#102 Accessibility washing
Il 28 giugno è vicino: fuggiamo dalla vendita di illusioni, parliamo di vera accessibilità (ma anche di Pride, washing e diritti).
Nell’ultimo numero di Ojalá echeggiava un perché senza risposte chiare: cosa caspita sto guardando e perché? Una domanda che, temo, ci perseguiterà ancora per molto.
In questo episodio:
Il 28 giugno quest’anno significa: Rigoberta, un Pride, una normativa importante sull’accessibilità.
Travolta dall’Accessibility Armageddon (cit. Margherita Pelonara) e dalle email di aziende che si riscoprono esperte di accessibilità.
E invece spesso vendono solo illusioni: le toppe che non servono, nuova forma di washing.
A proposito di washing: una breve nota sul perché esistono sempre più Pride critici o alternativi.
Una nutrita lista di risorse per iniziare a praticare l’accessibilità web. Abbiamo già gli strumenti per farlo (sì, anche tu che non hai competenze tecniche), basta sapere dove trovarli. Ci penso io 😉
Quest’anno, il 28 giugno non è solo il giorno in cui Rigoberta Bandini torna in concerto a Barcellona. (Ti ricordi di lei? Ne avevo parlato in questo episodio sull’ageismo.)
È il giorno del Pride. Quello ribelle, non brandizzato. A Barcellona lo si celebra con la marcia del 28J Autònom, il Pride critico che si posiziona come rivendicazione anti-capitalista rispetto al Pride ufficiale, previsto per luglio. (Più avanti ne parlo meglio.)
E infine — su un altro piano, ma sempre di riflessione collettiva — il 28 giugno segna l’entrata in vigore dello European Accessibility Act, EAA per gli amici.
È la legge dell’Unione Europea che obbliga aziende ed enti a rendere i loro prodotti e servizi digitali accessibili a tutte le persone.
Accessibili significa utilizzabili e fruibili da chiunque — persone con disabilità e non — senza intoppi e in autonomia.
Lo EAA si applicherà a siti web, app, e-commerce, bancomat, prodotti digitali e molti altri servizi che usiamo ogni giorno, con l’obiettivo di promuovere le pari opportunità per le persone con disabilità.
Accessibility Armageddon
Se anche tu ti muovi lavorativamente nel magico mondo del digitale, probabilmente negli ultimi mesi hai ricevuto decine di email che suonano così:
Accessibilità web: il tempo stringe
Accessibilità digitale, il tuo sito è pronto?
La nuova normativa è alle porte: il tuo sito web è accessibile?
Come asparagi che fanno capolino tra le boscaglie poche ore dopo le piogge primaverili, decine di aziende e consulenti ora vendono servizi di accessibilità digitale.
Dopo anni e anni di (spesso ignorata) divulgazione e condivisione di buone pratiche da parte di associazioni, community, professionistə dell’accessibilità e persone con disabilità, l’orizzonte legale del 28 giugno 2025 ha fatto il miracolo: l’accessibilità digitale importa! È un tema! Finalmente se ne parla!
È l’Accessibility Armageddon, come lo definisce Margherita Pelonara — web designer specializzata in accessibilità e WordPress — in un suo post su LinkedIn: siamo travolte da una valanga di email e sponsorizzazioni che vendono “soluzioni definitive” per mettere a norma siti web e app.
Peccato che, come ricorda Margherita, la soluzione definitiva — quella che con un piccolo software e pochi clic risolve tutti i problemi — non esiste. Se bastasse così poco il web sarebbe a posto, accessibile per definizione. E invece:
Il WebAIM Million dice che non stiamo mica tanto bene
WebAIM Million è il progetto annuale condotto da WebAIM (Web Accessibility In Mind) che analizza lo stato dell’accessibilità delle homepage del milione di siti web più visitati al mondo.
Il report 2025 ci dice che i miglioramenti ci sono, grazie anche alla chiara spinta normativa dello European Accessibility Act, dell’Americans with Disabilities Act e di altre simili legislazioni internazionali.
Ma meno del 4 % dei siti web più popolari al mondo è completamente accessibile: oltre il 96 % resta inaccessibile. O, per dirla semplice, quasi la totalità del web che abitiamo è un mondo ostile per chi vive con una disabilità.
Uso l’espressione “vivere con una disabilità” nel senso sociale del termine, intendendo la disabilità non come una condizione individuale, ma come il risultato dell’incontro tra una persona e un ambiente che non tiene conto dei suoi bisogni.
