"La linea che separa il sentirsi vistə dal sentirsi invisibili è rossa e sottile", dice una campagna che chiama i giganti del tech a fare più attenzione ai nomi delle persone.
Leggendo l'articolo mi è venuto in mente un pezzo di stand up comedy che trovo molto divertente, https://youtu.be/ki8hEuitnEg?si=tF2Imqpki4yYadIy. È di Sindhu Vee, il cui nome veniva cambiato in Sandhog dal correttore automatico di Word. Ciao
Se mi succede a me in Spagna, figurati cosa può succedere con un nome più complicato.
Nel mio caso visto che non sento discriminazioni razziste, solo sciatteria, la strategia ogni volta che qualcuno mi scrive Hola Ana è rispondere modificando il suo nome. Hola Pilastro, Hola Albert, Hola Lucy.
La scusa anche qui è l'auto correttore, in questo caso perché il nome è troppo simile a quello spagnolo, ma io insisto sempre: soy Anna con dos n, Ana es otro nombre, no soy yo. Non lo capiscono ma sorridono.
Se è così fastidioso per me, in cui appunto sono molto meno i punti di attrito per questa ragione, non posso immaginare cosa voglia dire per una persona razzializzata.
Eh, ti capisco! Io di solito sono Aliche, Alicia o Alis. Non è mai successo però che qualcuno decidesse di inventarsi un altro nome per me, al massimo hanno insistito su Alicia, perché suona più locale (raro, ma è successo). Bellissimo il tuo metodo di risposta con un typo di vendetta 😅
Che bel pezzo, grazie Alice. Non posso fare paragoni (non ha senso farli), ma io in Belgio mi sento sempre un typo. O mi chiamano Paula, o Paolo. Una volta, una, che ci azzeccassero oh. Ma fare copia & incolla, no?
Me lo chiedo anche io, che molto spesso divento Aliche. Sono d'accordo sul fatto che poi non abbia senso fare paragoni, l'impatto che ha su di noi un typo di questo tipo è diverso dalla microaggressione che si colloca in un contesto più problematico, dove il nome è la punta dell'iceberg.
Questo tuo articolo mi ha toccato molto da vicino, non sai quante volte mi hanno storpiato il nome a scuola e quanto mi faceva male! Rocío è diventato "frocio", "Rocio" (pronunciato come si dice in italiano, senza nemmeno chiedermi come pronunciarlo), mocio vileda ecc ecc. C'è molta cattiveria nei confronti delle persone straniere, e questo è dimostrato già dal fatto che ti viene negato anche il tuo stesso nome. Non tuttə sono così, per fortuna, ci sono anche persone che vogliono sapere da dove deriva il mio nome e come pronunciarlo. Forse il nome straniero è un po' come un termometro che ti permette di capire chi hai davanti prima ancora che ti parli, no? Un abbraccio!
Grazie per aver condiviso la tua esperienza, Rocío. Dovrebbero leggerla le persone che, su un'altra piattaforma, leggendo la newsletter hanno sminuito il tema. E sì, sono molto d'accordo con la tua ultima frase ❤️
Fun fact: quasi tutti i pizzaioli Giapponesi e Taiwanesi che ho conosciuto cambiano il loro nome originale con uno napoletano (spesso Ciro o Pasquale). Da un punto di vista culturale e di adattamento questo può raccontare tante cose. Dovremmo chiederci se quando sono venuti a studiare a Napoli il nome gli sia stato affibbiato dai loro colleghi - e non mi stupirei, ma conoscendo i napoletani ci vedo più buona fede, ovvero cambiargli nome in segno di affetto e integrazione, non per rinnegare la loro identità; oppure se se lo sono scelti loro. Quello che è certo, è che è differente l'uso che ne fanno a seconda di dove si trovano. Perché quando tornano al loro paese per aprire la pizzeria usano il nome napoletano come una sorta di sigillo di autenticità per rivendicare la loro formazione e omaggiare l'arte che hanno deciso di rappresentare. Diverso ovviamente è il discorso contrario, ovvero quello di cui tu porti gli esempi in questa newsletter. Ma mi piaceva mostrare un lato diverso della medaglia, anche se esula da questo discorso, perché trovo sempre molto affascinanti gli aspetti culturali delle questioni linguistiche.
Grazie per il tuo commento, Giuseppe, è un esempio molto carino 😊 E un po' conferma anche la tesi della campagna I Am Not A Typo: i nostri nomi, sia quelli che ci teniamo dalla nascita sia quelli che cambiamo nel corso della vita, non sono mai "solo un nome". Possono rappresentare tantissime cose, nel tuo caso anche un'accurata scelta di marketing!
solo ora sono riuscita a leggere il tuo ultimo articolo...bellissimo! Anche a me succede qui alle Canarie che il mio nome diventi Ana e sono sempre lí a farlo presente ed interessante come poi la risposta della gente é nel allenarsi nel pronunciarlo. Io poi sottolineo sempre il lato emozionale legato al mio nome, ossia che é quello di mia nonna e per questo ci tengo tanto che sia scritto e pronunciato correttamente. Allo stesso tempo ora sto impartendo un corso sul Servicio di Vino e ho 5 alunni del Marocco e una del Senegal e la prima cosa che ho chiesto come volevano essere chiamati sforzandomi nella pronuncia e pregandoli che se sbaglio devono correggermi. Agli stessi canari/spagnoli ho chiesto lo stesso. Penso che é molto importante e identificativo per ogni singola persona.
