondanti, abbracciare la prospettiva più ampia possibile sarebbe auspicabile, ma sappiamo che i discorsi di maggioranza vanno purtroppo in tutt'altra direzione (anche nei Paesi apparentemente più progressisti come la Spagna, eh). Se potessero votare tutte le persone che citi, chissà che sorprese!