#59 Stanca delle canzoni d'amore
Di boycott, parolacce, censure, ma anche: quante delle tue canzoni preferite parlano di amore, relazioni, patemi sentimentali?
Qualche settimana fa, l’illustratrice spagnola Moderna de Pueblo (nome d’arte di Raquel Córcoles) ha pubblicato su Instagram un carosello che si intitola "Sature di canzoni d’amore”:
Le protagoniste dell’illustrazione sono le componenti del gruppo musicale Las Odio (Ágata Ahora alla chitarra, Amanda Palma alla batteria, Sonsoles Rodríguez al basso e Paula JJ alla voce), formatosi nel 2015 a Madrid.
C’è chi definirebbe Las Odio un gruppo post-punk o garage o rock ma loro preferiscono chiamarsi un gruppo riot grrrls. Quello che sì è definito e costante nella loro storia artistica — tema del carosello di cui sopra — è la loro disaffezione artistica per i temi romantici, che occupano una porzione residuale, se non nulla, del loro repertorio.
In un’intervista di qualche mese fa per El Diario, la band raccontava:
Chiunque parla d'amore. Che appiattimento.
Per noi i testi sono sempre stati importanti. Non è che non ascoltiamo canzoni d'amore, ma la nostra è una decisione artistica deliberata: non faremo canzoni che parlano di quella piccola droga per le ragazze, l'amore. Ce ne sono già abbastanza.
Siamo donne che scrivono canzoni in modo che altre donne possano identificarsi con temi diversi dall'amore, per variare un po'.
Il carosello di Moderna de Pueblo parte da questo dato: secondo Spotify, le 10 canzoni più ascoltate in Spagna nel 2023 trattano tutte temi legati all’amore e alle relazioni sentimentali.
Sono andata a guardare la classifica italiana e la situazione è praticamente la stessa. La top 10 nostrana del 2023 era questa:
Cenere, di Lazza
Gelosa, di Finesse feat. Shiva, Sfera Ebbasta, Guè
Vetri neri, di AVA, ANNA e Capo Plaza
Come vuoi, di Geolier
Quevedo: Bzrp Music Sessions, Vol. 52, di Bizarrap e Quevedo
Hoe, di Tedua e Sfera Ebbasta
X CASO, di Geolier e Sfera Ebbasta
Il male che mi fai, di Geolier e Marracash
Supereroi, di Mr.Rain
Tango, di Tananai
Me le sono ascoltate tutte (ok, più o meno, per alcune non sono riuscita ad arrivare alla fine) ed è così: qualunque sia lo stile musicale, anche in Italia le 10 canzoni più ascoltate parlano di amore, disamore, gelosie, passione e vari gradi di patemi sentimentali.
Nota a margine, ma neppure troppo: a parte la canzone numero 3, tutto l’amore della classifica è raccontato da uomini. A me questa cosa fa pensare molto e — dopo essermi letta i testi — preoccupa pure un po’.
Anche per questo la decisione de Las Odio mi ha affascinato. Onestamente non avevo mai pensato a quante canzoni “d’amore” ci sono tra le 570 canzoni segnate come mie preferite su Spotify. Ho dato un’occhiata alla mia lista — iniziata quasi dieci anni fa — e, senza nessuna sorpresa, ne ho trovate tantissime: quante ne hai tu?
Di cosa si canta quando non si canta d’amore?
Sonsoles, una delle componenti de Las Odio, risponde così:
Partiamo da quelle piccole cose che nel fondo racchiudono grandi temi politici fuori dal nostro controllo; quelli che non possono essere denunciati, ma quando ne parli in pubblico sono riconosciuti come esperienza condivisa. Come l'ansia o l'angoscia esistenziale provocata dal capitalismo e non dal romanticismo.
Stavo per usare la parola “ingiustizie”, ma non mi riferisco alle grandi ingiustizie; ci preoccupano quelle piccole, come i furti di bicicletta. […] E poi il lavoro, le relazioni sociali e il fatto che al lavoro non ti diano troppo filo da torcere, che ti lascino vivere. O meglio, sopravvivere.
Confesso che quest’ultima frase mi ha fatto pensare a una molto più pop Shakira che, insieme a Fuerza Regida, canta El Jefe. Se non la conosci, ecco tradotto l’incipit:
7:30, suona la sveglia. Vorrei rimanere a letto, ma non posso. Devo portare i bambini a scuola alle 9. Il solito caffè, la solita cucina, la solita routine. Un'altra giornata di merda. Un'altra giornata in ufficio. Ho un capo di merda che non mi paga bene. Io arrivo a piedi e lui in Mercedes-Benz. Mi tratta come recluta quel ***
E proprio il lavoro, nelle canzoni de Las Odio, torna anche nella sua declinazione identitaria, con il tema del lavorismo in chiave capitalista, che ci spinge — per dirla con le parole di Byung-Chul Han — ad auto-sfruttarci credendo che quella sia la strada della realizzazione personale:
Dos trabajos y una banda
no parecen suficientes.