Leggendo l'articolo mi è venuto in mente un pezzo di stand up comedy che trovo molto divertente, https://youtu.be/ki8hEuitnEg?si=tF2Imqpki4yYadIy. È di Sindhu Vee, il cui nome veniva cambiato in Sandhog dal correttore automatico di Word. Ciao
Grazie Lucia, non lo conoscevo. Video perfetto come risorsa aggiuntiva per questo numero 🤍
Se mi succede a me in Spagna, figurati cosa può succedere con un nome più complicato.
Nel mio caso visto che non sento discriminazioni razziste, solo sciatteria, la strategia ogni volta che qualcuno mi scrive Hola Ana è rispondere modificando il suo nome. Hola Pilastro, Hola Albert, Hola Lucy.
La scusa anche qui è l'auto correttore, in questo caso perché il nome è troppo simile a quello spagnolo, ma io insisto sempre: soy Anna con dos n, Ana es otro nombre, no soy yo. Non lo capiscono ma sorridono.
Se è così fastidioso per me, in cui appunto sono molto meno i punti di attrito per questa ragione, non posso immaginare cosa voglia dire per una persona razzializzata.
Eh, ti capisco! Io di solito sono Aliche, Alicia o Alis. Non è mai successo però che qualcuno decidesse di inventarsi un altro nome per me, al massimo hanno insistito su Alicia, perché suona più locale (raro, ma è successo). Bellissimo il tuo metodo di risposta con un typo di vendetta 😅
Il bello è che funziona: all'improvviso si rendono conto che un nome è un nome è un nome, e Alberto non è Alberte ni Albert.
Che bel pezzo, grazie Alice. Non posso fare paragoni (non ha senso farli), ma io in Belgio mi sento sempre un typo. O mi chiamano Paula, o Paolo. Una volta, una, che ci azzeccassero oh. Ma fare copia & incolla, no?
Me lo chiedo anche io, che molto spesso divento Aliche. Sono d'accordo sul fatto che poi non abbia senso fare paragoni, l'impatto che ha su di noi un typo di questo tipo è diverso dalla microaggressione che si colloca in un contesto più problematico, dove il nome è la punta dell'iceberg.
Questo tuo articolo mi ha toccato molto da vicino, non sai quante volte mi hanno storpiato il nome a scuola e quanto mi faceva male! Rocío è diventato "frocio", "Rocio" (pronunciato come si dice in italiano, senza nemmeno chiedermi come pronunciarlo), mocio vileda ecc ecc. C'è molta cattiveria nei confronti delle persone straniere, e questo è dimostrato già dal fatto che ti viene negato anche il tuo stesso nome. Non tuttə sono così, per fortuna, ci sono anche persone che vogliono sapere da dove deriva il mio nome e come pronunciarlo. Forse il nome straniero è un po' come un termometro che ti permette di capire chi hai davanti prima ancora che ti parli, no? Un abbraccio!
Grazie per aver condiviso la tua esperienza, Rocío. Dovrebbero leggerla le persone che, su un'altra piattaforma, leggendo la newsletter hanno sminuito il tema. E sì, sono molto d'accordo con la tua ultima frase ❤️
Fun fact: quasi tutti i pizzaioli Giapponesi e Taiwanesi che ho conosciuto cambiano il loro nome originale con uno napoletano (spesso Ciro o Pasquale). Da un punto di vista culturale e di adattamento questo può raccontare tante cose. Dovremmo chiederci se quando sono venuti a studiare a Napoli il nome gli sia stato affibbiato dai loro colleghi - e non mi stupirei, ma conoscendo i napoletani ci vedo più buona fede, ovvero cambiargli nome in segno di affetto e integrazione, non per rinnegare la loro identità; oppure se se lo sono scelti loro. Quello che è certo, è che è differente l'uso che ne fanno a seconda di dove si trovano. Perché quando tornano al loro paese per aprire la pizzeria usano il nome napoletano come una sorta di sigillo di autenticità per rivendicare la loro formazione e omaggiare l'arte che hanno deciso di rappresentare. Diverso ovviamente è il discorso contrario, ovvero quello di cui tu porti gli esempi in questa newsletter. Ma mi piaceva mostrare un lato diverso della medaglia, anche se esula da questo discorso, perché trovo sempre molto affascinanti gli aspetti culturali delle questioni linguistiche.
Grazie per il tuo commento, Giuseppe, è un esempio molto carino 😊 E un po' conferma anche la tesi della campagna I Am Not A Typo: i nostri nomi, sia quelli che ci teniamo dalla nascita sia quelli che cambiamo nel corso della vita, non sono mai "solo un nome". Possono rappresentare tantissime cose, nel tuo caso anche un'accurata scelta di marketing!
Ciao Alice,
solo ora sono riuscita a leggere il tuo ultimo articolo...bellissimo! Anche a me succede qui alle Canarie che il mio nome diventi Ana e sono sempre lí a farlo presente ed interessante come poi la risposta della gente é nel allenarsi nel pronunciarlo. Io poi sottolineo sempre il lato emozionale legato al mio nome, ossia che é quello di mia nonna e per questo ci tengo tanto che sia scritto e pronunciato correttamente. Allo stesso tempo ora sto impartendo un corso sul Servicio di Vino e ho 5 alunni del Marocco e una del Senegal e la prima cosa che ho chiesto come volevano essere chiamati sforzandomi nella pronuncia e pregandoli che se sbaglio devono correggermi. Agli stessi canari/spagnoli ho chiesto lo stesso. Penso che é molto importante e identificativo per ogni singola persona.
Grazie per la riflessione.
Anna