#104 Qual è il tuo rifugio climatico?
Un'espressione che inizia a farsi più frequente anche in Italia, nuove parole per città che bruciano.
Nell’ultimo numero di Ojalá, un’intensa conversazione tra amiche puntava i riflettori sul linguaggio medico che invisibilizza le donne queer; il numero prima salutava — a modo suo — l’arrivo dello European Accessibility Act.
In questo episodio:
Parole che diventano comuni e danno nuovi nomi alla realtà: i rifugi climatici.
Quel picco verso il futuro: uno sguardo a Google Trends in italiano e spagnolo.
Rifugi climatici a Barcellona, ma pure in provincia.
Da un vecchio numero di Ojalá: la comunicazione inclusiva per parlare di cambio climatico ed ecologia.
Altre letture per prendersi bene e salvarsi dal doomscrolling.
Quest’anno Ojalá va in pausa a fine luglio e torna a settembre. I prossimi due numeri saranno dedicati ai consigli di lettura, miei ma anche di altre persone che mi piacciono. Te lo anticipo già: saranno letture fuori norma.
E ora iniziamo 🔥
Mi incuriosisce sempre il modo in cui le parole possono irrompere nei nostri discorsi quotidiani e diventare, senza grandi forzature, normali espressioni dei tempi.
Un giorno non le usava nessuno, quello dopo popolano titoli di giornale, post sui social, conversazioni nell’onlife; come se stessero solo aspettando il loro momento per essere normalizzate.
Per me il fenomeno fa ancora più rumore quando quelle parole — scritte e significate quasi allo stesso modo (true cognates pare che si dica, ma non ho approfondito) — esistono anche in castigliano, la lingua della mia quotidianità.
I rifugi climatici sono un perfetto esempio recente. Refugios climáticos, li chiamano qui.
I rifugi climatici sono gli spazi pubblici in cui rifugiarsi per proteggersi dalle alte temperature dovute al cambio climatico.
Biblioteche, musei, negozi o centri commerciali diventano luoghi di refrigerio accessibili a chiunque, in teoria senza distinzioni economiche o sociali.
Niente di nuovo, verrebbe da dire: chi non ha mai cercato un’ora di fresco in un centro commerciale per sfuggire alla calura estiva di un agosto in città?
La differenza è che oggi abbiamo un nome collettivo per questi luoghi, perché per la prima volta le politiche pubbliche li riconoscono e li sistematizzano.
Un picco nuovo
Ho cercato su Google Trends l’occorrenza dell’espressione “rifugio climatico” negli ultimi cinque anni in Italia:
Ci sono due picchi: uno ad aprile 2022 e un altro nell’autunno 2023. Coincidono con l’interesse per il concetto di persone rifugiate climatiche, come in questo articolo di Claudia Bellante per Il Tascabile, Saremo anche noi migranti climatici nel 2050?
Due anni fa parlavamo di rifugi climatici pensando soprattutto all’impatto del riscaldamento globale sugli ecosistemi alpini e sull’economia delle zone di montagna.
Questo giugno, invece, di fronte a temperature di inizio estate mai così alte, anche in italiano i rifugi climatici sono diventati un’espressione da città: le amministrazioni locali — Bologna, Firenze, Milano — hanno iniziato a pubblicizzare reti di spazi pubblici climatizzati o ombreggiati, gratuiti e accessibili (almeno economicamente) dove trovare anche acqua potabile e bagni.
L’obiettivo è aiutare chi vive in condizioni ad alto rischio termico, come le persone senza fissa dimora o quelle che convivono con condizioni di salute aggravate dal caldo. Ma anche chi risiede nelle “isole di calore”, le aree della città che soffocano di più per l’amalgama di asfalto, cemento, alta urbanizzazione e scarso verde pubblico.
Ed ecco perché il grafico di Google Trends finisce con un nuovo picco di linea tratteggiata verso un futuro che possiamo presagire rovente.
Rifugi culturali ora anche climatici
In Spagna si è iniziato a parlare di rifugi climatici cittadini un po’ prima che in Italia:
A Barcellona è successo ancora prima che nel resto del Paese: era il 2018 quando il Comune ha presentato per la prima volta la rete di rifugi climatici cittadini, validi sia per i periodi di intenso calore che per quelli invernali.