Es necesidad o angustia.
Estoy pensando en lo siguiente.
Montemos un colectivo,
un fanzine introspectivo
y si el tiempo me alcanza
yo te ayudo en la mudanza.
Due lavori e una band / non mi sembrano sufficienti. / È una necessità o un’angoscia. / Sto pensando a questo: / fondiamo un collettivo, / una fanzine introspettiva / e se mi rimane abbastanza tempo / ti aiuto con il trasloco. (Autoexplotación, 2023)
A me piace molto anche la loro critica alla meritocrazia, tema di cui avevo parlato dettagliamente in una Ojalá del 2022:
Yo me esforcé
Pero no tuve nada que hacer
Había gente más guapa
También mejor posicionada
Tienen sus vidas resueltas
Gente que cree en la meritocracia
Mi sono impegnata a fondo / Ma niente da fare / C'erano persone più belle e con una posizione migliore / Con una vita risolta / Gente che crede nella meritocrazia.
(Meritocracia, 2019)
Il musicale è politico (semicit.)
Chiunque arrivi in Spagna e partecipi a una festa popolare, di barrio o meno, sa che prima o poi suoneranno Ni tu ni nadie o A quién le importa, inni alla libertà individuale di essere ciò che si vuole.
Queste, e molte altre canzoni degli anni Ottanta e Novanta, sono parte del movimento artistico chiamato Movida Madrileña (e grazie a Katia per avermi fatto unire i puntini!).
Cos’è la Movida Madrileña?
Era il 1975 e la Spagna si stava finalmente lasciando alle spalle il regime di Franco, aprendosi a un nuovo modo di vivere: a Madrid sorge il fenomeno artistico sociale della Movida Madrileña, un tripudio di talenti da diversi campi artistici che esprimono la speranza di una nuova era.
Durante i primi anni della Transizione, e fino a metà degli anni Ottanta, la Movida è stato un movimento controculturale e artistico che si è diffuso anche in altre città spagnole.
Ha regalato alle persone una nuova forma di espressione, sia verbale che estetica; un inno artistico per tornare a riempire le strade, vivere e divertirsi una volta per tutte; uno degli strumenti con cui una buona parte della Spagna iniziò a recuperare la sua voce, la sua identità e un futuro che si pensava perduto.
La musica spagnola ha poi mantenuto negli anni molta di quella scia di colore e rivendicazione – amori, disamori e reggaeton a parte.
Per esempio, la canzone che concorrerà per la Spagna all’Eurovision di quest’anno mi sembra arrivare dritta dalla Movida Madrileña.
Si chiama Zorra, la canta il duo alicantino Nebulossa, formato dalla cantante Merry Bas, 55 anni, e dal tastierista e produttore Mark Dasousa, 47 anni:
Quando a febbraio la canzone ha vinto il Benidorm Festival (dove ogni anno si sceglie la canzone spagnola destinata all’Eurovision), se ne è parlato per settimane.
Il titolo della canzone, infatti, fa riferimento a uno degli epiteti più usati per offendere le donne: zoccola.
Nessuna sorpresa, è la solita dissimmetria semantica:
In spagnolo, zorro significa volpe 🦊
La parola si usa anche per descrivere le persone.
Solo che un zorro, al maschile, è un uomo astuto, mentre una zorra, al femminile, è una prostituta.
Puoi quindi immaginare la polemica generata da Nebulossa che canta
Si salgo sola soy la zorra / (Se esco da sola sono una zoccola)
Si me divierto, la más zorra / (Se mi diverto, la più zoccola)
Si alargo y se me hace de día / (Se faccio tardi e torno all’alba)
Soy más zorra todavía / (Sono ancora più zoccola)
Cuando consigo lo que quiero, zorra, zorra / (Quando ottengo quello che voglio, zoccola, zoccola)
Jamás es porque lo merezco / (Non è mai perché me lo merito, zoccola, zoccola)
Y aunque me esté comiendo el mundo / (E anche se sto andando alla grande)
No se valora ni un segundo / (Non lo si apprezza neanche per un momento)
Non era mica la prima volta
Dopo la vittoria di Nebulossa si sono alzate numerose voci, chi a difendere la canzone, chi a condannarla.
