In questo episodio:
Un annuncio: a metà settimana apro gli scaffali della biblioteca digitale di Ojalá alle persone che la leggono e sostengono.
Ho tenuto un webinar per un’associazione cattolica, dove ho parlato di comunicazione inclusiva con prospettiva LGBTQIA+.
Prima di accettare l’incarico ho titubato un po’, e ti racconto un pezzetto di storia personale.
Poi ho dato spazio all’entusiasmo di scoppiare i pregiudizi, uscire dalla bolla e contribuire a spazi di ascolto e condivisione.
Quattro film LGBTQIA+ che ho consigliato durante il webinar per ACEC.
La biblioteca digitale di Ojalá è pronta
Almeno nella sua prima versione.
Se sostieni Ojalá con un abbonamento annuale, tra qualche giorno riceverai un’email con le istruzioni per entrare nella biblioteca digitale di Ojalá. Sto parlando della raccolta di linee guida internazionali, articoli di approfondimento, campagne video, liste di film e serie tv che alimentano da quattro anni i contenuti di questa newsletter.
È uno spazio in divenire, su un sito autoprodotto e certamente perfettibile, e soprattutto uno strumento di ricerca e ispirazione per chi vuole orientarsi tra le tante sfaccettature dei linguaggi inclusivi e accessibili. Parlerà cinque lingue: italiano, spagnolo, catalano, inglese e francese.
Te lo dico, da nessun’altra parte troverai una biblioteca simile e io non vedo l’ora di aprire le porte. 🤩
Se la notizia ti interessa, con 32 euro puoi sostenere Ojalá per un anno. È un importo che terrò in sconto, al posto dei 40 euro standard, fino a venerdì 21 marzo:
Un webinar che mi è piaciuto molto tenere
Martedì scorso ho tenuto un webinar sui linguaggi inclusivi con prospettiva LGBTQIA+ per il pubblico eterogeneo e cinefilo di ACEC — Associazione Cattolica Esercenti Cinema. ACEC è quell’organizzazione che promuove il cinema come strumento culturale ed educativo all'interno delle comunità cattoliche.
Al webinar hanno partecipato persone da tutta Italia, coinvolte a diverso titolo nell’organizzazione e gestione delle sale cinema di ACEC: c’era chi si occupa dei palinsesto, della comunicazione, della biglietteria, dell’accoglienza in sala o di animare le conversazioni a fine proiezione.
Lo ammetto: quando mi hanno invitata a partecipare come relatrice al loro ciclo di incontri Oltre il labirinto semantico, per un attimo ho titubato. Parlare di linguaggi e diritti LGBTQIA+ in un’associazione cattolica rientrava, nel mio immaginario, nella sfera delle esperienze fuori dalla zona di comfort.
Sono stata cattolica per un lungo pezzo della mia vita. Ho frequentato con diligenza il catechismo, fatto la chierichetta, studiato i Vangeli e posso spiegare un sacco di fatti che hanno a che fare con il cattolicesimo alla parte atea della mia famiglia.
Io e la Chiesa cattolica non ci siamo lasciate bene; dopo molti anni di sfilacciamento, la grande rottura, per quanto mi riguarda, si è suggellata quando ho accettato di partecipare al processo per l’annullamento del mio primo matrimonio alla Rota. Un’esperienza sessista e molto spiacevole che meriterebbe un libro intero, forse, e che non affronterò oggi — ma era per spiegarti meglio il mio sentire.
Nonostante questa rottura, il cattolicesimo è stato una parte importante della mia formazione (e anche delle mie ansie, sì). Solo che non avevo mai concepito l’idea di poter parlare di identità di genere, sesso e queerness, compresa la mia, in un contesto che, almeno ideologicamente e politicamente, non fa certo bandiera di apertura ai temi LGBTQIA+.
Poi ho ascoltato l’entusiasmo
Perché se c’è una cosa grande che questi anni di lavoro e di passione con i linguaggi inclusivi e accessibili mi hanno insegnato è che per cambiare le cose bisogna uscire dalla bolla.
Cioè parlare, ascoltare e contribuire a spazi di conversazione laddove è più probabile trovare persone che non la pensano come me. E questa possibilità mi entusiasma sempre molto. Ne avevo parlato anche qui, dopo aver tenuto una lezione per un master organizzato dalla Marina Italiana:
Ah, un’altra cosa grande è aver preso coscienza del fatto che io stessa posso essere portatrice di visioni e vissuti che non si incastrano in certi cliché o sentito dire.