Mi spiego. Il web che viviamo, così com’è, può creare ostacoli e situazioni di esclusione per moltissime persone, tra cui:
chi ha vista o udito ridotti, in modo permanente o temporaneo;
chi ha difficoltà a usare mouse o tastiera, per motivi fisici o situazionali;
chi ha difficoltà di lettura, attenzione, memoria o orientamento tra le informazioni;
chi soffre di nausea, vertigini o sensibilità visiva legata ad animazioni, luci o movimenti sullo schermo;
chi fa i conti con stanchezza (cronica o meno), affaticamento o stress, e ha bisogno di chiarezza e semplicità;
chi vive condizioni temporanee di difficoltà, come mal di testa, un infortunio o ambienti rumorosi;
chi ha una bassa familiarità con il linguaggio digitale o un basso livello di istruzione;
chi è in età alta o ha competenze tecnologiche limitate;
chi non parla l’italiano come prima lingua;
chi ha poco tempo o ha bisogno di trovare rapidamente ciò che cerca.
Ti riconosci in uno di questi casi? Un web più accessibile serve anche a te.
È una questione culturale
Come si conciliano tutte queste esigenze e caratteristiche personali con la proliferazione di prodotti e piattaforme digitali su cui, volenti o nolenti, passiamo le giornate?
Non è facile, no. Ed è proprio per questo che esistono persone che si occupano di accessibilità.
Servono competenze, ma anche e soprattutto un gran cambio di cultura.
Quel cambio inizia quando consideriamo l’accessibilità come condizione di base per creare ambienti digitali, non come una toppa da mettere alla fine.
Un po’ come succede quando si costruisce un edificio: nessuno direbbe “mettiamo l’ascensore e le scale antincendio alla fine, se avanza budget”.
Prima si gettano le fondamenta, poi si costruisce il resto: l’accessibilità è quella prima colata di cemento.
Per questo, chiunque venda servizi “definitivi” — software, widget o plugin — pensati per risolvere l’accessibilità nel giro di un’installazione e pochi clic, ti sta vendendo un’illusione. Non rispetta le buone pratiche di accessibilità, ma nemmeno te.
La nota ottimista è che, come ogni movimento che punta ad allargare e consolidare i diritti, anche questo è fatto di gesti concreti e quotidiani.
E ognunə di noi può fare la propria parte per rendere il web un posto più accessibile. Nella sezione dei consigli di lettura trovi qualche link utile per iniziare.
A proposito di washing: oggi il Pride è critico
Come in altre grandi città spagnole — e italiane e internazionali —, anche a Barcellona il Pride ufficiale è insieme momento di rivendicazione dei collettivi locali e spazio di grande visibilità per le aziende sponsor, che spesso occupano la scena in modo sproporzionato rispetto al lavoro politico che rende possibile l’evento.

Partecipare continua a essere una bella esperienza, ma anno dopo anno anche l’evento barcellonese si stacca inesorabilmente dal significato originale del Pride: il momento di rivendicazione e spazio di dissidenza politica è fagocitato da loghi, gadget aziendali e assordante dissonanza capitalista.
In più, se non fosse già stato chiaro in passato, quest’anno è definitivamente impossibile ignorare la questione: marciare a un Pride mentre molti brand che lo supportano evitano di pronunciarsi sul genocidio in corso, crea un attrito bruciante.
Per questo si stanno moltiplicando anche i Pride critici, quelli organizzati dai collettivi locali senza sfarzi né concertoni né madrine famose: c’è voglia, e tanta, di marciare in libertà senza sentirsi parte di un’operazione di marketing.
LGBTQIAP+ rights are human rights
I diritti LGBTQIAP+ sono diritti umani, leggiamo e urliamo spesso durante i Pride. Se marciamo per i diritti umani non possiamo essere complici della loro negazione su altri fronti.
Sembra lapalissiano, ma la realtà che viviamo sfida certi assiomi, anzi, li accartoccia proprio. Anche quest’anno — nel corso dell’orrore che conosciamo bene — il Ministero del Turismo israeliano ha invitato decine di giornalisti e attivisti europei a partecipare al Pride di Tel Aviv, che era previsto per il 13 giugno. Pride che è stato annullato per motivi di sicurezza, visto che proprio in quei giorni sono iniziati i bombardamenti israeliani all’Iran.
