#83 Mappare lo sguardo
Se le mappe sono importanti per allenare lo sguardo, le parole sono fondamentali per allenare (e ampliare) il pensiero.
In questo episodio:
Certe email che mando di prima mattina.
Il Messico non è un paese sudamericano.
La percezione distorta del mondo, by Mercatore.
L’americana sineddoche che mi fa venire l’orticaria.
Altre curiosità sulle parole per parlare di America Latina e sui neologismi che riconoscono i vissuti delle persone.
(La foto in copertina è un dettaglio dei mosaici di un balcone di Park Güell a Barcellona. L’ho scattata nei primi giorni della mia vita da questo lato del Mediterraneo.)
Ogni mattina ricevo la newsletter di un quotidiano italiano; anche se non sono (più) abbonata, ho tenuto la newsletter per avere un riassunto argomentato delle notizie del giorno.
Martedì scorso apro la newsletter e l’oggetto dell’email già mi stanca, Trump piega il Messico; non posso far a meno di pensare a Ivan Drago che vuole spezzare in due Rocky.
La prima notizia entra subito nel merito del titolo, il rinvio dei dazi che Trump vorrebbe imporre al Messico. Alla sesta riga, una frase stride:
dopo le minacce di aumentare i dazi, il paese sudamericano è riuscito a prendere tempo ma in cambio dovrà schierare 10mila soldati lungo il confine per bloccare l'immigrazione irregolare.
Il paese sudamericano?, mi chiedo. Devo essermi persa un pezzo, si riferisce a qualche altro paese latinoamericano coinvolto dallo sbraitare trumpiano?
Rileggo, apro il link all’articolo di cui posso leggere solo l’incipit: no, parla proprio e solo del Messico. È lui il paese sudamericano.
Cerco l’indirizzo per contattare la redazione e scrivo una rapida email per segnalare la scorrettezza. Oggetto:
Il Messico non è un paese sudamericano
Mi sento rompibolle, ma prevale la parte di me sfranta dal contesto storico che stiamo vivendo.

Quel sudamericano buttato lì potrebbe sembrare un’imprecisione banale, e so di non essere l’unica ad aver studiato la geografia su sussidiari che molti anni fa dicevano qualcosa di simile. Venendo a vivere nel continente iberico ho scoperto che in passato il retaggio di considerare il Messico come un paese sudamericano era comune anche qui.
Ma di acqua sotto i ponti ne è passata, e oggi, nel 2025 e con gli equilibri geopolitici pronti allo sconquasso, mi sembra davvero un brutto momento per lasciarsi scappare queste superficialità.
Spostare lessicalmente il Messico in un’area geografica diversa contribuisce a rafforzare stereotipi e una percezione errata della sua posizione strategica e politica.
Se mi leggi da tanto, forse saprai già che tengo molto alla questione del lessico geografico. Le parole che usiamo per parlare di geografia non sono neutre; spesso si portano dietro il racconto dei vincitori e l’oppressione dei vinti.
Che il Messico non è in Sud America lo si verifica subito osservando una mappa del continente americano. Il fatto che però si faccia fatica a pensarlo come Nord America dice molto dei nostri bias, di come abbiamo educato il nostro sguardo a osservare il mondo altro da noi.
D’altronde le mappe su cui abbiamo imparato la geografia mondiale sono le prime a fondarsi su uno storico, enorme bias.
Mercatore, ancora tu, ma non dovevamo vederci più?
Miliardi di persone in tutto il mondo ancora oggi continuano a sviluppare una percezione distorta delle reali dimensioni dei paesi grazie alla proiezione cartogafica di Mercatore.

Gerardus Kremer detto Mercator fu il cartografo belga che nel 1569 rivoluzionò la cartografia con una mappa del mondo basata su una proiezione cilindrica: era perfetta per la navigazione nautica perché la divisione del globo in segmenti rettilinei rappresentava linee di costante angolo di rotta (in gergo tecnico si parla di lossodromia, concetto che credo di aver capito ma è meglio se approfondisci qui).
La rappresentazione cilindrica del globo che conosciamo bene risulta comoda ancora oggi, ma implica una forzatura che nei secoli abbiamo scelto di relegare in secondo piano: le dimensioni delle terre emerse sono tanto più distorte quanto più si allontanano dall'equatore.
Ecco che la Groenlandia sembra una mastodontica landa bianca delle stesse dimensioni dell’Africa; e il continente africano si vede grande, sì, ma mica così tanto da contenere Stati Uniti, Cina, India e gran parte dell’Europa!
E che dire appunto del Messico, coda a sud degli Stati Uniti che dà l’impressione di essere un sottite statarello da poco?
Salvatore Natoli, che fu direttore del dipartimento educativo dell’American Association of Geographers, diceva che
nella nostra società equipariamo inconsciamente le dimensioni di un paese alla sua importanza e persino al suo potere.
Eppure se mettessimo sulla linea dell’equatore i paesi del Nord America — Canada, Stati Uniti e Messico — le loro dimensioni reali sarebbero queste:

Se vuoi divertirti con le dimensioni reali dei paesi, vai su The True Size. Io per esempio ho spostato il Messico in Europa per ricordarmi quanto cavolo è grande in confronto ai pezzi del nostro vecchio continente:
Di sguardo etnocentrico e percezioni del mondo avevo parlato anche in uno dei primissimi numeri di Ojalá:
L’americana sineddoche
Se le mappe sono importanti per allenare lo sguardo, le parole sono fondamentali per allenare e ampliare il pensiero.
Prendiamo la parola America.
Quando la usiamo, nove volte su dieci ci riferiamo agli Stati Uniti, non all’intero continente americano.
In questo senso, America è una sineddoche: utilizziamo una parola che indica un intero continente per parlare solo di una sua parte, il territorio statunitense.
Quali sono i confini dell’America? Chi rientra nell’aggettivo americano? Cosa ti viene in mente, d’istinto, quando pronunci questa parola?
Nei paesi ispanofoni il problema con la sineddoche non si pone. In spagnolo gli Stati Uniti sono Estados Unidos o, per iscritto, EE.UU.
La Real Academia Española (corrispondente dell’Accademia della Crusca per lo spagnolo, ma molto più prescrittiva) mette in guardia dall’uso della sineddoche e ricorda la differenza e intercambiabilità tra “statunitense” e “nordamericano”:
L'uso di norteamericano come sinonimo di estadounidense è diffuso e accettabile, poiché, anche se a rigore il termine norteamericano potrebbe benissimo essere usato per indicare gli abitanti di uno qualsiasi dei Paesi del Nord America o dell'America del Nord (→ Norteamérica), viene comunemente applicato a chi abita negli Stati Uniti.
Si dovrebbe però evitare l'uso di Américano per riferirsi esclusivamente agli abitanti degli Stati Uniti, un abuso che si spiega con il fatto che gli americani usano spesso il nome abbreviato America per riferirsi al loro paese. Non bisogna dimenticare che America è il nome dell'intero continente e tutti coloro che vi abitano sono americani.
Fonte: Diccionario panhispanico de dudas alla voce Estados Unidos
Di mio, trovo la sineddoche italiana così etnocentrica che la evito fortissimamente. D’altronde le parole precise le abbiamo: possiamo distinguere tra canadesi, statunitensi, messicani e via scendendo lungo il continente americano.
Quali parole preferisci tu e quali usi con più frequenza? Parliamone!
💡 Sto finalmente concretizzando un’idea che mi ronzava per la testa da mesi: presto le persone che sostengono Ojalá con un abbonamento annuale avranno uno spazio nuovo in cui muoversi, leggere e curiosare (e da cui non arriveranno rumore o notifiche, ci tengo a precisarlo!).
Se la notizia ti piace, sappi che con 32 euro sostieni Ojalá per un anno. È un importo che terrò in sconto, al posto dei 40 euro standard, fino al lancio di questa idea che sta per diventare realtà.
Altre curiosità da scoprire ✨
Se parli lo spagnolo e ogni tanto hai ancora dubbi sulla differenza tra América Latina, Hispanoamérica e Iberoamérica, questo approfondimento dal blog di BBVA risponde con chiarezza.
Curiosità legata al punto precedente: BBVA è una banca, sì, ma dal 2005 ha fondato insieme alla Real Academia Española e all’agenzia di notizie EFE una fondazione senza scopo di lucro per promuovere il buon uso dello spagnolo nei media. Si chiama FundéuRAE.
“Ah, Trump ha detto così? Ecco la vastità dell’America Messicana che me ne frega.” Sono passate alcune settimane ma non riesco a dimenticare la memeficazione a opera di
su Trump che vuole cambiare nome al Golfo del Messico 😅
Quell’episodio della sua newsletter, Un nome proprio, ha tanti begli spunti in linea con l’argomento di oggi.Grazie al lavoro curioso e meticoloso di Licia Corbolante con il suo storico blog Terminologia etc. ho scoperto l’esistenza di un dizionario multilingue delle parole nuove nelle 24 lingue ufficiali dell’Unione Europea.
Come spiega Corbolante, il formato del dizionario è insolito perché i neologismi in tutte le lingue sono in ordine alfabetico e non si spiega il criterio di selezione delle parole: però è divertente.
E, dico io, è anche confortante vedere in questa lista parole che riconoscono i vissuti delle persone: fluido e non binario (riferito al genere), poliamore, troppia.
Ti piace scoprire campagne di marketing, iniziative e letture originali che parlano di nuove parole, inclusione e accessibilità digitale? Ojalá è nata per questo:
Come suonerebbe questo episodio di Ojalá?
Tutta la musica che consiglio su Ojalá atterra su questa playlist collaborativa su Spotify. Che canzone assoceresti a questo episodio? Scrivimelo via email o nei commenti di Substack. 🎶
Per questa settimana chiudo qui.
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Rispondi a questa email o scrivimi su ojala [at] aliceorru.me 📧
Sono Alice Orrù, sarda emigrata a Barcellona nel 2012.
Fiera della sua residenza, la mia newsletter contiene incursioni di vita catalana e tanta, tanta salsa brava. 🍟
Grazie per aver letto fino a qui. 💙
Alice
Quando facevo la copy editor a Asymptote, le linee guida dicevano esplicitamente: NON usare America per Stati Uniti. Penso che sia la correzione che ho fatto di più in assoluto nei miei 6-7 anni in quel ruolo. Ora voglio scoprire quand'è che gli americani/statunitensi si sono appropriati di questo termine per riferirsi a se stessi!
Stupendo questo numero di Ojalá, grazie Alice! Come immaginerai, la toponomastica di Stati Uniti/America e derivati è per me una sfida quotidiana. Ormai allo scritto non uso più “americani” ma “statunitensi”, con il vantaggio ulteriore che si declina uguale al maschile e femminile, così risolviamo ben due problemi di inclusione in uno! In inglese, guarda caso, l’equivalente di statunitense/estadounidense/étatsunien.ne non esiste, chissà perché 🙄 come dice una mia carissima amica brasiliana: “America is from Argentina to Alaska!”