E questo, ho scoperto con stupore, ha un effetto detonantemente positivo; è il senso più profondo della rappresentazione della diversità: aprire porte dove le persone non si aspettavano di trovarle.
Scoppiando pregiudizi
Qualche riga sopra ho minimizzato, di cose belle ne ho imparate davvero tante in questi anni di lavoro come formatrice.
L’altra che voglio citare qui è che seguendo i pregiudizi — e parto dai miei, ché ne ho tanti — si possono perdere opportunità di incontro molto fruttifere.
Il webinar con il pubblico di ACEC rientra appieno nella casistica. Non solo questa è stata la prima organizzazione cattolica con cui ho lavorato, ma lo spazio di conversazione che abbiamo condiviso si è riempito di domande intense, osservazioni interessanti, spunti di riflessione che mi sono segnata perché di risposte su certi temi non ne ho nemmeno io… ma caspita se vale la pena di pensarci, insieme.
Ti è venuto in mente che potrei fare una formazione sugli stessi temi anche per la tua organizzazione? Beh, ¡adelante!
Quattro film LGBTQIA+ che ho consigliato ad ACEC
Linguaggi inclusivi a parte, la bellezza di questo webinar è stato anche poter condividere alcuni dei miei film LGBTQIA+ preferiti.
Li ho scelti partendo da questo assunto: volevo evitare i topos narrativi per cui lə protagonista queer muore oppure la storia ruota intorno alla sessualizzazione delle persone.
Possiamo rompere questa storia unica delle vite queer come dannate, esclusivamente sofferenti o promiscue? Sì. Il bello di quando si allarga la rappresentazione è che un sacco di nuovi immaginari possono entrare nel caleidoscopio narrativo.
E quindi:
Close to you (2023)
Diretto da Dominic Savage; l’attore protagonista è Elliot Page.
Canada. In occasione del compleanno del padre, Sam, un ragazzo trans, decide di tornare a far visita alla sua famiglia di sangue nel paese natale dopo cinque anni di assenza. La storia segue Sam mentre affronta le difficoltà di riconnettersi con la famiglia, che fatica ad accettare pienamente la sua transizione, e riaccende sentimenti per una vecchia amica, Katherine (interpretata da Hillary Baack), ora sposata.
Mi è piaciuto perché: racconta con molto realismo e bei dialoghi il rapporto conflittuale con la famiglia d’origine, anche quando questa cerca (e crede) di supportare il figlio. Il momento in cui Sam si oppone alla retorica materna del “la famiglia [di origine] è la cosa più importante di tutte” è, secondo me, uno dei più potenti della narrazione.
Carol (2015)
Diretto da Todd Haynes, le star protagoniste sono Cate Blanchett e
Rooney Mara.
New York, anni ‘50. Therese è fotografa ma per sbarcare il lunario fa la commessa in un grande magazzino. Lì conosce Carol, una donna benestante e sposata con un uomo che non hai mai amato. Le due iniziano una relazione tra ostacoli sociali e personali, destreggiandosi tra il desiderio e il rischio di essere sé stesse in un'epoca che non tollera il loro amore.
Mi è piaciuto perché: racconta un amore saffico nella sua complessità e intensità e, nonostante questo, alla fine non muore nessuna — già questo sarebbe sufficiente. E poi c’è Sarah Paulson che interpreta l’amica, e forse precedente amante, di Carol: è una bella rappresentazione di quel rapporto peculiare che si instaura tra donne saffiche (per questo tema ti rimando a quello che scrive Sara Torres, di cui ho già parlato su Ojalá a proposito del tempo dell’intimare).
Slow (2023)
Diretto da Marija Kavtaradze, interpretato da Greta Grineviciute e Kestutis Cicenas.
Lituania, città senza nome. Elena e Dovydas si innamorano, ma il loro rapporto viene messo alla prova quando lui le confessa di essere asessuale, cioè di non provare e di non aver mai provato desiderio sessuale.
Mi è piaciuto perché: è ancora molto raro trovare narrazioni realistiche e stratificate dell’asessualità. Il vissuto di una parte dello spettro asessuale raccontato in questo film, lungi da ergersi a racconto universale dell’asessualità, apre finestre rigeneranti sui modi diversi di vivere una relazione. E invita a riconsiderare le conseguenze del costrutto sociale del sesso come pilastro e metro di salute delle relazioni romantiche.