L’invito di persone europee che a vario titolo si occupano di temi LGBTQIA+ non è cosa nuova; è parte della consolidata e ampia campagna di promozione turistica israeliana che da anni mira a presentare il Paese, e in particolare Tel Aviv, come una destinazione lgbt-friendly.
Un tremendo caso studio di rainbow-washing nazionale, come avevo spiegato in questo vecchio ma ancora attuale episodio di Ojalá:
Sul tema della strumentalizzazione politica dei diritti LGBTQIA+ nel contesto bellico che stiamo vivendo, Arcigay ha pubblicato questo comunicato (purtroppo solo in forma di carosello Instagram, da quello che vedo):
Letture e visioni per continuare a esplorare
Nella prima parte della newsletter ho scritto che chiunque di noi ha la possibilità di abbracciare la causa dell’accessibilità digitale e rendere il web un posto più accessibile.
Non è necessario avere competenze tecniche, smanettare con il codice o studiare complicate linee guida.
Ogni giorno scriviamo email o newsletter, scorriamo e pubblichiamo contenuti sui social: anche queste attività quotidiane si possono ripensare mettendo al centro l’accessibilità. Ne abbiamo gli strumenti, basta sapere dove trovarli.
Ti regalo quindi alcuni dei contenuti che io e altre persone abbiamo pubblicato negli anni, con consigli pratici e molto immediati per comunicare in modo più accessibile:
Se crei contenuti digitali per social o siti web, questo mio intervento al WordPress Accessibility Day 2024 dà una bella infarinatura ed è pieno di esempi pratici. (Il video è in inglese.)
Tre le buone pratiche di accessibilità che dovremmo sempre tenere a mente ci sono i testi alternativi per le immagini. Oggi quasi tutte le piattaforme social e di scrittura digitale permettono di aggiungerli. Per imparare a scrivere testi alternativi, puoi iniziare dai consigli che avevo dato al WordCamp Italia 2021. (Il link va direttamente alle mie slide)
Se mi leggi da tanto lo sai già: il modo in cui usiamo le parole e scriviamo i testi è parte integrante della cura per l’accessibilità. Ne parlano benissimo
e Luca Rosati in questo intervento durante gli Accessibility Days 2024: Scrivere chiaro e scrivere accessibile. Il testo fra Content Design e UX writing.Preferisci un vademecum più breve sulla scrittura accessibile? Questo l’ho scritto l’anno scorso per
: Vademecum per scrivere testi chiari, inclusivi e accessibili. Da dove partire?Per capire meglio la portata dello European Accessibility Act, l’intervento alla Hatch Conference 2024 di Piccia Neri, UX designer esperta di accessibilità, è da guardare. Come suo solito, Piccia riesce a presentare in modo brillante e coinvolgente i suoi casi studio e a mostrare che a volte basta davvero poco per migliorare le cose.
Cerchi linee guida di accessibilità per condizioni specifiche?
e Chiara Pennetta qui parlano di strategie linguistiche per persone sorde. ha da poco portato al WordCamp Europe un bell’intervento sulle tecniche di accessibilità web per migliorare la vita delle persone con epilessia. Se preferisci il formato testo, Virginia ha dedicato al tema anche un episodio della sua newsletter Janare: Ti ricordi di me?Se mastichi già bene il tema e non vedi l’ora di infilarti nelle pieghe più tecniche della vendita di illusioni, cioè i widget per l’accessibilità, parti subito con questo recente articolo di Stefano Ottaviani per Webaccessibile: Widget (“overlay”) per l’accessibilità: non solo inefficaci, ma anche pericolosi.
Tutti gli episodi di Ojalá a tema accessibilità sono qui, liberi e disponibili. Leggili, condividili, usali — ma ricordati di citarmi!
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Alice
La cosa che mi lascia basita e fa ridere è che l'EAA entra in vigore a fine mese ma sembra che le aziende abbiano capito che DA FINE MESE bisogna lavorare all'accessibilità. No, cuoricine, da fine mese dovreste essere già accessibili! Sigh. Grazie per questa newsletter super piena di risorse, Alice. Ora mi sparo qualche ripassino, che male non fa mai.
Grazie degli spunti e delle risorse, utilissime! Segnalo ai più forti di spirito di dare un’occhiata al sito g7disabilityinclusion.it (citato nell’articolo sugli accessibility overlay). Sito già abbandonato neanche un anno dopo l’evento 🥲