L’insulto è usato come parola di rivendicazione ed empowerment: allora la si può considerare una canzone femminista? O non c’era bisogno di usare un insulto sessista che, secondo molte persone intervenute nel dibattito, banalizzerebbe la violenza contro le donne? Come potrai immaginare, non esiste una risposta sola a questi quesiti.
Eppure, come racconta questo articolo di Uppers, non è stata la prima volta che una cantante spagnola ha rivendicato l’essere zorra in diretta tv:
Nel 1983, furono Las Vulpes a suscitare clamore quando apparvero su TVE il 23 aprile cantando "Me gusta ser una zorra".
Quello sì, fu uno scandalo nazionale.Era sabato e il programma "Caja de ritmos", presentato da Carlos Tena al mattino, era rimasto con un buco nella programmazione. Così chiamarono Las Vulpes, quattro adolescenti che si rifiutarono di modificare le parolacce di "Me gusta ser una zorra", una versione libera di "I wanna be your dog", degli Stooges. La canzone venne trasmessa senza censure e senza bip che nascondessero le parole più scurrili.
Come verrà accolta Zorra all’Eurovision?
Dicono male, ma non avrò modo di verificarlo perché sarò una di quelle persone che boicotterà lo show.
Forse ne avrai sentito parlare, ma per dirla breve: visto il genocidio che il governo di Israele sta perpetrando in Palestina, quest’anno il movimento per boicottare l’Eurovision grida più forte che mai.
Israele, infatti, partecipa all’Eurovision dal 1973 e Kan, l’emittente pubblica israeliana, fa parte dell’Unione europea di radiodiffusione (UER) perché trasmette programmi simili a quelli dei paesi europei.
La petizione popolare di boicottaggio è partita a dicembre 2023. A febbraio di quest’anno le richieste si sono intensificate e sono state rilanciate anche da rappresentanti del Parlamento Europeo con una lettera all’UER, che dal 1956 organizza l’Eurovision Song Contest:
L'UER […] vuole che l'Eurovision rimanga un evento non politico.
"Tuttavia, l'Eurovision Song Contest ha posto il veto alla partecipazione della Russia al concorso a partire dal 2022 in risposta alla sua invasione dell'Ucraina. E nel 2019, l'Islanda è stata multata dagli organizzatori del festival perché il concorrente islandese ha esposto una bandiera palestinese all'Eurovision Song Contest di Tel Aviv", hanno dichiarato (le persone che hanno firmato la lettera, ndt.)
"La partecipazione di Israele è in netto contrasto con ciò che l'UER sostiene di rappresentare, in quanto disinforma su Israele e occulta il suo comportamento genocida", hanno aggiunto.
E, di nuovo, non è mica la prima volta che si boicotta
Come già scriveva, nel 2019, Brigitte Vasallo su Pikara Magazine:
Io guardo l'Eurovision, lo dico chiaramente, senza sguardi affettati, senza aggrottare le sopracciglia e senza sentirmi superiore. Lo guardo e mi diverto, organizzo feste per guardarlo in gruppo e la sera dell’Eurovision per me è LA sera. […] Detto questo, sorelle, quest'anno non succederà. Perché, come sappiamo, l'Eurovision si terrà in Israele e gruppi e associazioni palestinesi ci hanno chiesto di boicottarlo.
[…]
Sappiamo che Israele sta compiendo un genocidio contro i palestinesi.
Niente di nuovo, non prendiamoci in giro: non c'è un solo Stato che sia esente dall'aver massacrato i popoli che lo mettono a disagio, ma la differenza in questo caso è che i massacrati ci chiedono di boicottare l'Eurovision in particolare, e quest'anno in particolare.
Non appoggiare questa richiesta non è una mera azione di frivolezza, ma qualcosa di più brutto. Questa richiesta fa parte di una strategia condotta da molti collettivi palestinesi che credono che la strategia del boicottaggio internazionale selettivo sia l'unica cosa che possa portare a un cambiamento definitivo della loro situazione. E quando dico cambiamento, intendo l'abissale cambiamento che passa tra la vita e la morte.
Le parole di Vassallo, cinque anni dopo, suonano profetiche e orribilmente veritiere; quell’abisso tra la vita e la morte di cui parla è stato ripetutamente e sconciamente oltrepassato, ancora e ancora, negli ultimi sette mesi.
Ce lo abbiamo, di nuovo, sotto gli occhi.
Da leggere, guardare, ascoltare
La Movida, playlist di Spotify per fare un’abbuffata di pop-rock spagnolo degli anni ‘80.
Ho letto un fantastico (e lunghissimo) reportage del New York Times Style Magazine che raccoglie testimonianze di artistə in varie fasi delle loro carriere: si parla anche di come iniziare a lavorare in campo creativo e di come non scoraggiarsi nell’intento.