Te estoy amando locamente (2023)
Diretto da Alejandro Marín, tra le star spagnole protagoniste ci sono Alba Flores, La Dani, Ana Wagener e Omar Banana.
Siviglia, 1977: l'omosessualità è ancora considerata una malattia o un crimine punibile con il carcere. Reme è una madre cattolica, vedova e molto attenta alle convenzioni sociali; per amore del figlio Miguel, aspirante artista e gay, si avvicina al nascente movimento LGBT della città che, grazie all’aiuto del progressista padre Manolo, riesce a riunirsi clandestinamente in un salone della parrocchia frequentata da Reme.
Mi è piaciuto perché: è una bella storia di attivismo, orgoglio e meraviglia delle relazioni. Mi ha commosso il percorso interiore e pubblico di Reme che, oltre ad accogliere e supportare il figlio, si rende anche conto di quanto è amato dalla sua famiglia scelta LGBT. E poi beh, la canzone portante del film è Yo solo quiero amor di Rigoberta Bandini. 💙
Altre curiosità da scoprire ✨
Se vuoi saperne di più su come si vive il cristianesimo nel mondo e qual è il suo impatto sociale, parti da Senza Mulini, la newsletter di
. La sua è una ricerca priva di approccio confessionale che aiuta a inquadrare meglio il modo in cui le chiese non toccano solo la vita delle persone credenti.LezWatch.TV è una utilissima mediateca per trovare film e serie tv queer e LGBTQIA+. A proposito del topos narrativo di cui ti parlavo poco sopra, LezWatch ci fa capire subito quanto sia reale; quando apri il sito trovi questo banner rosso:
Sono passate 4 settimane dall’ultima morte in tv di unə personaggiə donna, non binaria o trans: Suzy Merton, 17 febbraio 2025.
10 domande da farsi al momento di scegliere una residenza se si è (o si assiste) una persona LGBTQIA+ di età alta: un opuscolo dell’associazione australiana Compass, che si occupa di prevenzione degli abusi sulle persone di età alta.
E a proposito di assistenza alle persone LGBTQIA+: le linee di indirizzo per la comunicazione del personale sanitario con pazienti LGBT+ mi sembrano molto interessanti da leggere e salvare. Sono redatte dall’Osservatorio Medicina di Genere dell’Istituto Superiore di Sanità.
Su altre note
Sono aperte le iscrizioni al Festival DiParola 2025, il festival dedicato alla comunicazione chiara e al linguaggio facile. 🤩
Si terrà alla Mole Vanvitelliana di Ancora il 19 e 20 settembre. Ci sono diversi tipi di biglietti, per partecipare secondo le tue possibilità. Il festival non ha scopo di lucro e non riceve fondi pubblici, per cui ogni contributo aiuta a realizzare l’evento. Se hai visto qualche video dell’anno scorso, sai già di che formazione di qualità stiamo parlando!
Qualche giorno fa ho parlato dei libri che hanno contribuito alla persona che sono oggi con Paola Natalucci, amica autrice della newsletter
e ora anche podcaster: il primo episodio della rubrica I Libri delle Altre si ascolta qui. 💙
Ti piace scoprire campagne di marketing, iniziative e letture originali che parlano di nuove parole, inclusione e accessibilità digitale? Ojalá è nata per questo:
Come suonerebbe questo episodio di Ojalá?
Tutta la musica che consiglio su Ojalá atterra su questa playlist collaborativa su Spotify. Che canzone assoceresti a questo episodio? Scrivimelo via email o nei commenti di Substack. 🎶
Per questa settimana chiudo qui.
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Rispondi a questa email o scrivimi su ojala [at] aliceorru.me 📧
Sono Alice Orrù, sarda emigrata a Barcellona nel 2012.
Fiera della sua residenza, la mia newsletter contiene incursioni di vita catalana e tanta, tanta salsa brava. 🍟
Grazie per aver letto fino a qui. 💙
Alice
Ma che belle queste quattro segnalazioni filmiche! Ho visto (e amato) solo Carol, gli altri tre vedrò di procurarmeli subito! Buona settimana
Carol l'ho "solo" visto 10 volte <3 Te estoy amando locamente faceva parte della programmazione estiva dei centri civici di Barcellona (due cose belle: vederlo insieme a un sacco di persone grandi in una piazzetta di Sants; vederlo inserito in una programmazione generale, non sempre e solo in un ciclo di film sulla comunità LGBQIA+).