Da allora, il concetto di rifugio climatico si è fatto più presente ed è entrato nel lessico pubblico e politico. Per quest’estate, il Comune dice di aver attivato 400 rifugi climatici, almeno uno in ogni barrio:
Chi vive a Barcellona lo impara presto: biblioteche e centri civici sono sempre rifugi accessibili, culturali e climatici, in ogni stagione. Ora li vediamo anche trasformarsi consapevolmente in spazi di accoglienza a costo zero dove trovare fresco e relax. Un rifugio molto invitante, per esempio, è quello del CCCB, il Centro di Cultura Contemporanea:

Oltre ai centri culturali, sono rifugi climatici anche i parchi, i giardini pubblici, i centri commerciali. Unica nota che fa un po’ storcere il naso: in agosto rimangono aperte solo 17 delle 42 biblioteche cittadine. 😬
I tempi e le parole che cambiano si notano anche in provincia; quest’estate sono comparsi cartelli che promuovono i rifugi climatici anche nel mio paese:

Da un vecchio numero di Ojalá
La comunicazione inclusiva applicata ai temi ambientali:
Mentre ti scrivo di rifugi climatici, mi torna in mente un vecchio numero di Ojalá sulle parole per parlare con rispetto di sfide climatiche ed ecologia. Era il 2021, lo puoi leggere qui (tutto l’archivio è ora libero da paywall):
Quella volta, avevo inserito nel mini glossario della comunicazione inclusiva la parola ecocidio:
Ecocidio è un neologismo promosso dalla campagna Stop Ecocide, nata nel 2017 grazie all'avvocata britannica Polly Higgins e all'attivista ambientale Jojo Mehta.
[…]
Le avvocate e gli avvocati che aderiscono a Stop Ecocide hanno definito l'ecocidio come la distruzione massiva e perpetuata nel tempo degli ecosistemi, «un danno alla natura diffuso, grave o sistemico».
Letture e visioni per rifugiarsi dal caldo
Dobbiamo parlare di una patrimoniale climatica, di Marica de Pierri per la newsletter
. Mi sono segnata questo passaggio:
L’unico ostacolo reale è la volontà politica. Ma la pressione popolare può fare la differenza, forte del fatto che continuare a ignorare il nesso tra disuguaglianze e collasso climatico significa rinunciare a risolverlo davvero. È tempo di cambiare domanda: non più se e in che misura sia giusto tassare i super-ricchi, ma quando inizieremo a farlo davvero.
30 minutes with a stranger, di The Pudding. Una curiosa storia interattiva da scrollare che esplora il tema delle conversazioni tra persone sconosciute e l’impatto che queste hanno sul nostro benessere emotivo.
La prima nello spazio, un episodio di
dedicato a Sally Ride, la prima donna statunitense nello spazio. La stessa donna a cui la NASA offrì un kit con cento assorbenti per una settimana di missione spaziale. 🥶
Una storia che sfida il sessismo ma è anche macchiata di lesbofobia; se ti va di leggerla in spagnolo, ti consiglio questo articolo (e le foto) di Javier Salas per El País: Sally Ride, la astronauta pionera que tuvo que ocultar que era lesbiana para llegar al espacio.Leggere la musica: intervista a Caterina Denti, di Letizia Sechi. Un episodio che è parte della serie di Alternate Takes dedicata alla lettura. Che mestiere affascinante, leggi un po’ qui (e poi clicca sull’episodio completo):
Il mestiere di maestro collaboratore è caratterizzato proprio dal lavoro su grandi quantità di materiale. Un’opera può durare tre, quattro, cinque ore, con spartiti anche di 350 pagine. Preciso che quello che leggiamo è una riduzione pianistica della partitura d’orchestra. Vuol dire che bisogna studiare uno spartito non come fosse uno studio di Chopin, cioè in modo squisitamente pianistico, ma con l’intento di rendere l’idea del suono di un’orchestra.
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Alice
I pezzi di "The Pudding" sono sempre affascinanti, e una meraviglia per gli occhi.
E lo studio evidenzia come distanza e mescolanza (di generi, età, provenienze, orientamenti politici, livelli educativi) portino comunque a sviluppare un rinnovato senso di benessere. Grazie Alice per il link 😊.