Presto torna We are Lady Parts, serie tv inglese tra le più belle che ho visto nel 2023 😍
Quattro donne musulmane formano una band punk, le Lady Parts. Hanno talento, carisma e zero vergogna, scrivono testi sfrontati e sinceri. Manca solo una cosa: una chitarrista solista. La trovano, e anche molto brava, ma il carisma e la sfrontatezza non sono il suo punto forte.
We are Lady Parts è scritta da Nida Manzoor e lanciata Channel 4 nel 2021; in Spagna la si può guardare su Filmin. E se vuoi ascoltare le canzoni del gruppo, ecco la loro pagina su Spotify.
Errata corrige
Nella newsletter precedente c’era un errore:
Traducendo il brano tratto dall’enciclopedia femminista This is gendered, ho scritto “la proposta del linguista Robin Lakoff”; peccato che Lakoff sia UNA linguista. Mannaggia alla fretta e ai bias. 🙈
Ne approfitto per riportare un commento molto interessante di F., la persona che mi ha segnalato l’errore (corretto subito, se leggi la newsletter su Substack) e che preferisce rimanere anonima:
Questa è un'altra storia, ma per curiosità ho controllato le traduzioni automatiche della frase "Robin Tolmach Lakoff (/ˈleɪkɒf/; born November 27, 1942) is a professor emerita of linguistics at the University of California, Berkeley" (da Wikipedia):
Google Translate: Robin Tolmach Lakoff (/ˈleɪkɒf/; nato il 27 novembre 1942) è un professore emerita di linguistica presso l'Università della California, Berkeley
DeepL: Robin Tolmach Lakoff (/ˈleɪkɒf/; nata il 27 novembre 1942) è professore emerito di linguistica all'Università della California, Berkeley
ChatGPT 3.5 (prompt: translate from English to Italian): Robin Tolmach Lakoff (/ˈleɪkɒf/; nata il 27 novembre 1942) è una professore emerita di linguistica all'Università della California, Berkeley
ChatGPT 3.5 (prompt: redo the translation, now better): Robin Tolmach Lakoff (/ˈleɪkɒf/; nata il 27 novembre 1942) è una professoressa emerita di linguistica presso l'Università della California, Berkeley
Praticamente c'è ogni combinazione possibile: un professore emerita (tipo un ministro incinta), una professore emerita (tipo una ministro incinta), e infine ChatGPT che riesce a correggersi senza che il prompt specifichi cosa correggere.
Grazie mille per l’approfondimento, F.!
(E grazie, sempre grazie, a tutte le persone che si prendono del tempo per scrivermi riflessioni, commenti e parole gentili dopo aver letto Ojalá 💙)
Per questa settimana chiudo qui.
Vuoi scrivermi cosa ne pensi di questa newsletter, propormi una collaborazione o semplicemente mandarmi un saluto?
Fallo: rispondi a questa email o scrivimi su ojala [at] aliceorru.me 📧
Nel caso volessi avere una panoramica di quello che faccio, qui trovi una lista sintetica dei progetti a cui ho partecipato di recente.
Se ormai conosci Ojalá e apprezzi il mio lavoro, dai un’occhiata al piano a pagamento: con meno di 4 euro al mese puoi supportare questo progetto.
Ok, è davvero tutto.
Grazie per aver letto fino a qui. 💙
Alice
L'Eurovision mi ha dato molte gioie negli anni passati (oltre che una passione per canzoni coi fischiabbotti e le esplosioni di coriandoli) ma devo dire che il modo in cui hanno gestito le legittime richieste che gli sono state fatte quest'anno credo che mi abbiano rotto il giocattolo per sempre, perché come diceva Maya Angelou "When someone shows you who they are, believe them the first time."
Le maestre di mia figlia, 5 anni, fanno ascoltare in classe le canzoni di Sanremo: rabbrividisco tutte le volte che la sento cantare, perfettamente a memoria questo pezzo della canzone di Annalisa, Quando
“La vuoi la verità?
Ma quale verità?
Ti dico la sincera o quella più poetica?
Mi sento scossa
Ah, ma quanto male fa
Come morire, ma non capita
Sinceramente
Quando, quando, quando, quando piango
Anche se a volte mi nascondo non mi sogno di tagliarmi le vene
Sto tremando, sto tremando
Sto facendo un passo avanti e uno indietro
Di nuovo sotto un treno”
Per me la canzone parla palesemente di un rapporto tossico e non vedo nessun empowerment nonostante lei dica di non tagliarsi le vene. Per equilibrare il tutto le ho insegnato questa https://www.youtube.com/watch?v=wtI1-yEbQ5o (per restare in tema Isr/Pal). Non mi sembra abbastanza, comunque.